Un aspetto drammatico della crisi epidemica che stiamo vivendo è la diseguaglianza generazionale che porta con sé. È un aspetto di cui molto si parla, giustamente mettendo al centro il tema dell’anzianità in questo momento di particolare fragilità, ma non ancora assunto a paradigma interpretativo dei tempi che stiamo vivendo.
Questa frattura nella relazione tra le generazioni si è mostrata in vari modi negli ultimi anni. Emblematica è stata la vicenda in Francia dei gilet gialli[1] riletta in rapporto all’azione dei fridays for future. La questione climatica rivela una ferita molto profonda della nostra società, costituita non solo da un’interruzione della trasmissione culturale, ma per certi aspetti da una vera e propria contrapposizione, che la pandemia sembra acuire.
La Carta della terra[2], presentata all’Aja nel 2000, dice che “Come mai prima d’ora nella storia il destino comune ci obbliga a cercare un nuovo inizio”. Da allora sembra che questo appello proposto dall’associazionismo già a partire dagli anni ’70 e rilanciato più volte dall’ONU negli anni 2000 non abbia avuto ascolto. La realtà oggi ci presenta il deterioramento dell’ecosistema terra, la retrocessione nel campo dei diritti e il rischio sempre più elevato di un conflitto nucleare. A partire da una prospettiva escatologica (si parla infatti di “destino comune”), quella che muove la politica rivolta al futuro e non ripiegata sul passato, questo documento indica l’intimo legame tra ecologia, giustizia e pace. Questo legame oggi è a rischio, ma i giovani si stanno mobilitando in tutto il mondo dando un segno di speranza e ricercando davvero un nuovo inizio, un cambio di paradigma. Si percepisce però molto la distanza generazionale in questa lotta tra le nuove generazioni e chi è più avanti in età (la maggioranza nel nostro paese e nelle nostre città).
Che relazioni ci sono tra i due legami: generazionale e uomo-ambiente? Il virus con cui oggi abbiamo a che fare non si sottrae, ma anzi si inserisce nella tematica ambientale e sembra spezzare definitivamente i due legami. È davvero così?
Queste crisi drammatiche hanno una capacità inedita di appellarsi alle coscienze e di risvegliare anche le più assopite, addormentate e soggette alla sbornia ideologica che alcune forme di comunicazione alimentano, invocando una responsabilità concreta. La responsabilità sentita dai giovani nei confronti dei loro nonni restaura un legame; nelle varie forme di vicinanza o volontariato che vanno incontro alla fragilità dell’altro ci si riscopre fratelli; Riorganizzando la propria vita tenendo presente il limite, la debolezza propria e degli altri si progetta una vita più umana. È allora da queste esperienze molto diffuse oggi nelle più varie delle situazioni che occorre ripartire e con ago e filo come dei sarti, ricucire gli strappi, le ferite di questo nostro mondo malato[3].
I giovani oggi più che mai hanno bisogno dell’apertura generativa di spazi da parte di chi ha più esperienza per poter iniziare nuovi processi, facendosi accompagnare nell’assunzione di responsabilità che gli spetta, così da ricostruire una trasmissione culturale feconda.
Sotto questo aspetto sono ottimista riferendomi a tante esperienze che ho avuto modo di conoscere in varie parti di Italia, in cui la generosità e il sostegno di persone e realtà “adulte” ha dato modo ai giovani di impegnarsi in percorsi innovativi. Il Laboratorio Bene Comune a Como (di cui faccio parte), che si propone di essere un luogo inclusivo dove come giovani ci incontriamo, ci formiamo e promoviamo il dialogo tra cittadini e vari attori della società civile, ne è un esempio. In questo orizzonte la comunità di Connessioni (https://comunitadiconnessioni.org/), di cui sto frequentando il corso di formazione politica, rappresenta un’eccellenza per relazioni e competenze grazie alla sua vocazione di “connettere” persone e realtà differenti.
Nello spazio pre-politico, che forse va a colmare un vuoto lasciato negli anni dai corpi intermedi, ho conosciuto tanti giovani che provano a impegnarsi per il bene comune e condividono un’antropologia delle relazioni. Dall’esperienza che ho avuto, penso che queste varie realtà custodiscano una grandissima capacità di visione. Per visione intendo uno sguardo che parte dall’ascolto in profondità delle persone e delle dinamiche sociali, un’assunzione delle problematiche e delle ferite della società e un’elaborazione di queste alla luce di un pensiero fecondo e accogliente che scaturisce in proposte di sviluppo integrale della persona umana.
Nel caos delle narrazioni ripartiamo dai legami, solo così troveremo la chiave ermeneutica per leggere questo strano periodo della nostra vita.
Tommaso D’Angelo
[1] Segnalo un interessante articolo di aggiornamenti sociali che sottolinea la problematica intergenerazionale: https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/gilet-gialli-in-ascolto-di-un-conflitto-sociale-inedito/
[2] http://www.cartadellaterra.it/index.php?c=testo-carta-della-terra
[3] Espressione tratta dal momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia di papa Francesco a San Pietro il 27 marzo 2020: http://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2020/documents/papa-francesco_20200327_omelia-epidemia.html