Con un primo voto da parte della Knesset, il Parlamento israeliano, il Governo di Benjamin Netanyahu ha dato il primo colpo di piccone al sistema di equilibri istituzionali tra i poteri dello Stato ebraico. Questo a dispetto del continuo scendere in piazza di decine e decine di migliaia di cittadini che da mesi protestano contro l’introduzione di un qualcosa destinato a snaturare i caratteri che hanno fatto di Israele l’unico paese della sponda sud del Mediterraneo con una democrazia simile a quella dell’intero Occidente.
Il voto è stato espresso da 64 parlamentari contro zero. Giacché tutta l’opposizione non ha voluto neppure essere presente al voto. A rimarcare ancora di più la gravità della decisione che in molti interpretano come un tentativo di lasciare mano libera al Governo liberato da ogni controllo. Oltre che consentire a Netanyahu di uscire illeso da un processo in cui è direttamente coinvolto e che ne potrebbe segnarne la fine politica e, persino, portare all’incarcerazione.
Netanyahu, e il suo governo di destra e ultra fondamentalista, hanno volutamente ignorare tutti gli appelli inviati, in maniera anche stringente, da Stati Uniti e da tutti i paesi europei che, sin dalla nascita dello Stato d’Israele, non hanno mai fatto mancare il sostegno e l’aiuto per la sua difesa e sopravvivenza.
Mentre i parlamentari della sola maggioranza votavano, tutte le strade intorno alla sede della Knesset a Gerusalemme si sono di nuovo affollate di manifestanti che sventolavano la bandiera nazionale.
L’opposizione, comunque, non demorde ed ha reso nota la presentazione di un ricorso proprio di fronte all’Alta corte di giustizia per cancellare una legge che, dicono gli oppositori, determina una “eliminazione de facto del potere giudiziario”.
I sindacati stanno valutando la possibilità di indire uno sciopero generale, simile a quello che lo scorso marzo bloccò completamente il paese e costrinse Netanyahu a bloccare l’iter parlamentare della legge. Ma altri rischi vengono da tempo al Governo dalla vera e propria ribellione che serpeggia tra i militari, in particolare tra i riservisti che minacciano di non rispondere alla eventuale chiamata in servizio.
La domanda che gran parte degli israeliani si pone e pone è molto essenziale: verso quale democrazia stiamo andando? Perché la democrazia non è solamente l’espressione del voto ed uno dei suoi capisaldi è basato sulla certezza che anche a Gerusalemme, … non solo a Berlino, ci siano magistrati liberi e indipendenti.