L’impatto delle tecnologie digitali dell’intelligenza artificiale generativa sta producendo enormi cambiamenti sia nell’organizzazione del lavoro interna alle aziende sia nella dimensione generale del lavoro. Queste trasformazioni necessitano di adeguamenti sia nelle decisioni a livello aziendale sia negli inquadramenti settoriali della contrattazione ma anche nella dimensione più generale del mondo del lavoro. Occorrono riforme che sappiano indirizzare l’esito della trasformazione verso una redistribuzione sociale dei vantaggi che le tecnologie produrranno in termini di qualità produttiva, sicurezza sul lavoro e della dignità.

L’era dell’intelligenza artificiale generativa (AI) sta segnando un punto di svolta epocale per tutte le imprese ma in particolare quelle di grandi dimensioni. Dalle analisi predittive alle automazioni complesse, l’AI sta trasformando radicalmente il modo in cui le aziende operano, innovano e competono sul mercato globale. I processi di innovazione che stavano avanzando intorno alle implementazioni dei gemelli digitali dell’industria 4.0 subiscono non solo una accelerazione quantitativa ma un vero e proprio salto qualitativo, annunciando una vera e propria “nuova fase” del processo di digitalizzazione della produzione.

Proprio gli elementi di questa rivoluzione tecnologica, però, portano con sé anche una serie di sfide significative, che spaziano dall’estensione dei confini produttivi – attraverso processi di ibridazione della capacità di offerta della singola azienda – alla necessità di gestione una trasformazione profonda della qualità e quantità della forza lavoro umana necessaria alla produzione per arrivare alla sicurezza della gestione dei propri dati. Sul terreno della sicurezza, infatti, si giocherà una partita sempre più importante e significativa sia in termini di salvaguardia dei valori aziendali sia in termini di autorevolezza e fiducia rispetto alla propria clientela che affida all’impresa parte della sua riservatezza personale.  La sicurezza dei dati, quindi, rappresenta una delle sfide cruciali delle nuove economie. L’uso massiccio di AI implica la raccolta e l’elaborazione di enormi quantità di dati, molti dei quali sensibili. Le grandi imprese devono quindi implementare rigorosi protocolli di sicurezza per proteggere i dati da accessi non autorizzati e cyber attacchi. Accanto alla sicurezza dei dati, inoltre, si affianca la questione della privacy. Le normative sulla protezione dei dati, come il GDPR in Europa, impongono alle aziende di garantire che le informazioni dei clienti siano gestite in modo trasparente e sicuro. Le violazioni della privacy possono comportare gravi conseguenze legali e danni reputazionali. La perdita di fiducia derivante dall’aver subito un attacco informatico, infatti, può andare ben oltre al danno ricevuto dall’attacco stesso. Proprio per questi motivi sia gli investimenti in cybersicurezza sia la formazione del personale aziendale diverranno sempre più il cuore di attività di cui le aziende non potranno fare a meno.

Trasformazione Operativa e Vantaggi Competitivi

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle grandi imprese sta generando un miglioramento significativo dell’efficienza operativa. Le AI sono in grado di elaborare grandi quantità di dati in tempi brevissimi, identificando pattern e tendenze che sarebbero sfuggite all’analisi umana. Questo consente alle aziende di prendere decisioni più informate e tempestive, ottimizzando processi produttivi e migliorando la gestione delle risorse.

Nel settore della logistica, ad esempio, l’uso di algoritmi di machine learning ha permesso di ottimizzare le rotte di consegna, riducendo i tempi di transito e i costi operativi. Nella finanza, le AI vengono utilizzate per la rilevazione di frodi, l’analisi dei rischi e la gestione degli investimenti, offrendo un vantaggio competitivo significativo. Possiamo sostenere, però, che non esista settore nel quale l’introduzione di questa nuova generazione tecnologica non porti una trasformazione fondamentale delle possibilità e potenzialità della singola attività produttiva. Anche in abiti apparentemente lontani da settori industriali, come in agricoltura, ad esempio, può essere introdotta in molte situazioni. È possibile gestire dati e analizzarli con l’obiettivo di prevenire malattie o carenze nutrizionali delle colture, usare in modo efficiente e mirato fitofarmaci e acqua per l’irrigazione, pianificare le attività in campo e nella gestione dell’azienda agricola, automatizzare alcune lavorazioni e migliorare la tracciabilità dei prodotti lungo la filiera agricola.

Innovazione e Personalizzazione

Le AI stanno anche rivoluzionando il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti. I sistemi di intelligenza artificiale possono analizzare le preferenze e i comportamenti dei consumatori, permettendo alle aziende di offrire prodotti e servizi altamente personalizzati. Questo non solo migliora la soddisfazione del cliente, ma aumenta anche la fedeltà e la retention.

Nel settore retail, ad esempio, le grandi imprese utilizzano AI per creare esperienze di shopping su misura, consigliando prodotti basati sugli acquisti precedenti e sulle ricerche online. Questo livello di personalizzazione sarebbe impossibile senza l’analisi avanzata dei dati fornita dall’intelligenza artificiale.

Etica e Responsabilità

L’intelligenza artificiale rappresenta una delle innovazioni più trasformative del nostro tempo, con un impatto profondo sulle grandi imprese. Mentre offre opportunità senza precedenti per migliorare l’efficienza operativa, personalizzare l’esperienza del cliente e innovare i modelli di business, l’AI pone anche sfide significative in termini di gestione della forza lavoro, sicurezza dei dati e questioni etiche. L’adozione delle AI nelle grandi imprese solleva anche questioni etiche. Le decisioni prese dagli algoritmi possono avere un impatto significativo non solo sui cicli produttivi ma direttamente sulla vita delle persone, e c’è il rischio che i bias insiti nei dati utilizzati per addestrare le AI possano portare a risultati discriminatori o ingiusti. Le aziende devono quindi sviluppare linee guida etiche per l’uso delle AI, assicurando che le decisioni automatizzate siano trasparenti, equi e responsabili. E questo rappresenta uno dei terreni nuovi della contrattazione sia a livello aziendale sia nel quadro più ampio dei contratti nazionali di lavoro sia della dimensione confederale più generale. La governance dell’intelligenza artificiale è un campo emergente, e le imprese devono essere proattive nel definire standard e pratiche che garantiscano un utilizzo responsabile delle tecnologie AI.

Le grandi imprese che riusciranno a navigare con successo queste sfide saranno quelle che adotteranno un approccio equilibrato, investendo non solo nelle tecnologie, ma anche nelle persone e nei processi necessari per gestire l’AI in modo responsabile e socialmente sostenibile. 

Sfide per la Forza Lavoro

Nonostante i numerosi vantaggi, l’adozione dell’intelligenza artificiale comporta anche sfide significative, in particolare per quanto riguarda la forza lavoro. Le AI possono automatizzare molte attività ripetitive e a basso valore aggiunto, portando a una riduzione della domanda di lavoro per molte posizioni. Il fenomeno, già ampiamente in atto in particolare proprio nelle aziende High-tech che stanno procedendo a migliaia di licenziamenti proprio nel momento in cui le tecnologie digitali assumono una centralità nuova, solleva preoccupazioni riguardo alla disoccupazione e alla necessità di riqualificazione professionale. Le grandi imprese devono affrontare la difficile sfida di bilanciare l’efficienza operativa con la responsabilità sociale. Serviranno sicuramente programmi di formazione e sviluppo delle competenze per favorire il passaggio dei lavoratori verso nuovi ruoli che richiedono abilità più avanzate e una maggiore interazione con le tecnologie digitali ma accanto a questi processi occorre che il sistema delle imprese comprenda la necessità di un nuovo quadro generale del mondo del lavoro.

Le nuove condizioni degli impatti tecnologici, infatti, devono rinnovare sia il tema della contrattazione settoriale e di secondo livello sia i livelli macroeconomici di stretta spettanza confederale. Una risposta settoriale, infatti, non riuscirebbe ad affrontare l’impatto generale che le intelligenze artificiali generative produrranno nei cicli produttivi. Occorre riscrivere in maniera profonda le “prime parti” dei contratti nazionali inserendo il nuovo quadro di consapevolezza che deriva dalla presa d’atto della nuova qualità della tecnologia. Serve, però, anche un nuovo quadro generale che sappia fare i conti con i processi derivanti dall’introduzione delle AI: il forte aumento della produttività del lavoro e degli impianti e la riduzione del monte salari distribuibile attraverso il “lavoro vivo”. Infatti, se pure sarà necessario avere una attenzione precisa a quello che accadrà nelle singole aziende e di come le professioni e i lavori muteranno sotto la spinta qualitativa delle novità tecnologiche delle AI, dovremmo comprendere l’impatto nel sistema dell’impresa e della sua stessa natura. 

Le intelligenze artificiali, infatti, potrebbero aprire ad una fase di ibridazione anche nelle stesse capacità di offerta che l’azienda offriva tradizionalmente. Specialmente nei settori dei servizi, infatti, l’avvento della nuova fase tecnologica dispiega potenzialità in grado di estendere i prodotti e i servizi che possono essere offerti dalla stessa azienda, allargando la capacità di offrire sul mercato soluzioni e merci che prima erano esterne al ciclo produttivo dell’azienda ma aprendo, al contempo, a meccanismi di concorrenza che erano, fino ad oggi, impensabili. Questa potenzialità potrà essere sfruttata in particolar modo nelle aziende che, oltre a investire nei processi di innovazione in “capitale fisso”, si impegneranno in un processo di formazione permanente del proprio personale consentendo di “attingere” dalla stessa capacità innovatrice del lavoro umano presente all’interno dei suoi confini.

 Questo processo di innovazione necessiterà di una nuova sfera e una nuova logica negli inquadramenti e nelle stesse declaratorie che attraversa sia il livello dei contratti nazionali di lavoro sia la loro concretizzazione nella singola impresa. A questo livello di trasformazione profonda, che attraverserà gli stessi confini tradizionali delle categorie, si accompagnerà una rivisitazione obbligatoria delle stesse mansioni e ruoli, gerarchie e funzioni all’interno dell’organizzazione del lavoro che saranno necessariamente terreni di intervento di una nuova fase sindacale. Forse ancora più di quella che attraversò la fabbrica nel suo passaggio alla fase fordista che, nel giro di poco tempo, portò alla nascita del sindacato dei consigli di fabbrica negli anni ‘60.

Inquadramenti, confini delle categorie, nuovi profili professionali e lavorativi, nuove gerarchie non rappresentano, però, il solo terreno di trasformazione della contrattazione dei prossimi anni.

Gli impatti macroeconomici delle intelligenze artificiali, infatti, aprono ad un nuovo quadro di contrattazione confederale che sappia mettere sul tavolo un livello di intervento sugli assi strutturali del rapporto sociale del lavoro nella produzione e distribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro. Occorre comprendere che sarà necessario contrattare nuovi meccanismi di finanziamento del welfare che non potrà più poggiare sulla singola figura del lavoratore. Serve uno schema nuova pena l’insostenibilità matematica del meccanismo ben oltre a quello che si è vissuto dalla fine degli anni ‘80 in poi e che ha determinato enormi spostamenti di ricchezza a favore della rendita e dei profitti a scapito del monte salari. La contrazione dei consumi interni, di cui oggi paghiamo le conseguenze con una crisi permanente, deriva proprio da uno slittamento di centralità della retribuzione del lavoro.

Serve, in estrema sintesi, un intervento quadro, a livello generale, confederale e a livello europeo, per inserire il lavoro umano di questo secolo in uno schema nuovo. Accanto a questo, occorre un intervento nei contratti nazionali per ridisegnare le prime parti e pretendere garanzie nelle applicazioni delle AI e un nuovo quadro di diritti e tutele che derivano dal nuovo quadro tecnologico. Sempre nei contratti nazionali occorre avere il coraggio di parlare di una messa in discussione della struttura degli inquadramenti, struttura che non corrisponde più alla reale condizione della organizzazione del lavoro e delle professioni. In altre parole, quindi, la forma stessa delle declaratorie con le quali abbiamo attraversato tutta la fase fordista devono essere trasportate nel nuovo quadro produttivo.

Tutto questo quadro, infine, deve mettere in condizione di contrattare nella singola azienda un rapporto nuovo tra lavoratore, lavoro e impresa, tra il diritto del singolo individuo, i suoi compiti, il suo ruolo, e il quadro produttivo generale della missione aziendale. Proprio il passaggio ad un quadro produttivo in cui i dati, le informazioni, la creatività diventeranno sempre più centrali nelle attività delle imprese, il ruolo del lavoro umano dovrà aver riconosciuto un quadro di diritti in grado di sviluppare il massimo rapporto tra le sue competenze e le necessità aziendali.

Sergio Balducci

Pubblicato sulla rivista Microfinanza

  

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