La Natura dell’Uomo
Da poco meno di un secolo e mezzo l’essere umano è stato messo di fronte al fatto che la propria specie non ha alcun posto privilegiato all’interno della natura, ma che, bensì, essa oltre ad essere imparentata, secondo legami più o meno stretti, con tutte le altre specie presenti sulla Terra, si è evoluta secondo le stesse leggi valide per tutte gli altri esseri viventi. Questa fondamentale scoperta è venuta alla luce grazie alla pubblicazione dell’opera di Charles Darwin
L’Origine della specie per mezzo della selezione naturale ha aperto la strada alla comprensione dei meccanismi attraverso cui la vita è proliferata sul nostro Pianeta. Tra le varie branche di studio che hanno beneficiato di nuovi stimoli rientrano sicura mente quelle inerenti l’analisi del comportamento umano.
La consapevolezza che i nostri pensieri e le nostre azioni sono comandati da un soggetto materiale quale il nostro cervello, unita alla scoperta che la nostra specie si è evoluta a partire da altre diverse in quanto a conformazione fisica, ha portato a comporre teorie riguardo ad un’evoluzione del comportamento che si muove di pari passo con l’evoluzione del corpo e dell’encefalo.
Speculazioni simili, anche se lungi dall’imbrigliare l’uomo all’interno di un nuovo determinismo, sono state attaccate da più fronti. I credenti le hanno considerate basate su dei presupposti errati quali la teoria dell’evoluzione, per mezzo della selezione naturale, e l’idea che i pensieri abbiano origine in un cervello materiale e non in un anima immateriale ed infinita.
Seguendo questa seconda motivazione, coloro i quali ritengono di possedere, al di là di qualsiasi presupposto religioso, uno spirito immortale le hanno osteggiate, In ambito accademico molti studiosi le hanno credute volutamente strutturate in modo da spiegare svariati fenomeni attraverso una riconduzione forzata e non comprovata ad un solo ambito esplicativo mentre, a livello politico, sono state viste come un bieco tentativo di giustificare a livello naturalistico il sistema capitalistico.
L’intento di questa riflessione è, pertanto, quello di fornire una prospettiva più ampia possibile sulle teorie riguardanti l’evoluzione biologica del comportamento umano, e, di pari passo, confrontarle con le prospettive di coloro che hanno visto nello sviluppo delle tecnologie, un utile strumento per comprendere meglio l’Uomo e per migliorare la sua vita, e non un ostacolo sia ad un indagine seria rispetto ad esse, sia a migliori condizioni di vita attuali e future
Ciò posto, vale la pena di ricordare quali passaggi ha dovuto affrontare l’Uomo per vedere riconosciuti i suoi diritti fondamentali a partire dal periodo Illuministico, caratterizzato dalla presa di coscienza di tali diritti che appartengono all’Uomo in quanto talee come tali oggetto di tutela a livello universale, prima dell’avvento dei Computer e dei nuovi strumenti di comunicazione..
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini (1789)
A seguito della Rivoluzione Francese nel 1789, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dei Cittadini garantiva specifiche libertà dall’oppressione, come “espressione della volontà generale”. Nel 1789 la popolazione francese arrivò ad abolire la monarchia assoluta preparando il terreno per la creazione della prima Repubblica Francese. Solo sei settimane dopo la presa della Bastiglia, e appena tre settimane dopo l’abolizione del sistema feudale, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dei Cittadini (in francese: Declaration des droits de l’Homme et du citoyen) fu adottata dall’Assemblea Costituente Nazionale come primo passo verso la stesura di una costituzione per la Repubblica Francese.
La Dichiarazione proclama che a tutti i cittadini vanno garantiti i diritti di “libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione”. Sostiene che la necessità della legge deriva dal fatto che “i limiti nell’esercizio dei diritti naturali di ogni uomo sono esclusivamente quelli che garantiscono agli altri membri della società di poter esercitare a loro volta quegli stessi diritti”. Pertanto, la Dichiarazione considera la legge come “l’espressione della volontà generale”, volta a promuovere questa uguaglianza dei diritti e a proibire “solo azioni dannose per la società”.
La Prima Convenzione di Ginevra (1864)
Il documento originale dalla prima Convenzione di Ginevra nel 1864, fornito per prendersi cura di soldati feriti. Nel 1864, sedici paesi europei e diversi stati americani parteciparono a una conferenza a Ginevra, invitati dal Consiglio Federale Svizzero per iniziativa della Commissione di Ginevra. La conferenza diplomatica fu tenuta allo scopo di adottare una convenzione per il trattamento dei soldati feriti in combattimento.
I principi chiave espressi nella Convenzione, e mantenuti in tutte le successive Convenzioni di Ginevra, includevano l’obbligo di fornire cure senza alcuna discriminazione al personale militare ferito o malato, il rispetto dei veicoli di trasporto del personale medico e delle relative attrezzature e la relativa segnalazione tramite il simbolo distintivo della Croce Rossa su sfondo bianco
Le Nazioni Unite (1945)
Cinquanta nazioni si sono riunite a San Francisco nel 1945 e hanno formato le Nazioni Unite per proteggere e promuovere la Pace. La Seconda Guerra Mondiale aveva imperversato dal 1939 al 1945, e verso la sua fine le città di tutta l’Europa e dell’Asia erano ridotte a cumuli di macerie fumanti. Milioni di persone erano morte e altri milioni erano prive di casa o morivano di fame. Le armate russe stavano circondando quanto restava della resistenza tedesca bombardando la capitale, Berlino. Nel Pacifico, la marina statunitense stava ancora combattendo contro le forze giapponesi, trincerate su isole come Okinawa.
Nell’aprile del 1945, i delegati di cinquanta paesi si riunirono a San Francisco, pieni di ottimismo e di speranza. L’Assemblea delle Nazioni Unite sull’Organizzazione Internazionale aveva lo scopo di costituire un corpo internazionale per promuovere la pace e prevenire guerre future. Gli ideali dell’organizzazione erano contenuti i nel preambolo dello statuto proposto: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, siamo determinati a preservare le generazioni future dal flagello della guerra, che già due volte nella nostra vita ha portato indicibili sofferenze all’umanità”.
Lo statuto della nuova organizzazione delle Nazioni Unite entrò in vigore il 24 ottobre 1945, data che viene celebrata ogni anno come il Giorno delle Nazioni Unite.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948)
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ha fatto nascere diverse leggi e trattati sui diritti umani in tutto il mondo. Entro il 1948, la nuova Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani aveva ormai catturato l’attenzione del mondo. Sotto l’attiva presidenza di Eleanor Roosevelt (vedova del presidente Franklin Roosevelt, paladina lei stessa dei diritti umani e delegata degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite) la Commissione decise di redigere il documento che divenne la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Eleanor Roosevelt, sua ispiratrice, parlò della Dichiarazione come della Magna Carta internazionale dell’intera umanità. Essa fu adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
Nel preambolo e nell’Articolo 1, la Dichiarazione proclama inequivocabilmente i diritti innati di ogni essere umano: “La noncuranza e il disprezzo per i diritti umani hanno prodotto atti barbarici che hanno oltraggiato la coscienza dell’umanità; l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani possono godere di libertà di parola e credo, libertà dalla paura e dalla povertà è stata proclamata come la più elevata aspirazione della gente comune… Tutti gli esseri umani sono nati liberi e con uguali diritti e dignità.”
Gli stati membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a lavorare insieme per promuovere la difesa dei diritti umani che, per la prima volta nella storia, erano stati riuniti e codificati in un documento unico. Di conseguenza, molti di questi diritti, in varie forme, fanno oggi parte delle leggi costituzionali delle nazioni democratiche.
Papa Francesco, intervenendo sul tema dei Diritti Umani violati, ha affermato che “Certamente uno degli aspetti più preoccupanti per i suoi impatti negativi sia in ambito di ecologia umana che della natura, è la tentazione subdola dello spirito umano che induce le persone – e specialmente i giovani – a un uso distorto della propria libertà. Lo vediamo quando uomini e donne sono incoraggiati più ad esercitare un controllo che non una responsabile custodia nei confronti di “oggetti” materiali o economici, di risorse naturali della nostra casa comune o addirittura gli uni degli altri”.
In definitiva, se i diritti dell’Uomo appartengono all’essere umano in quanto tale e merita no una tutela universale, sostituire la sua intelligenza e la sua capacità di pensiero, che lo distingue dagli altri esseri viventi, per affidarsi ad una elaborazione meccanica delle idee appare del tutto innaturale ed insensato, come sostenuto da più parti.
Il ricorso alla c.d. intelligenza artificiale
Invero, attraverso l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale, tale nuovo assetto risulta del tutto innaturale e lesivo della capacità dell’Uomo di determinarsi in un Mondo sempre più dominato da macchine più o meno “pensanti” ed in grado, tra breve, di sostituire il pensiero umano ad ogni livello.
I futuristi sostengono che le modifiche alla vita lavorativa potrebbero assicurare una qualità di vita migliore per l’Uomo, consentendogli di dedicare di più il suo tempo alla cura di sé stesso ed al benessere psico-fisico.
Quelli che, al contrario, sostengono la centralità dell’Uomo, faticano a fare sentire la propria opposizione alla introduzione di macchine che sostituiscano il pensiero umano con decisioni rapide che, per la complessità dei dati elaborati in tempo reale, possono sfuggire ad ogni controllo e cagionare gravi danni anziché migliorare la qualità della vita.
L’intelligenza artificiale è così divenuta una disciplina molto dibattuta tra scienziati e filosofi, perché manifesta aspetti etici oltre che teorici e pratici, che hanno messo in guardia riguardo ai pericoli insiti in essa e, come tale, viene considerata come una minaccia per l’Umanità.
Partendo dalla premessa per cui i Governi devono garantire l’impiego dell’intelligenza artificiale nel massimo rispetto dell’etica, nell’aprile del 2019, l’Unione Europea ha elaborato un suo Codice etico che contiene le linee guida su utilizzo e sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale. Il documento, che è stato predisposto da un gruppo di 52 esperti, rappresentati da informatici, ingegneri ma anche giuristi, filosofi, industriali, matematici, ha avuto un iter lungo e varie fasi di approfondimento
Il punto di partenza dell’intero documento, e di tutti i principi giuridici che ne sono scaturiti , è che l’intelligenza artificiale deve avere l’uomo al centro e deve essere al servizio del bene comune per migliorare il benessere e garantire la libertà.
Per prima cosa, il gruppo di esperti ha identificato le fondamenta giuridiche sulle quali il codice dovesse poggiare ricercandole nei Trattati Ue, nella Carta dei diritti e nella legge internazionale dei Diritti umani, innanzi ricordate..
Da questa analisi sono stati individuati quei diritti inderogabili che, nell’Unione Europea, devono essere rispettati per l’intelligenza artificiale, vale a dire:
- Rispetto per la dignità dell’uomo
- Libertà dell’individuo
- Rispetto per la democrazia e per la giustizia
- Eguaglianza e non discriminazione
- Diritti dei cittadini
In conseguenza, è stato possibile, dare indicazioni su quali fossero i principi etici da seguire nell’Unione per garantire che i sistemi di intelligenza artificiale siano sfruttati in modo affidabile, ovvero rispetto per l’autonomia dell’uomo, prevenzione del danno, equità e correttezza. L’ultima fase di lavoro del gruppo di esperti è stata quella di redigere le linee guida UE del codice etico cui aziende, ricercatori e le comunità in generale dovranno attenersi e che rappresentano la traduzione operativa e la sintesi dei diritti fondamentali e dei principi sopra elencati.
Pertanto, il 21 aprile 2021,la Commissione Europea ha emanato la “Proposta di regolamento contenente norme armonizzate sull’intelligenza artificiale” (Artificial Intelligence Act) che rappresenta il primo passo nella procedura legislativa ordinaria dell’Unione Europea. Ai sensi dell’articolo 114 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, questa procedura prevede l’adozione congiunta, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio di un regolamento, una direttiva o una decisione, generalmente su proposta della Commissione.
La proposta di regolamento costituisce il primo quadro giuridico sull’intelligenza artificiale nell’UE, con l’obiettivo di trasformare l’Unione in un hub globale per un’I.A. affidabile. La regolamentazione si basa su un approccio denominato “risk-based”, cioè basato sulla valutazione dei rischi connessi alla utilizzazione di questo strumento. La proposta risponde alle esplicite richieste del Parlamento europeo e del Consiglio europeo, che hanno sollecitato un’azione legislativa per garantire un mercato interno efficiente per i sistemi di intelligenza artificiale, affrontando adeguatamente sia i benefici che i rischi associati all’I.A. a livello dell’Unione.
L’obiettivo della proposta di regolamento è fornire una cornice normativa chiara e coerente per l’IA nell’UE, garantendo al contempo la protezione dei diritti fondamentali, la sicurezza e l’affidabilità dei sistemi di intelligenza artificiale. Essa introduce requisiti specifici per i diversi livelli di rischio associati all’uso dell’I.A. e stabilisce regole per le applicazioni ad alto rischio, come i sistemi di I.A. utilizzati nei settori della salute, dei trasporti e della sicurezza.
Per concludere, in un’epoca storica come la nostra, caratterizzata da profondi cambia menti comunicativo – relazionali, dove le dinamiche legate alle nuove tecnologie giocano un ruolo assolutamente determinante e dove lo scollamento tra dati “reali” e dati “comunicati” rischia di divenire incolmabile, il presente contributo, per il tema affrontato e il metodo adottato, può, quindi, davvero aspirare a divenire un “banco di prova” per le attuali concezioni dei Diritti Umani, chiamate in questi anni ad orientare le scelte del legislatore e, nelle more di un suo intervento, le interpretazioni dei giudici.
“La speranza è che oggi, in un tempo in cui tutti sembrano commentare tutto, anche a prescindere dai fatti e spesso ancora prima di essersi informati, si riscopra e si torni a coltivare sempre più il principio di realtà – la realtà è superiore all’idea, sempre –: la realtà dei fatti, il dinamismo dei fatti; che mai sono immobili e sempre si evolvono, verso il bene o verso il male, per non correre il rischio che la società dell’informazione si trasformi nella società della disinformazione” ha affermato Papa Francesco.
Mario Pavone