Non potrò mai dimenticare un episodio che mi capitò quando mi iscrissi al primo anno del corso laurea in Giurisprudenza. Era il 1973. Uno dei primi esami che avevo inserito nel piano di studi era Filosofia del Diritto. Il giorno degli esami, quando arrivò il mio turno, rimasi colpito da un particolare. Gli assistenti che mi avrebbero dovuto esaminare non erano tre, ma uno solo. E per giunta non era nemmeno tanto giovane. Un professore molto calmo e gentile che inizialmente mi fece due domande. L’esame lo avevo preparato bene, anche perché la materia mi appassionava molto. E quindi risposi con molta sicurezza alle sue domande.
Dopo una buona mezz’ora di colloquio, mi fa cenno di terminare e mi fa: la terza domanda non gliela faccio io, ma è su un argomento a piacere. Scelga lei l’autore o il capitolo che intende approfondire. E io, senza pensarci due volte, risposi: “Vorrei parlare di Nicolò Machiavelli”. Mi fece parlare per un altro quarto d’ora, senza interrompermi, e alla fine con mia grande meraviglia, mi congedò con queste parole: Molto bene! Le dò 30. Però- aggiunse subito dopo- se vuole anche la lode, deve fare un passaggio finale con il Professore. Il quale era nientepopodimeno che il grande giurista, filosofo del diritto, nonché partigiano della Resistenza, il Professor Sergio Cotta. Io, lì per lì, non mi resi subito conto del grande personaggio che avevo di fronte. E quindi aspettavo con una certa trepidazione la sua domanda. Se avessi risposto bene, non poteva certo rifiutarmi la lode. E invece, con mia grande meraviglia, iniziò non con una domanda, ma con una puntuale e acuta osservazione sul pensiero politico di Machiavelli.
Dopo averlo ascoltato in religioso silenzio, mi guardò e disse: Caro Rutigliano, diciamo la verità: “Machiavelli, sui rapporti tra la Politica e la Morale, non aveva capito nulla!” Rimasi impietrito. Non sapevo cosa rispondere. Io, studentello del primo anno di giurisprudenza, potevo mai contraddire o confutare quelle osservazioni pronunciate da uno dei più illustri filosofi del diritto? Ma quando mai! E poi, se lo avessi contraddetto e, soprattutto, se non avessi saputo argomentare il mio dissenso, la lode l’avrei vista solo con il binocolo. Fu così, allora, dopo una frazione di secondi, che risposi “ Certo Professore, Machiavelli non aveva capito nulla!” Per lui, uomo di grande fede, ma anche cattolico tradizionalista, era inconcepibile che la politica non fosse sostenuta e alimentata dalla morale. E infatti, nella Storia dell’umanità, così come in quella degli stati e delle nazioni, le più grandi atrocità sono state commesse piegandosi alle sole logiche del più forte, del più prepotente e del più crudele.
Per farla breve, dopo che il Professor Cotta terminò la sua requisitoria contro il pensiero del grande segretario fiorentino, e non avendo ricevuto alcuna contestazione da parte mia, tutto disteso e tranquillo disse finalmente: “Ma sì, qui una bella lode ci sta bene”. Ora, a distanza di cinquant’anni da quell’esame di Filosofia del Diritto, e con i venti di guerra che hanno ripreso a soffiare sull’Europa e sul Mondo, non me la sentirei di dire che Nicolò Machiavelli non aveva capito nulla. Non solo aveva capito tutto della Politica, una scienza e un’arte di Governo praticata non solo da gentiluomini ma anche da volpi e leoni, ma aveva previsto tutto! Compreso le sceneggiate e le pagliacciate, che in Italia e in Europa si vanno sempre più rappresentando sul teatrino della Politica.
Se mi è consentito azzardare un paragone, l’Italia del Cinquecento rassomigliava un po’ all’Europa di questo Terzo Millennio. Allora, si trattava di unificare il nostro amatissimo Stivale; oggi, si tratta di costruire un’Entità forte che, sul piano geopolitico, possa competere con i nuovi giganti dello scacchiere internazionale: La Cina, Gli Stati Uniti, la Russia e l’India
Allora, nel Cinquecento, Machiavelli vedeva la divisione e la rivalità dei nostri “Staterelli” come una delle principali cause della debolezza e vulnerabilità dell’Italia. Che, in tal modo, era continuamente esposta alle ingerenze straniere, specialmente da parte di potenze come la Francia e la Spagna.
La verità è che il pensiero politico di Machiavelli è sempre attuale. E lo è ancor più oggi, se consideriamo quale Idea d’Europa, avesse in mente, già da allora, il fondatore della Scienza politica moderna.
Si può essere o meno d’accordo con lui. Ma non c’è dubbio che già nel Cinquecento l’idea di Europa fosse già pienamente intesa nel suo alto significato politico. E’ lo stesso Machiavelli che lo enfatizza quando afferma che l’idea della Cristianità come fondamento della civiltà comune europea doveva essere superata. Ciò che vale per la definizione di civiltà, sosteneva Machiavelli, è l’organizzazione politica.
Durante tutta la sua vita, Machiavelli auspicò non solo l’unità della nazione italiana, ma una forma di “equilibrio” fra gli stati europei e, soprattutto, una pace duratura e prosperità al suo interno. Questa sua teoria dell’equilibrio fra gli stati, dopo i massacri e le guerre fratricide del Novecento, ha finalmente prodotto, dal 1950 in poi, una sola Comunità e addirittura una moneta unica.
Un esempio concreto di questo equilibrio tra gli stati sarà raggiunto in Europa con la pace di Westfalia, nel 1648. Che si realizzò solo al termine di un’altra sanguinosa guerra fratricida: la “Guerra dei Trent’anni”. Che aveva visto due blocchi contrapposti: la Francia da un lato e gli Asburgo d’Austria e di Spagna, dall’altro.
Per tornare, infine, ai tempi difficili che stiamo vivendo noi europei, ma soprattutto popoli a noi vicini come gli ucraini e i palestinesi, non possiamo che prendere atto di alcune positive novità. Sono sempre più forti le voci che in Europa si stanno levando contro queste nuove e pericolose nostalgie del nazionalismo, del sovranismo o di un egoistico neutralismo.
A questi signori che non si rendono pienamente conto né di quello che dicono né di quello che fanno, bisognerebbe ricordare cosa ne pensasse di tutto questo il generale Charles de Gaulle: “ Il patriottismo – disse una volta De Gaulle – è quando l’amore per la tua gente viene per primo; il nazionalismo, invece, è quando l’odio per gli altri che viene per primo”.
Michele Rutigliano