Un dibattito è stato aperto dalla recentissima sentenza della Corte costituzionale secondo cui è incostituzionale la legge sul cosiddetto ergastolo “ostativo” previsto per i mafiosi, il quale – come si dice in una nota della stessa Suprema Corte – fa “della collaborazione l’unico modo per il condannato di recuperare la libertà”. Pertanto, la legge è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La Corte ha comunque lasciato un anno di tempo al Parlamento per intervenire. Si prosegue così lungo una linea già recentemente seguita in base alla quale si indica un limite entro cui o la legge viene modificata o è destinata ad essere definitivamente dichiarata anticostituzionale. Interventi simili hanno riguardato il fine vita, la cosiddetta Legge Cappato, i figli frutto dalla maternità surrogata e, pochi giorni fa, i giudici ausiliari delle corti d’appello ( CLICCA QUI ).
Non mancano critiche a questo modus decidendi della Corte, com’è nel caso del Centro Studi Rosario Livatino ( CLICCA QUI ) sulla base della considerazione che una legge o è costituzionale o non lo è e che, pertanto, non può restare in vigore in attesa che il Parlamento faccia i “compiti”, e nei modi stabiliti dai supremi giudici. Ma è questo l’unico aspetto della questione?
Si è saputo che quest’ultima decisione è stata presa a maggioranza. Si è parlato addirittura di un voto finito 8 a 7. Quindi, già all’interno della Corte, si è sviluppato lo stesso complesso dibattito seguito, poi, nel Paese attorno a una materia che deve tener conto dei principi generali della giusta pena, del suo valore rieducativo assieme a quello dell’ordine e della sicurezza pubblica che costituiscono pur sempre uno dei fondamenti di una società democratica.
Dall’altro lato, si sono sentire esprimere talune perplessità sul fatto che la decisione aprirebbe il carcere a mafiosi, evidente, non ravveduti. Si teme, giustamente, che escano dallo stato di reclusione non solo dei non pentiti, ma persino pericolosi personaggi, ancora di più rafforzati dalla loro immagine di “uomini d’onore” guardatisi bene dal collaborare con lo Stato. In effetti, sembra certo che, da subito, circa 40 importanti mafiosi, dichiarati colpevoli di gravi crimini, avrebbero potuto tornare il libertà se la Corte Costituzionale avesse, tout court, dichiarata l’incostituzionalità della legge, quella che consente di tenerli reclusi per sempre. In alcuni casi, la scarcerazione avrebbe riguardato pericolosi criminali i quali, avendo compiuto i loro reati in giovane età, e subito catturati e condannati, avrebbero avuto così la possibilità di arricchire la loro carriera da mafiosi per un ancora un lungo periodo di tempo.
Adesso toccherà al Parlamento intervenire in modo da conciliare tutto quello che c’è da conciliare, ma senza per questo esporre la società a dei rischi troppo alti in una realtà così particolare italiana che della Mafia ne sa qualcosa. ahinoi.