Il fatto che la seconda carica dello Stato alluda o ventili, suggerisca o proponga di mettere mano alla Costituzione per rivedere i confini tra potere esecutivo e potere giudiziario non è cosa di tutti i giorni.

Ed è difficile pensare che succeda a caso. Si farebbe grave torto, ad un tempo, sia all’autorevolezza del ruolo istituzionale, sia all’intelligenza politica del senatore La Russa, ritenere che si tratti di una dichiarazione buttata lì di getto, quasi d’istinto in risposta ad una sollecitazione occasionale. E, dunque, non siamo affatto dinanzi ad un’esternazione spontanea ed immediata, schietta e sincera di un impianto concettuale consolidato, di un pensiero, a suo modo e del tutto legittimamente, strutturato secondo una determinata “forma mentis”. Di cui si dovrebbe o si deve, in primo luogo, rilevare  l’irritualità di ritenere che la Legge Fondamentale dello Stato sia assoggettabile a modifiche subentranti che, nella misura in cui, di volta in volta, rispondano ad istanze o difficoltà politiche contingenti, non sarebbero qualificabili se non come pericolose manipolazioni.

Soprattutto, in una fase storica in cui tutto muta con tale sorprendente rapidità da ingenerare sentimenti di precarietà e d’inquietudine nella pubblica opinione, è, a maggior ragione, necessario che vi sia un “fondamento” di principi, di valori, di norme e criteri che resti saldo e rappresenti il baricentro attorno a cui la vita del Paese si manifesti liberamente nelle sue mille differenti e dissonanti declinazioni, eppure mantenga un riferimento unitario ed aggregante.

Insomma, se c’è un momento in cui, anziché compromettere l’impianto costituzionale della “nazione”, si tratta, al contrario, di comprenderne meglio le potenzialità ancora inespresse di cui è ricca anche a fronte della temperie dell’attuale fase storica, quel momento è questo. La cosa è di tale palmare evidenza che, ove venga contraddetta, diventa, gioco forza, necessario chiedersi se tutto ciò non risponda ad un preciso disegno e quale sia.

In altri termini, dal combinato disposto della proposta di “Premierato” e della dichiarazione del Presidente del Senato, risulta come la destra abbia, eccome, un progetto niente affatto abborracciato, bensì assolutamente strategico, che prende le mosse dal mettere la Costituzione nel mirino. Se poi, in tale contesto, si considerano, altresì, l’Autonomia differenziata e un europeismo spurio che contesta la legittimità giurisdizionale del diritto europeo, se ne può dedurre che davvero la destra – come ha schiettamente dichiarato Giorgia Meloni – intende scrivere, per l’Italia, un’altra storia che non è la nostra.

In definita, un disegno lucido del quale è bene essere consapevoli fin d’ora, per contrastarlo da subito.

Domenico Galbiati

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