Ha vinto la destra. Punto. E questo, nudo e crudo, è il dato politico da tenere fermo. Non altro, al di là delle analisi e delle interpretazioni, delle letture e dei mille commenti che si accavallano.
C’è chi parla di svolta storica, ma solo i prossimi anni potranno confermare o meno tale giudizio. In ogni caso, si tratta, nel lungo cammino della Repubblica, di un fatto talmente nuovo e rilevante, da non poter essere ricondotto e circoscritto a corollario delle tormentose vicende dell’ultima legislatura, ma da osservare traguardandolo attraverso l’ interno percorso della storia repubblicana, democratica e costituzionale del nostro Paese.
Che la riforma “presidenzialista” della Carta Costituzionale – a maggior ragione in quanto propugnata da una forza politica dalle ascendenze ideali e politiche di FdI – metterebbe seriamente in discussione. Quasi si cerchi – non tanto da parte della Meloni, ma, se mai, da determinati ambienti nostalgici che non mancano nel suo partito – di ottenere, attraverso l’imposizione di un modello istituzionale, fondato su una concezione del potere ispirata ad un principio di autorità, una sorta di rivincita, una rivalsa a fronte dei decenni di sviluppo civile e democratico di un Paese, il quale sul riscatto dal dramma del fascismo e della guerra, ha fondato le ragioni della sua libertà.
Va detto che il consenso ottenuto dalla Meloni sembra essere più strutturato di quanto non siano stati, negli anni più recenti, gli exploit di Renzi, poi dei 5 Stelle ed, infine, di Salvini. Prende avvio, in buona sostanza, una nuova fase della vita politico-istituzionale italiana, chiudendo, una volta per tutte, anche l’ età della cosiddetta “Seconda repubblica”. La chiara vittoria della destra post-fascista può essere considerata, infatti, addirittura l’approdo, a suo modo conclusivo, della stagione connotata dal venir meno delle grandi forze popolari che hanno scritto la Costituzione, la “Prima repubblica”, se vogliamo, di cui la “Seconda” si è rivelata un cascame senza capo, né coda che ha stremato l’Italia.
Si può stare a discutere se la destra, mettendo in conto le tensioni e le distanze interne all’alleanza, sarà o meno in grado di governare. Ma chi non è contento di come siano andate le cose non deve comunque, in alcun modo, scommettere contro il Paese. La Meloni ha vinto e, dunque, governi.
Non si tratta di spiare dal buco della serratura le dinamiche in casa altrui, sperando di fare gioco di interdizione, zigzagando tra l’una e l’altra difficoltà che ogni governo deve, comunque, affrontare. Il governo della destra affrontato a fronte alto e viso aperto sul campo.
Domenico Galbiati