E’ annunciata per oggi – 24 agosto – la presentazione, nel contesto del Meeting di Rimini, del cosiddetto “Piano B”, iniziativa promossa da un significativo insieme di importanti intellettuali e docenti, diretta ad offrire a chi abbia a cuore il destino del nostro Paese, l’opportunità di concorrere a scrivere uno “spartito”, diretto a sintonizzare tra loro le forze e le più varie espressioni della società civile interessate allo “sviluppo dell’ Italia”.
Si tratta di personalità, se non andiamo errati, pressoché tutte ascrivibili all’ area cattolica e, per quanto non venga espressamente detto – salvo indirettamente, attraverso un puntuale riferimento al magistero pastorale di Papa Francesco – si può ritenere che questa appartenenza condivisa attesti come sia la comune ispirazione ideale, culturale ed etica a motivare e reggere l’ impianto di tale iniziativa.
Non a caso, il documento segnala “generatività, solidarietà, sostenibilità” quali categorie interpretative ed architrave, si potrebbe dire, di una trasformazione sociale che sappia farsi carico delle povertà e delle diseguaglianze che offendono la dignità delle persone ed offuscano l’orizzonte del “bene comune”. Si tratta di una iniziativa che sicuramente merita attenzione, anche da parte di chi, come gli amici di INSIEME, ha ritenuto di attraversare il Rubicone che scorre tra le vaste praterie del pre-politico ed i tornanti della politica, sia pure assumendone la “militanza”, come la si chiamava una volta, secondo modalità del tutto nuove, differenti dalle abusate forme dei partiti del secolo scorso, ma che neppure disdegnano una tale denominazione. Iniziativa, dunque, di grande interesse, alla quale augurare importanti sviluppi, eppure meritevole di taluni chiarimenti che, con ogni probabilità, verranno forniti oggi stesso a Rimini.
Anzitutto la denominazione “piano B” lascerebbe intendere – ma può essere che tale interpretazione sia del tutto fuori luogo – che vi sia una qualche relazione con un supposto “piano A” che lo precede, ma di cui certo non rappresenta una subordinata, ma se mai un che, se non di antitetico, sicuramente di alternativo. Tale presunto “piano A” è dato dal programma e dall’ azione dell’attuale governo di destra? O, piuttosto, come tale si intende il funzionamento complessivo – maggioranza ed opposizione – dell’ attuale sistema politico bipolare?
Nel primo caso vi sarebbe una palese asimmetria tra i due piani, atteso che il presunto “piano A”, al di là degli aspetti programmatici, esiste in tanto ed in quanto esprime una forte, dichiarata e vantata dimensione prettamente politica, cosa che, al contrario, non si ravvisa nel “piano B” e tale carenza non è un dato trascurabile. Infatti, il punto – come recentemente osservato su queste pagine – è pur sempre “politico”, nel senso stringente del termine, come insegna, ad esempio, per restare alla nostra vicenda democratica, l’ opera di progressivo ampliamento delle basi democratiche dello Stato, di cui l’ azione “politica” di Aldo Moro ha rappresentato il momento più alto.
Non si tratta mai di sapere soltanto quali avanzamenti sul piano sociale oppure quali riforme sistemiche si intendano rivendicare, bensì con quali alleanze, con quali sintonie politiche, andando oltre quali diffidenze culturali o addirittura superando rispettive idiosincrasie ideologiche si possano comporre “coalizioni” efficaci sul piano della concreta azione di governo. In altri termini, poiché nessun salto qualitativo – almeno in questo nostro campo – può essere ottenuto attraverso processi di mero accumulo quantitativo, il passaggio dal campo della formazione delle coscienze, della riflessione culturale, della maturazione di importanti esperienze sociali al piano dell’ assunzione di una diretta e personale responsabilità politica, è pur sempre un punto dirimente ed inaggirabile, una sorta di Capo Horn da cui si fatica ad uscire indenni, ma che pur è necessario affrontare.
Si può sì e del tutto legittimamente ritenere che non serva nessun nuovo partito – se mai uno “spartito”, secondo la doppia accezione di partitura musicale che armonizzi gli interessi particolari di ciascuno nell’ interesse generale del Paese e, par di capire, di forma che sbrigativamente contraddice e nega legittimità al classico e tradizionale partito – senonché quando si tratta, come giustamente asserisce il documento in esame, di mettere “in connessione permanente il pensiero e l’ azione virtuosa”, bisogna pur affrontare il tema della modalità con cui si concorre al dispiegamento della democrazia rappresentativa e, dunque, alla centralità del Parlamento, cardine insuperabile dell’ ordinamento democratico che ci sta a cuore.
In altri termini, posta la questione in tal modo, ai promotori del “piano B”, anziché concorrere a trasformare strutturalmente il nostro sistema politico, liberandolo – come noi riteniamo essenziale, attraverso l’ assunzione di una posizione autonoma – dalle forche caudine del “bipolarismo maggioritario”, non resterebbe, in ultima istanza, che adattarsi a quest’ultimo, ricadendo nel noto ed abusato ping-pong tra due schieramenti che sta soffocando la vitalità democratica del Paese.
Se fosse così dovrebbero, se non altro, dirci, sia pure nelle prospettive di sviluppo della loro iniziativa, a quale dei due versanti pensano preferenzialmente di ricondurre la loro azione.
Domenico Galbiati