Da tempo è evidente come la Brexit rischi di rivelarsi un’operazione a perdere per i britannici costretti a constatare come la loro sia stata l’unica grande economia a non tornare il linea con il periodo precedente alla diffusione della Covid. La contrazione del commercio, al netto delle conseguenze del lungo periodo della pandemia, il calo degli investimenti, la riduzione delle entrate fiscali costituiscono alcuni dei macro indicatori che nessuno riesce più ad ignorare. Al punto che la fallimentare, brevissima esperienza della Liz Truss, entrata e uscita da Dowing Street nel giro di poche decine di giorni, si è conclusa con una brusca virata sulla spesa pubblica e sulla riduzione delle tasse decise dal nuovo Primo ministro Sunak. Cosa che ha fatto segnare un’esperienza davvero inedita a tutta la classe politica e a tutti i britannici, almeno abituati ad avere nel mese di ottobre un’idea chiara sulle linee economiche e sulle tasse per l’anno successivo.
Eppure, non è facile trovare una soluzione. Anche perché come scrive The Economist nel suo ultimo numero, ” i seguaci della Brexit sono stati ubriachi fin dall’inizio, propagandando i vantaggi che si sono rivelati illusori e ignorando il vero danno economico. Anche chi voleva restare in Europa soccombe ad un pio desiderio quando immagina che la scissione possa essere semplicemente annullata. Se avessimo una bacchetta magica, torneremmo volentieri indietro nel tempo al 2016″.
E la situazione d’incertezza non riguarda solo la macro economia. Vi sono tante questioni che la Brexit ha messo in discussione per ciò che riguarda la vita quotidiana. O, almeno, quella cui i britannici sono stati abituati nelle passate decine di anni. E questo riguarda il costo dei cibi importati dal resto d’Europa, quelli che tanto hanno influito sulle abitudini elementari dei tempi recenti. Ma pure le file per procurarsi il passaporto o la tanta burocrazia in più precipitata sulle spalle delle aziende importatrici o esportatrici. Nel periodo natalizio il Governo di Londra ha dovuto organizzare in fretta e furia un servizio di assistenza per camionisti ed automobilisti costretti a fare lunghissime code causate dalle nuove procedure richieste per entrare o uscire dal Regno Unito. Un disastro, insomma.
A poco sembra servire il convincimento di quei ministri che invitano a cogliere nella Brexit anche le opportunità oltre che gli svantaggi o di quanti premono sul Primo ministro per una sollecita cancellazione di tutte le norme “importate” a seguito della convivenza in Europa.
Anche i laburisti, attraverso il loro Segretario Keir Starmer, continuano a sostenere che “non c’è motivo per tornare nell’UE o nel mercato unico” escludendo qualsiasi riattivazione dell’unione doganale dell’UE.
Ma i sondaggi dicono che non c’è più la convinzione che votare per la Brexit sia stata una cosa saggia. Pertanto, gli analisti politici pensano che la posizione laburista serva solamente a recuperare molti di quei voti persi a favore dei conservatori nel 2019 sulla scia della decisione di fuoriuscire dall’Europa.
Sullo sfondo restano le spinte all’autonomia, se non alla fuoriuscita completa dal Regno Unito da parte di Scozia ed Irlanda del Nord. Nella prima tornano a circolare le richieste di un referendum per la piena autonomia, nella seconda non sfugge che quelli che si dichiarano cattolici sono diventati per la prima volta più numerosi dei protestanti.
E’ proprio la questione del confine tra Ulster e la Repubblica d’Irlanda a rendere ulteriormente incandescente le relazioni di Londra con Bruxelles. In ballo vi è infatti il confine commerciale tra l’Europa, di cui fa parte la Repubblica d’Irlanda, e quello che è diventato un paese extraeuropeo, oltre che, più in generale, l’assetto interno alla seconda isola britannica per anni insanguinata da una faida che ha provocato oltre tremila morti in poco più di trent’anni. Le relazioni con l’Europa, e la ricchezza da loro portata all’intera Irlanda avevano contribuito non poco ad archiviare una stagione drammatica e violenta. Così l’obiettivo, adesso, è di giungere ad un’intesa proprio in occasione dell’anniversario della firma dell’accordo tra protestanti e cattolici dell’aprile di 25 anni fa. CV