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La politica e la base sociale – di Nino Labate

Non sono notizie. E non sono novità. Mi ha molto sorpreso invece,  come certi noti quotidiani italiani, le abbiano collocate in prima pagina. Mentre ho dato per scontato che alcuni  telegiornali RAI, sono stati costretti a piazzarle quasi in apertura, e  subito dopo Kiev e Gerusalemme !
A guardar bene, si sapeva e si pronosticava da tempo che le divergenze erano solo in apparenza programmatiche.
E che riguardavano eventualmente  solo le loro alleanze. Mentre invece avevano le loro radici nel narcisismo e nella “leaderpatia” delle personalità politiche sulla scena  della democrazia italiana ormai da un poco di tempo.
Mi riferisco agli scontri di questi giorni, a dir poco  violenti e aggressivi, fra Conte, Renzi, Calenda, Grillo, ecc.
Tutti leader autoproclamatisi in solitudine capi partito… di centro!
Ne’ di destra, ne’ di sinistra, ma solo di centro. E per giunta – come qualcuno di loro non ha nascosto – di un centro moderato. Provvisto cioè di quella moderazione che abbiamo potuto notare nei loro violenti scontri verbali  di questi giorni. Partiti insomma personali. Tutti giocati a distanza sul digitale. Sui social. Senza una sezione di territorio. Senza un congresso. Senza una scuola di formazione. Un seminario.
Partiti di vertice senza nessuna base sociale, e senza nessun  retroterra civico. Nati dall’alto che hanno, tra le altre cose, svuotato completamente e delegittimato l’autentico  significato di pluralismo. Pronti a squagliarsi come neve al sole perché fotocopie di fondamentali valori portanti altrui. Valori in via di ritaratura anche per le categorie storiche di destra e sinistra.  Insomma partiti di un centro indispensabile, per  prendere le distanze da una sinistra comunista, e da una destra fascista che premono  alle porte della democrazia italiana.  Lascio a quelle minoranze fuori dalla storia,  ai gruppuscoli che si danno l’appuntamento a Predappio, ai libri, alle posture e al linguaggio nazionalista, patriottico e razzista,  di alcuni movimenti  politici, queste tragiche idee nostalgiche.
E guardo con attenzione a quello che succede in Austria e Germania. Mi consolo però col fatto,  che sino a che c’è un Parlamento, e ci sono delle libere elezioni, questi pericoli grazie a Dio in Italia non li corriamo.
Nel 1835  l’aristocratico visconte francese Alexis de Tocqueville,  allora giudice a Versailles, venne inviato in America per studiare il sistema penitenziario degli Stati Uniti. Vi rimase per circa 1 anno. Ma in tutto questo tempo le sue attenzioni furono deviate soprattutto sulla democrazia di quel Paese. Scrisse al suo ritorno un vero trattato di Sociologia politica ” La democrazia in America“. Un libro che per i suoi stimoli e la sua lungimiranza,  è sotto moltissimi aspetti   attuale ancora ai nostri giorni. Accanto alle sue acute  riflessioni sui valori politici e democratici dell’associazionismo civico e comunitario di base, su cui accennerò brevemente di seguito, si convinse anche sul fatto , che i partiti politici potevano  essere solo di due sole specie: grandi partiti e piccoli partiti. I grandi partiti si sviluppano “…attorno a principi politici e valori fortemente condivisi”, guardano più alla “fede comune che agli interessi dei singoli…”. Insomma sono interessati più al Noi che all’IO, più allo stare insieme sulla “stessa barca” – direbbe Bergoglio – che allo stare da soli  su tante barchette, diverse solo per il colore della barca e per il vogatore. I piccoli partiti – come hanno dimostrato i litiganti di questi giorni – erano invece “influenzati dalle personalità più che dalle idee…Sensibili più che al  bene comune,…ai bisogni…materiali dei loro membri”. Cosi riassume molto bene Vittorio Brocchieri sulla Treccani. Correva pero l’anno 1835, ricordiamolo !
Ma la riflessione più attuale e interessante di questo nobile francese riguarda invece , come dicevo,  il suo sguardo meravigliato e stupito verso l’enorme associazionismo di base sociale, che ha potuto verificare nel suo lungo  viaggio. Una marea di  associazioni. Diciamo gruppi, circoli, movimenti, club, sodalizi, cooperative, volontariato e quant’altro vivo e vegeto nelle tante comunità civiche presenti e  operanti in quel Paese. Ma tutte con la chiara finalità di facilitare la vita in comune, tentando di rompere il guscio dell’isolamento individualistico. E tutte per favorire forti  interazioni e solidi rapporti con la democrazia di vertice riassunta in due soli partiti. Mi viene da pensare che di fronte a questo bipolarismo americano, perenne ed efficiente,  i 33 partiti presenti in Italia nelle ultime elezioni politiche, diversi solo per la faccia del leader, per il simbolo e per il nome,  hanno delegittimato e tradito il vero e forte significato di pluralismo. Una idea forte, questa,  che nasce per sconfiggere il pensiero unico e “l’uomo a una dimensione”. E per  rendere necessari i corpi intermedi a partire dai mondi vitali e comunitari.
Un pluralismo di base diffuso quello Usa dunque. Che definisce molto bene il significato di cittadinanza attiva, assieme a  una sorta di  protagonismo civico  di base, fondamento  della uguaglianza sociale e della solidarietà.
C’è solo da aggiungere, anzi mi pare giusto aggiungere, che questa  partecipazione attiva, e questa forma di sussidiarietà, non sono altro – se vogliamo – che le due categorie etiche ( e democratiche )  messe al centro della riflessione della Chiesa cattolica nella sua ultima Settimana sociale triestina. Difese e protette  sin dallo storico “Codice di Camaldoli” del 1943. E da questo  successivamente trasferiti  nella nostra Costituzione. Quella partecipazione e quel principio di sussidiarietà, ritornate poco tempo fa sulla scena della Chiesa,  attraverso il dialogo e l’ascolto avviate e praticate con il suo  Sinodo ancora in atto.  E quella forte spinta al prepolitico dialogante, culturale, civico e formativo, che una autentica coscienza  democratica  ha bisogno per crescere e svilupparsi con competenza. La Chiesa a Trieste è rimasta molto lontana dal partito cattolico. E non ha neanche minimamente accennato alla rifondazione  di un partito politico cattolico al quale appartenere. Altre erano gli intenti. Ha mantenuto sin dal discorso di apertura le sue distanze,  senza minimamente evocare  una unica traduzione politico-partitica della sua Dottrina sociale.
A questo punto  sia la Chiesa, quanto la società civile, la qualità della vita in comune con i suoi rapporti umani fra persone,  e la stessa democrazia per sconfiggere il leaderismo maniacale, attendono sviluppi, reti di supporto, formazione,  e rapporti umani orientati a questi valori di cittadinanza attiva di base e di partecipazione  che Alexis de Tocqueville aveva scoperto in America circa 200 anni fa.
Nino Labate
pubblicato su www.ildomaniditalia.eu
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