Lo stesso sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. Insieme a loro ricordiamo Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. E’ responsabilità comune fare nostra la loro lezione e tenere alta la vigilanza. “Non possono essere indeboliti gli anticorpi istituzionali, la mobilitazione sociale per impedire che le organizzazioni mafiose trovino sponde in aree grigie e compiacenti – avverte Sergio Mattarella-. L’eredità di Falcone e Borsellino è un patrimonio vivo che appartiene all’intera comunità nazionale. Portare avanti la loro opera vuol dire lavorare per una società migliore”.
Il Magistero pontificio è impegnato in prima linea per impedire il perseguimento dei reati delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che sfruttando “le carenze economiche, sociali e politiche, trovano un terreno fertile per realizzare i loro deplorevoli progetti”. La corruzione, le estorsioni, il traffico illecito di stupefacenti e di armi, la tratta di esseri umani (tra cui tanti bambini ridotti in schiavitù) sono “autentiche piaghe sociali e sfide globali che la collettività internazionale è chiamata ad affrontare con determinazione”.
Fin dall’inizio della sua missione il Pontefice ha manifestato la suavicinanza alle forze dell’ordine e agli inquirenti impegnati a combattere e sradicare il crimine organizzato. In particolare esortando al contrasto della tratta di persone e del contrabbando dei migranti (“reati gravissimi che colpiscono i più deboli fra i deboli”). E a complemento e rafforzamento della “preziosa opera di repressione”, servono “interventi educativi di ampio respiro, rivolti in particolare alle nuove generazioni”.
A tale scopo, le diverse agenzie educative, tra cui famiglie, scuole, comunità cristiane, realtà sportive e culturali, sono incoraggiate dal Papa a “favorire una coscienza di moralità e di legalità orientata a modelli di vita onesti, pacifici e solidali che a poco a poco vincano il male e spianino la strada al bene”. Il Santo Padre insegna a partire dalle coscienze, per risanare i propositi, le scelte, gli atteggiamenti dei singoli, così che il tessuto sociale si apra alla speranza di un futuro migliore. “Il fenomeno mafioso, quale espressione di una cultura di morte, è da osteggiare e da combattere – avverte Jorge Mario Bergoglio-. Esso si oppone radicalmente alla fede e al Vangelo, che sono sempre per la vita. Tante parrocchie e associazioni cattoliche svolgono un encomiabile lavoro sul territorio: una promozione culturale e sociale volta a estirpare progressivamente dalla radice la mala pianta della criminalità organizzata e della corruzione”.
In queste iniziative, si manifesta la prossimità della Chiesa a quanti vivono situazioni drammatiche e hanno bisogno di “essere aiutati ad uscire dalla spirale della violenza e rigenerarsi nella speranza”. Francesco invoca il Signore “giusto e misericordioso” affinché tocchi il cuore degli uomini e delle donne delle diverse mafie: “Si fermino, smettano di fare il male, si convertano e cambino vita. Il denaro degli affari sporchi e dei delitti mafiosi è denaro insanguinato e produce un potere iniquo. Il diavolo entra dalle tasche, è lì la prima corruzione”. E le parole di Paolo Borsellino risuonano come lascito morale per tutti noi: “L’impegno contro la mafia non può concedersi alcuna pausa, il rischio è quello di ritrovarsi onesubito al punto di partenza”.
Don Aldo Bonaiuto
Pubblicato su www.interris.it in occasione dell’anniversario dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino