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La palla di neve e la politica – di Domenico Galbiati

E’ previsto per la prossima settimana l’avvio, in Senato, delle consultazioni in ordine al disegno di legge di riforma costituzionale, incardinato sulla elezione diretta del Presidente del Consiglio. Il confronto, salvo alcune prese di posizione critiche ed autorevoli, non è ancora entrato decisamente nel vivo, forse in considerazione di un cammino che si prevede di non breve momento ed ora soltanto ai primi passi. Del resto c’è da doppiare il capo Horn del rinnovo del Parlamento Europeo.

La destra, i giornali arruolati e la stampa fiancheggiatrice si spendono per troncare, sopire, edulcorare, derubricare l’argomento, rassicurando che la “madre di tutte le riforme”, in definitiva, se non è una bazzecola, poco ci manca, non reca alcun vulnus ai poteri del Presidente della Repubblica, non altera l’architettura complessiva del nostro ordinamento democratico e, tutto sommato, rientra in una sorta di fisiologico “maquillage” della Carta. Insomma, si cerca, per ora, di addormentare il gioco e non lasciare troppo campo aperto ad un argomento che viene avanzato anche in chiave elettorale, ma con la prudenza necessaria a non forzare alcune possibili distinzioni, se non espliciti dissensi che potrebbero aprirsi nell’ ambito della stessa maggioranza. La quale, con ogni probabilità, preferirebbe avanzare a passi felpati e preparare l’ assolto finale al bastione della Costituzione con una sorta di blitz referendario, giocato con una opinione pubblica possibilmente distratta.

E’, invece, necessario che gli italiani sappiano che siamo di fronte ad un passaggio di capitale importanza per la vita del nostro Paese.

Vorrebbero farci credere di impugnare un fioretto, in effetti brandiscono una sciabola che, con alcuni colpi ben assestati, di fatto travolge l’ impianto costituzionale. Ciascun cittadino, ogni forza politica o sociale, piccola o grande che sia, ogni associazione o centro di cultura da solo può poco, ma ognuno deve sentirsi responsabilizzato a fare ciò che va fatto.

Fin qui sembra vi sia una certa timidezza, quasi un riserbo, una minor determinazione da parte di chi pur non condivide questo pasticcio indegno della nostra tradizione democratica, rispetto al vivace confronto che ci accompagnò al referendum del 4 dicembre 2016. Eppure, un fiocco che si aggiunge agli altri e poi una palla di neve può trasformarsi in una valanga.

Ma occorre agire subito con accortezza, seguendo passo passo la discussione parlamentare che sull’ argomento si sta avviando. Non è mai troppo presto per partire con il piede giusto. E questo vuol dire “argomentare”, senza negare l’opportunità che ci si preoccupi di una maggiore stabilità dell’esecutivo che può essere raggiunta, ad esempio, con l’ istituto della “sfiducia costruttiva” senza ledere la centralità del Parlamento e l’autorevolezza del Colle.
Senonché, il punto è politico, non solo tecnico-istituzionale.

La destra, in nome di un “principio di autorità” consono alla sua cultura, è alla ricerca di una sorta di rivalsa storica contro la Costituzione, nata dalla lotta di liberazione dal fascismo, incardinata su un principio di libertà e di democrazia.

“Argomentare”, dunque, spiegare e convincere, coinvolgere, recuperare, quanto più possibile, l’ astensionismo, senza concedere alla destra il vantaggio di un confronto meramente pregiudiziale, condotto solo sul piano dell’ invettiva, in ossequio alla logica bipolare. In gioco c’è la democrazia.

Domenico Galbiati

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