I primi risultati del voto tedesco confermano le indicazione dei sondaggi. Troppo vicini i due partiti principali per dire subito come sarà la nuova legislatura.
I tedeschi hanno votato in modo da poterci far dire che la Germania, politicamente parlando, appare davvero “italianizzata”. Il quadro politico è oggi incerto. I numeri, dopo il tracollo di circa il 10% registrato dai democristiani tedeschi e dai cristiano sociali bavaresi, dicono che le ipotesi più probabili sono due: ripetizione del governo dei dc con i socialdemocratici, oppure un esecutivo più chiaramente di sinistra composto dal partito di Scholz, dai verdi e dalla Linke, l’estrema sinistra nata da una scissione socialista avvenuta nel 2007. Nel primo caso, si tratterebbe di una riequilibrata conferma dell’esperienza Merkel, nel secondo di una netta sterzata a sinistra.
L’atteggiamento tenuto da Scholz, presentatosi come “un Merkel” più socialmente aperto, non può fare escludere nessuna delle due ipotesi più probabili, visto un qualche suo accenno alla possibilità di un’intesa con la Linke a condizione che ci si renda conto che la Germania ha tutto l’interesse a coltivare il progetto europeo.
Ma è probabile che l’italianizzazione della politica germanica sia destinata a restare solamente un’iperbolica battuta giornalistica. Intanto, perché la principale democrazia europea, che corrisponde al paese più popolato e al più economicamente ricco e potente d’Europa, non si può permettere di lasciare a lungo neppure un’alea di incertezza. Poi, perché abbiamo a che fare con la nazione che più degli altri ha vissuto la Große Koalition, il Governo delle larghe intese. I tedeschi conobbero per la prima volta questa formula già nel lontano 1966, con democristiani e socialisti uniti nel sostegno al dc Kisienger e l’hanno ripetuta ancora due volte con la Cancelleria Angela Merkel: con i liberali e, poi, con i socialdemocratici nella legislatura che si è appena conclusa.
L’equilibrio davvero sostenibile finirà per essere trovato con l’avvio della trattativa sulla base delle proposte programmatiche che, forse, in Germania valgono un po’ di più di quanto non accada dalle parti nostre.
Un dato davvero certo viene, in ogni caso, dall’estrema destra che ha superato sì il 10%, ma ha perso due punti di percentuale rispetto al 2017 ed è finita proprio per non contare molto.
Alessandro Di Severo