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Ipotesi di programma per infrastrutture e trasporti ( 3 ) – di Pasquale Cialdini

Questa è la terza parte dell’intervento di Pasquale Cialdini su infrastrutture e trasporti che segue la seconda pubblicata due giorni fa  ( CLICCA QUI )  e la prima del giorno precedente ( CLICCA QUI )

Riepilogo:

  1. Piano quinquennale di manutenzione e adeguamento normativo (sismico e VVF) di strade, ferrovie e porti, con un forte contributo da parte dello Stato (concordato con Regioni e Province) con priorità alle “infrastrutture critiche” di livello statale, regionale o provinciale[1].

Importo: 1 miliardo di euro il primo anno e 3,5 miliardi nei quattro anni successivi.

  1. Piano quinquennale di interventi di difesa fluviale e sistema di monitoraggio continuo.

Importo: 1,3 miliardi di euro per il primo anno e 2,3 miliardi nei quattro anni successivi.

  1. Completamento degli anelli mancanti (o superamento delle strozzature) sia sulla rete TEN, sia sulla rimanente rete stradale e ferroviaria e completamento delle infrastrutture già iniziate.

Importo: 1,5 miliardi di euro e 3 miliardi per i quattro anni successivi.

  1. Sviluppo del trasporto ferroviario merci con particolare cura ai collegamenti dei porti (non solo Genova) e delle aree industriali con la rete ferroviaria, in modo da evitare il doppio trasbordo.

Importo da concordare con il programma per il Mezzogiorno.

      5. Adeguamento della rete ferroviaria esistente nelle regioni meridionali (elettrificazione e secondo binario) ed  estensione della rete ferroviaria AV che nelle regioni meridionali con caratteristiche AC.

Importo: 33,5 miliardi (già destinati nel precedente programma) + gli importi da concordare con il programma per il Mezzogiorno.

6. Piano nazionale della sicurezza stradale (eliminazione dei punti neri + separazione flussi di traffico (auto, bus, bici, pedoni) + educazione stradale).

Importo: 5 miliardi Euro per i primi tre anni e 3 miliardi per i due anni successivi.

Parallelamente andrebbero effettuate le seguenti riforme di carattere amministrativo:

A) Riforma dell’amministrazione competente: struttura ministeriale centrale e decentrata sul modello del Genio Civile e recupero del ruolo del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, quale supremo organo tecnico dello Stato. Contemporaneamente si devono eliminare tutte le Agenzie, le Strutture di missione e i Commissari straordinari creati nell’ultimo ventennio.

B)  Regole chiare di amministrazione condivisa con Regioni e Province per le opere di interesse statale o finanziate dallo Stato.

C)  Sostegno tecnico dello Stato (anche con il contributo delle Università) a Regioni, Province e Comuni per gli interventi che utilizzano fondi comunitari nel mezzogiorno per evitare che vadano perduti

D) I contributi da parte dello Stato in favore di Regioni, Province e Comuni devono essere sempre accompagnati dalla verifica della loro corretta utilizzazione e prima della loro erogazione dall’approvazione di un ben definito progetto di utilizzo.

Inoltre, occorre mettere immediatamente ordine nelle leggi sugli appalti.

Come si è già accennato nella premessa l’avvio dei lavori di opere pubbliche ed in particolare delle “grandi opere” prive di un’adeguata programmazione e di una corretta progettazione, ha favorito una dilagante corruzione, anche con infiltrazioni di natura mafiosa, che ha allungato i tempi di realizzazione delle opere e ne ha accresciuto i costi. I governi che si sono succeduti hanno pensato di risolvere questi problemi modificando di continuo le leggi sugli appalti, come se queste fossero in grado di cambiare i comportamenti delle persone. La legge fondamentale sui lavori pubblici del 1865 è rimasta in vigore per 130 anni ed ha consentito la costruzione dell’Italia nell’ottocento e nei primi quarant’anni del 900 e poi la ricostruzione nel secondo dopoguerra. La legge che l’ha abrogata nel 1994 (n.109/1994, cosiddetta Legge Merloni), in meno di venticinque anni, è stata più volte modificata e poi abrogata e sostituita da altre leggi che sono state a loro volta abrogate e sostituite[2]. Per intervenire sui comportamenti non si devono cambiare di continuo le leggi perché questo comporta anche difficoltà di interpretazione sugli ambiti di applicazione delle modifiche e questo aumenta a dismisura il contenzioso tra le stazioni appaltanti e le imprese che molto spesso hanno ottenuto attraverso le “riserve” corrispettivi molto più elevati di quelli pattuiti. Per intervenire sui comportamenti si devono, invece, aumentare i controlli sul rispetto della legge. L’invenzione del “general contractor” introdotto nella legislazione italiana con la “legge Obiettivo” n. 443/2001 ha invece eliminato i controlli perché li ha affidati alla stessa impresa che da controllata diventa anche controllore di se stessa. Ma in questo settore anche la Corte dei Conti ha sbagliato quando “a sezioni riunite” ha sancito che gli errori e le omissioni del direttore dei lavori, anche se comportano un maggior costo per una pubblica amministrazione, “non costituiscono danno erariale”, se il direttore dei lavori non è un “pubblico funzionario” ma è un professionista nominato dall’impresa titolare di “general contractor”. Altro punto su cui bisogna intervenire è quelle delle “riserve”, ovvero delle richieste spesso molto onerose (in alcuni casi hanno addirittura superato l’ammontare complessivo dell’appalto) di risarcimento per danni che le imprese dichiarano di aver subito durante i lavori di opere pubbliche  per colpa della stazione appaltante (allungamento dei tempi per indisponibilità delle aree, modifiche contrattuali a seguito di varianti progettuali, nuovi prezzi, applicazioni di penali non ritenute giustificate da parte delle imprese, difficoltà nella prosecuzione dei lavori per carenze progettuale, ecc.) E’ capitato sovente che le imprese hanno richiesto un risarcimento molto più alto del dovuto[3] ed in caso di riserve palesemente pretestuose ed infondate, l’impresa andrebbe punita, ad esempio, con un periodo di sospensione dell’albo dei costruttori, in modo da evitare che, alla prima occasione, l’impresa ripresenti analoghe pretestuose richieste.

Pasquale Cialdini

 

 APPENDICE n. 1

TABELLE STORICHE

Tabella A1 – Le prime linee ferroviarie nel mondo:

1825: Stockton-Darlington (Scozia) solo merci

1830: Liverpool-Manchester (Inghilterra): 56 km (con 64 ponti e una galleria)*

1830: Charleston-Hamburg (Stati Uniti)

1832: Saint Etienne-Lione (Francia)

1834: Dublino-Kingstown (Irlanda)

1835: Bruxelles-Malines (Belgio)

1835: Norimberga-Furth (Baviera)

1836: La Prairie-Saint John (Canada)

1837: Pietroburgo-Carskoe Selo (Russia)

1838: Vienna-Floridsdorf (Austria)

1838: Berlino-Potsdam (Prussia)

* Locomotiva Rocket progettata da George Stephenson (vmax 46km/h; vmedia27km/h)

 Tabella A2 – Le prime ferrovie nella penisola italiana:

1839 (3 ottobre): Napoli-Portici 7,640 km [1840: costruzione delle Officine ferroviarie di Pietrarsa]

1840 : Milano-Monza: 12,8 km

1842: Padova-Mestre: 28,6 km

1844: Livorno-Pisa: 18,2 km

1848: Torino-Moncalieri 8 km [1853: costruzione dell’Opificio Ansaldo a Sampierdarena]

1857: Roma-Frascati: 20,4 km

 Tabella B1 – Ferrovie in Italia nel 1860:

Regno di Sardegna:                 850 km [in Sardegna 0 km]

Lombardo –Veneto:                600 km

Granducato Toscana:              320 km

Ducati di Parma e Modena:     150 km

Stato Pontificio:                      130 km

Regno delle due Sicilie:                      125 km [ in Sicilia 0 km]

TOTALE:                  2.175 km [Nel Sud solo 125 km pari al 5,7% della rete, nelle isole:0 km]

Tabella B2 – Ferrovie negli altri Paesi Europei nel 1860:

Inghilterra:                  14.600 km

Germania:                   11.000 km

Francia:                        9.000 km

Spagna:                        1.885 km

Tabella C – Incremento delle linee ferroviarie tra il 1860 ed il 1875:

Italia:              7.775 km (+ 5.600 km rispetto al 1861 con avanzamento di 400 km/anno)

Paesi Europei:

Inghilterra:     25.100 km (+ 10.500 km rispetto al 1860, con avanzamento di    700 km/anno)

Germania:      26.500 km (+ 15.500 km rispetto al 1860, con avanzamento di 1.030 km/anno)

Francia:          20.000 km (+ 11.000 km rispetto al 1860, con avanzamento di    730 km/anno)

Spagna:            6.500 km (+   4.615 km rispetto al 1860, con avanzamento di    308 km/anno)

 

Tabella D – Incremento delle linee ferroviarie tra il 1875 ed il 1900

Italia:              16.500 km (+ 8.725 km rispetto al 1875 con avanzamento di 350 km/anno)

Paesi Europei:

Inghilterra:     33.000 km (+   7.900 km rispetto al 1875, con avanzamento di  316 km/anno)

Germania:      51.000 km (+ 24.500 km rispetto al 1875, con avanzamento di  980 km/anno)

Francia:          38.000 km (+ 18.000 km rispetto al 1875, con avanzamento di  720 km/anno)

Spagna:          13.200 km (+   6.700 km rispetto al 1875, con avanzamento di  270 km/anno)

 

Tabella E1 – Strade nel Regno d’Italia al 1862:

nazionali: 14.978 km; provinciali: 10.947 km; comunali: 82.786 km. Totale: 108.711 km

 

Tabella E2 – Strade nel Regno d’Italia al 1910:

nazionali: 8.305 km[4]; provinciali: 44.700 km; comunali: 94.403 km. Totale: 147.408 km

 

Tabella F – Rete ferroviaria in Italia nel 2020.

Estensione rete FS/RFI : 16.230 km (6.782 km a doppio binario e 9.549 a semplice binario),

così suddivisa:

Lombardia:                 1570 km (42% a doppio binario)       – Trazione: Elettrica 82%, Diesel 18%

Piemonte:                   1.880 km (39% a doppio binario)      – Trazione: Elettrica 67%, Diesel 33%

Valle d’Aosta:            81 km (0% a doppio binario)             – Trazione: Diesel 100%

Liguria:                       500 km (65% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 97%, Diesel 3%

Veneto:                       1.150 km (53% a doppio binario)      – Trazione: Elettrica 65%, Diesel 35%

Friuli V.G.:                 465 km (64% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 81%, Diesel 19%

Trentino A.A:             360 km (55% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 81%, Diesel 19%

Emilia Romagna:        1050 km (54% a doppio binario)       – Trazione: Elettrica 92%, Diesel 8%

Toscana:                     1.435 km (59% a doppio binario)      – Trazione: Elettrica 72%, Diesel 28%

Marche:                      386 km (50% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 62%, Diesel 38%

Umbria:                      368 km (49% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 96%, Diesel 4%

Lazio:                         1.240 km (61% a doppio binario)      – Trazione: Elettrica 90%, Diesel 10%

Abruzzo:                     512 km (23% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 62%, Diesel 38%

Molise:                        270 km (9% a doppio binario)           – Trazione: Elettrica 24%, Diesel 76%

Campania:                  1.066 km (55% a doppio binario)      – Trazione: Elettrica 77%, Diesel 23%

Puglia:                        822 km (44% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 73%, Diesel 27%

Basilicata:                   362 km (7% a doppio binario)           – Trazione: Elettrica 60%, Diesel 40%

Calabria:                     850 km (30% a doppio binario)         – Trazione: Elettrica 55%, Diesel 45%

Sicilia:                         1.380 km (12% a doppio binario).     – Trazione: Elettrica 59%, Diesel 41%

Sardegna:                   428 km (4% a doppio binario).          – Trazione: 100% diesel

 Tabella G-  Dotazione di infrastrutture terrestri in rapporto con la popolazione.

APPENDICE n. 2

TABELLE  “Efficienza dei servizi di trasporto (ferroviari, stradali , portuali ed aerei)”

(tratte dal sito ufficiale dell’U.E. in materia di “Mobilità e Trasporti”)[5]

Nelle tabelle che seguono è evidenziata la “media europea” e la posizione dell’Italia che, purtroppo, è sempre al di sotto della media !!!

APPENDICE n. 3

 

La nuova linea ferroviaria ad Alta Capacità “Torino-Lione” si divide in tre tratte:

– Tratta francese (a totale carico della Francia): Lione – Saint Jean de Maurienne (130 km)

– Tratta comune: Saint Jean la Maurienne – Bussoleno (65 km di cui 57 in galleria) (a carico di Unione Europea (40% che sarà elevato al 50%), la rimante parte è suddivisa tra Italia 30% e Francia 20%[6]

– Tratta italiana (a totale carico dell’Italia): Bussoleno – Torino (40 km)

 Il progetto della tratta comune ha un costo totale a vita intera di 11,085 miliardi di euro, espresso in euro correnti e inclusi gli studi e le indagini geognostiche sviluppate fino a tutto il 2014 da LTF e successivamente ripresi da TELT.

Il progetto è suddiviso in due grandi macrofasi.

La prima è relativa alla fase studi ed indagini geognostiche che a partire dal 2001 sono state la missione della società LTF. TELT si è sostituita a LTF portandola a termine in particolare con lo scavo delle due gallerie geognostiche a La Maddalena (circa 7 km completati nel 2017) e a Saint Martin La Porte (9 km in via di completamento). Tale fase il cui costo complessivo è pari a circa 1,4 miliardi di euro è interamente finanziata e per l’Italia lo stanziamento è pari a 402 milioni di euro (quasi integralmente su capitoli MEF). Il Grant Agreement in corso finanzia questa fase per 123,4 milioni di euro e non sono ipotizzate dalle future decisioni comunitarie.

La seconda è relativa alla fase lavori definitivi. Il costo di tale fase è stato certificato in 8,6 miliardi di euro (valuta 2012) da un raggruppamento comprendente le società Tractebel Engineering e TUC Rail. Tale costo è stato stimato, nella delibera Cipe 67/2017, in 9,6 miliardi di euro in valuta corrente, o costo a vita intera (il metodo che utilizza normalmente RFI per calcolare il costo di opere che hanno un tempo di realizzazione pluriennale).

Rispetto allo stanziamento già approvato di 2.564 milioni di euro e iscritto sul capitolo 7532 del bilancio dello Stato nell’ipotesi vigente del 40% di finanziamento UE l’Italia dovrebbe mettere ulteriori 830 milioni di euro. Se invece il finanziamento dovesse essere innalzato al 50% il contributo addizionale Italia passerebbe a 366,3 milioni.

Contributi dell’Unione Europea
I contributi erogati dall’Unione Europea per la “Tratta comune” nell’ambito dei Programmi TEN-T fino al 2015 sono pari a 404,14 milioni di Euro.
I contributi assentiti dall’Unione Europea in ambito CEF[7] (periodo 2016-2019) sono pari a complessivi 813,71 milioni di Euro. Di tali contributi, ad oggi sono stati già erogati 119,22 milioni di Euro.
Ad oggi, L’Unione Europea ha erogato complessivamente 523,36 milioni di Euro.

I contributi stanziati in ambito CEF (periodo 2016-2020), ma ad oggi non ancora erogati sono pari a 694,56 milioni di Euro.
Per il successivo programma CEF le percentuali di cofinanziamento UE recentemente ufficializzate nella proposta della Commissione Europea, ovvero 50% sia per le attività Studi che per quelle Lavori, gli stanziamenti futuri da parte dell’UE saranno pari a circa 3.979 milioni di Euro.

In totale il contributo europeo sarà di 5.196,92 milioni di Euro (a fronte di un costo complessivo della “tratta comune” di 11.085 milioni di Euro.

 APPENDICE n. 4

Aggiornamenti in seguito a modifiche, correzioni ed integrazioni del D.Lgs. n.50 del 18/4/2016

 [1] Il D.lgs. 11 aprile 2011, n. 61 di recepimento della Direttiva 2008/114/CE ha così definito l’infrastruttura critica (IC): “Infrastruttura, ubicata in uno Stato membro dell’UE che è essenziale per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza e del benessere economico e sociale della popolazione e il cui danneggiamento o la cui distruzione avrebbe un impatto significativo in quello Stato, a causa dell’impossibilità di mantenere tali funzioni”. La stessa definizione si può anche applicare in ambito regionale o provinciale, sostituendo la parola “Stato” con la Parola “Regione” o con la parola “Provincia”.

[2] La legge sui lavori pubblici (Legge n.2248, allegato f), del 1865 è durata 130 anni durante i quali l’Italia è stata dotata di numerosissime opere pubbliche, in particolare ferrovie e strade. Nel 1895 è stato pubblicato il RD n. 350 del 25/5/1895 “Regolamento per la direzione, contabilità e collaudo dei lavori dello Stato”, cui ha fatto seguito il DM del 29/5/1895 “Regolamento per la compilazione dei progetti di opere pubbliche dello Stato”. Intere generazioni di ingegneri hanno utilizzato questi tre importanti strumenti che hanno consentito la “costruzione e, nel secondo dopoguerra, anche la ricostruzione dell’Italia”. Nel 1994 è stata abrogata  dalla cosiddetta Legge “Merloni” n. 109/1994 che è stata poi abrogata dal D.Lgs n.50 del 18/4/2006. Il Regolamento n.350/1895 è rimasto in vigore fino al 2010, quando è stato abrogato dal Regolamento emanato con DPR n.207/2010. Il D.Lgs n.163/2006 è stato poi abrogato dal D.Lgs n.50 del 18/4/2016 che ha anche abrogato il DPR n.207/2010 di cui però ha lasciato in vigore alcuni punti in attesa della pubblicazione dei provvedimenti normativi necessari (ovvero di un nuovo regolamento). Il 15/7/2016 viene pubblicata sulla G.U. l’Avviso di rettifica che modifica 100 articoli su 220 del D.Lgs n.50/2016. Il 5/7/2017 viene pubblicato il D.Lgs n.56 del 19/7/2017 recante “disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. n.50/2016” con il quale vengono apportate grosse correzioni per risolvere le criticità rilevate nel primo anno di applicazione del Codice degli appalti. Le modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n.50/2016 sono continuate anche negli anni successivi e ad oggi siamo arrivati alla versione 7.8 (vedi appendice n. 4).

[3] In un recente contezioso tra una nota impresa italiana e un’amministrazione pubblica, l’ammontare delle richieste dell’impresa per alcune riserve superava l’importo di 15 milioni euro. Dopo un lungo contenzioso, il  giudice ne ha riconosciuto solo centomila euro. In casi come questo, ovvero in presenza di riserve palesemente pretestuose ed infondate, l’impresa andrebbe punita dal giudice con la sospensione per un periodo di tempo dal partecipare ad altre gare di appalto.

[4] Le strade nazionali erano diminuite perché le leggi per le costruzioni delle ferrovie imponevano che la strada nazionale che correva parallela alla ferrovia doveva essere declassata da nazionale a provinciale)

[5] Questo è il sito: ec.europa.eu/transport/facts-fundings/scoreboard_en

[6] La Francia per la “Tratta comune” contribuisce con una quota inferiore all’Italia in quanto la Tratta a totale carico della Francia (da Saint Jean de Maurienne a Lione) è molto più estesa (circa tre volte più estesa) e molto più costosa della tratta italiana da Bussoleno a Torino.

[7] CEF: Connecting Europe Facility (Meccanismo per collegare l’Europa)

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