Giorgia Meloni in Egitto, dove parte il Cop27 sui cambiamenti climatici. E’ la sua prima uscita di rilievo mondiale. Si tratta di una sorta di “prova del fuoco” su un argomento su cui ha detto finora veramente poco e, in qualche modo, rovesciando i termini del problema. Il poco che ha detto finora, che fa diventare la questione ambientale solo una parte di quella energetica, e non il contrario, come dovrebbe essere, rischia di rivelarsi non proprio in sintonia con le conclusioni che tutti si attendono da questo ennesimo appuntamento mondiale dedicato allo lotta ai cambiamenti climatici. La parola d’ordine è quella di affidarsi meno ai fossili e, quindi, basta alle trivellazioni.
Non sarà facile per lei partire, allora, proprio con uno dei temi più ostici per la destra internazionale e italiana che si pone esclusivamente il problema di rispondere alle esigenze delle produzioni cosiddette “energivore” al posto di affrontare il tema cruciale del loro superamento e sostituzione e porsi, dunque, l’obiettivo di dare corso ad un nuovo modello di sviluppo. E questo, in momento in cui, nonostante la pandemia e le conseguenze del conflitto in Ucraina, s’intende comunque ridurre la dipendenza dall’utilizzazione dei fossili per la produzione di energia.
L’impennata dei prezzi di petrolio e gas, già provocata dal diffondersi della Covid 19 per il blocco d’intere produzioni e la disarticolazione del sistema dei trasporti mondiali, è letteralmente finita fuori controllo dopo il 24 febbraio scorso, a seguito del passaggio della frontiera ucraina da parte delle truppe di Mosca. La reazione italiana, ma non solo, è stata quella di tornare addirittura alla produzione di energia da carbone. Molte, e perentorie, le dichiarazioni il cui significato è inequivocabile: non ci possiamo permettere la transizione energetica e cominciare sin da ora a ridurre l’uso dei fossili. Insomma, forte la spinta a tornare indietro o, almeno, a prendersi una lunga, se non lunghissima, pausa di riflessione. Sarà forse per questo che il Ministero della Transizione è tornato in modo anodino a richiamarsi semplicemente dell’Ambiente con l’aggiunta della dicitura “della sicurezza energetica”?
La questione dei cambiamenti climatici, e della necessità di ridurre le emissioni nell’atmosfera, divenne di rilievo istituzionale mondiale a partire dalla conferenza di Londra del novembre del 1990 sulla lotta e la cooperazione in materia di inquinamento da idrocarburi. Il primo passo verso quel Protocollo di Kyoto che avrebbe dato l’impronta al contrasto ai cambiamenti climatici. Già in quella occasione emerse l’esistenza di una profonda diversità di vedute, sui tempi e sui modi per ridurre il riscaldamento globale, tra i paesi più evoluti e quelli poveri o in via di sviluppo.
L’incontro egiziano, destinato a durare due settimane, si apre all’indomani della diffusione di un rapporto delle Nazioni Unite che denuncia come gli ultimi otto anni siano stati i più caldi mai registrati nella storia della Terra da quando si hanno dati certi e documentati. E la cosa ha ovviamente riguardato l’intero globo, anche l’Europa, come abbiamo ricordato anche ieri (CLICCA QUI).
Non bisogna lasciare, dunque, e lo ha detto anche il Ministro degli esteri dell’Egitto, paese organizzatore della conferenza, Sameh Shoukry, che “le crisi alimentari e quelle energetiche legate all’invasione russa dell’Ucraina ostacolino l’azione sul cambiamento climatico”. Si tratta di non venire meno agli impegni assunti al precedente Cop26, tenuto lo scorso anno a Glasgow, secondo cui si deve procedere a “ridurre gradualmente” l’uso del carbone; a fermare la deforestazione entro il 2030; a ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030.
Uno dei temi che si finirà per affrontare a Sharm el Sheikh sarà quello della richiesta dai paesi poveri di ottenere un risarcimento da parte dei più ricchi, i maggiori responsabili dell’inquinamento e delle emissioni nell’atmosfera, e quindi, del riscaldamento globale. Stati Uniti e Unione Europea si sono opposti finora a questa richiesta, ma è chiaro che l’obiettivo di contrastare efficacemente i cambiamenti climatici richiede la partecipazione del numero più ampio possibile di paesi e popoli.
La nostra Presidente del Consiglio si è limitata nel passato a formulare delle generiche dichiarazioni sulla necessità di avere un clima stabile e citando la vaga possibilità di prevedere finanziamenti per i paesi in via di sviluppo senza andare molto oltre. Ma se si considera il programma presentato da Fratelli d’Italia agli elettori, si vede come ella quasi non affronti queste questioni (CLICCA QUI) se non in relazione a quella energetica. Due sono i punti al riguardo ( sono il 16° e il 17° del programma) i cui titoli sono poi in buona parte smentiti dal loro contenuto prevalentemente diretti ad affrontare il tema energetico. A conferma di quanto la destra italiana continui ad ignorare il processo di analisi che, dall’Onu in giù, da oltre trent’anni, stanno sviluppando governi, università e scienziati sul tema principale che interessa il futuro dell’umanità.
Così, dobbiamo sperare che a Sharm el Sheikh Giorgia Meloni non ci giunga davvero impreparata e non finisca fuori tema o, è il caso di dirlo, … fuori clima. Salvo, anche in questo caso, non mostrare un pensiero del tutto diverso rispetto a quello che abbiamo conosciuto finora e con il quale si è chiesto il voto agli italiani.
Giancarlo Infante