All’indomani del Convegno Insieme la riflessione che sorge spontanea partendo dall’esortazione di Eleonora Mosti (CLICCA QUI) sul fatto che INSIEME nasce anche per essere quel Partito che in Autonomia, che non vuol dire autoreferenzialità, si pone al servizio di quelle associazioni del mondo civile che lavorano a sostegno dello Stato che, pur essendo il “gestore del bene del popolo” non arriva a rispondere da solo alle mille esigenze di una cittadinanza sempre più fragile e bisognosa di una progettualità politica al passo di questi tempi, così frenetici e inquietanti”.
Ciò mi coinvolge direttamente essendo impegnata sul fronte dell’azione dell’associazionismo, e soprattutto rappresento l’Associazione FareRete InnovAzione BeneComune APS (CLICCA QUI) che intende contribuire alla creazione e diffusione di una cultura manageriale tra tutti gli attori del sistema economico e sociale in particolare: salute, ambiente, lavoro, educational, a favore della sostenibilità economica del sistema paese e di tutte le problematiche attinenti alla conservazione del welfare, della salute in particolare alla gestione della malattia, con lo scopo di incentivare lo sviluppo e l’innovazione del “Bene Comune” Immateriale, e che nella sua visione strategica rientra anche la questione riguardante l’inclusione sociale, al pari di tutti quei fattori che influiscono sulla qualità della vita umana in termini sistemici.
A fondamento di ogni discorso sulla politica non può non esservi un principio di vita, un principio di umanità: il primato della persona. Un principio non astratto.
Il primato della persona e la centralità delle relazioni
Si dice, infatti, primato della persona, quando si fa riferimento al primato di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino, giovane, adulto o anziano che è sulla faccia della terra, a prescindere dalle latitudini e dalle longitudini. Dunque, non un discorso vuoto o retorico: mettere al centro la persona vuol dire prestare attenzione alla persona vera, concreta, storica in tutte le dimensioni della sua vita e in tutte le condizioni in cui si trova a vivere. Da questo punto di vista, è importantissimo notare che la somiglianza con Dio, l’essere immagine vivente di Dio stesso, mette in luce l’essenza vera dell’uomo.
L’uomo è creatura grande, è caro a Dio.
Il primato effettivo di ogni persona discende, allora, dal riconoscere in ogni essere umano l’immagine vivente di Dio stesso. Se l’uomo somiglia a Dio, vuol dire che la sua relazione più profonda è con Dio. Se la relazione dell’uomo più importante e più profonda è con Dio, contemporaneamente acquistano valore immenso tutti i rapporti di prossimità, tutte le altre relazioni.
Incontrare Dio non è altra cosa dall’incontrare i fratelli.
A partire da queste considerazioni di fondo, quali elementi esprimono e danno forza al primato della persona? Prima di tutto la persona è caratterizzata da un’unità profonda. Spesso la persona è stata rappresentata in modo diviso insistendo troppo sulla separazione tra corpo e di anima. C’è chi ha insistito sulle dimensioni materiali della vita della persona e chi, invece, sulle dimensioni di carattere spirituale. In realtà tutte le dimensioni della vita della persona, quelle materiali e quelle spirituali, concorrono al bene della persona stessa.
Se una parte del nostro essere sta male, in una certa misura è tutta la persona che sta male. Quando non siamo contenti, ne soffre anche il corpo; quando non stiamo bene fisicamente, anche lo spirito viene messo alla prova. Nell’unità della persona comincia a tradursi, in concreto, il significato dell’espressione primato della persona. L’unità e la globalità richiamano fondamentalmente l’apertura alla trascendenza di ogni persona.
In questa unità profonda che caratterizza la vita dell’uomo, c’è il richiamo alla relazione con la trascendenza, alla relazione con Dio. La persona è resa grande proprio dalla sua capacità di andare oltre sé stessa: nessuna persona è veramente grande, se rimane chiusa dentro di sé. Solo l’apertura a qualcosa che ci oltrepassa, che va al di là di noi, rappresenta la chiave di volta della vita della persona, la calamita e il punto di riferimento per il quale vale la pena di vivere.
Aprirsi alla trascendenza significa, dunque, superare il proprio egoismo, saper guardare oltre il proprio orizzonte verso orizzonti più vasti; significa, in poche parole, vivere quel contatto diretto con Dio che è sempre caratterizzato da una relazione unica, perché le relazioni più belle della nostra vita sono sempre irripetibili, così come è originale la persona. Infatti, l’unità della persona e l’apertura alla trascendenza si accompagnano all’unicità della persona. La caratteristica fondamentale della persona stessa, che ne esplicita il primato, è il suo essere singola, irripetibile, specifica e originale. L’unicità della persona suggerisce il fatto che ogni uomo è in diretto rapporto con Dio, in ogni uomo c’è un germe di Dio, ad ognuno Dio affida un compito: anche questo rende unica la persona, nella sua singolare dignità.
Accogliere ed impegnarsi a realizzare questo compito costituisce la premessa del cambiamento che ciascun uomo è in grado di realizzare nella propria vita e nella storia, nella prospettiva della realizzazione di un bene sempre più grande per sé stesso e per gli altri. Anche la persona meno fortunata, che vive l’esperienza più dolorosa, o che è segnata da fallimenti e fragilità, porta con sé l’immagine vivente di Dio, che fonda il suo stesso essere e la sua stessa unicità.
E nell’unicità della persona è custodita anche la sua dignità, in quanto in ogni uomo – non nell’uomo generico, ma in ogni uomo – si riflette l’immagine vivente di Dio. L’unicità della persona sta ad indicare anche la singolarità e, insieme, la decisività delle relazioni. Nell’unicità di una relazione si apre, infatti, la presa di coscienza di sé stessi, che consiste nel saper diventare consapevoli del fatto che la persona non sarebbe sé stessa senza il rapporto con Dio ma anche senza il rapporto con gli altri. Nessun uomo può crescere da solo: ciascuno di noi è tale perché matura insieme con gli altri. Attraverso la scelta del nostro modo di relazionarci agli altri, cresciamo e scegliamo contemporaneamente noi stessi. La scelta degli altri, dunque, è contemporaneamente la scelta di me stesso: così come accolgo me stesso e la mia vita, il modo stesso in cui entro in relazione con gli altri che mi capitano accanto o che scelgo di avere accanto, esprime me stesso.
Gli altri mi interpellano in molti sensi. La dimensione relazionale è costitutiva della persona e fonda anche quell’ apertura sociale della persona che è alla base delle relazioni di ordine politico che, pur non avendo l’intensità della relazione amicale, sono altrettanto costitutive dell’umano. «La persona domanda essa stessa, in virtù della sua dignità come dei suoi bisogni, di essere membro di una società» (J.Maritain, La persona e il bene comune, Morcelliana, Brescia 1990, p. 29). Per questo è proprio della persona vivere in modo adeguato e significativo la dimensione sociale e politica della vita, senza la quale si impoverirebbe in umanità.
Tale dimensione attraversa tutte le forme che mettono in comunicazione con gli altri: le prime esperienze della vita familiare e scolastica, l’universo delle relazioni amicali, l’ambito associativo e di gruppo, l’ambito prepolitico all’impegno pubblico. La dimensione sociale e politica della persona ha tante facce quante sono le persone che si incontrano e con cui si entra, giorno dopo giorno, in contatto. Essa chiede di essere salvaguardata a tutti i livelli, tutelata ed incentivata. Oggi questa sottolineatura appare particolarmente importante.
Viviamo un tempo in cui è più facile separarsi che unirsi, in cui è più naturale interrompere le relazioni che crearne di nuove. Insistere sulla bellezza e importanza anche della dimensione sociale e politica della persona, significa scommettere non solo su sé stessi ma anche contemporaneamente sugli altri. È un dato di profonda apertura che dà sostanza e colore, ma offre anche vita effettiva al principio dell’uguaglianza nella dignità di tutte le persone. Eguaglianza e fraternità sono facce concrete della stessa medaglia, a condizione che venga sempre rispettata la dignità dell’uomo, la dignità della persona in tutte le persone, la dignità della vita in tutte le esperienze della vita. Questo è il fondamento dei diritti umani, che non sono un vuoto richiamo teorico ma esperienza concreta della dignità inviolabile, universale e inalienabile.
L’invito è RIPENSARE a fondo il primato della persona, della vita, in ogni fase del suo sviluppo, la dignità della persona come soggetto in relazione e, dunque, la effettiva consistenza della libertà, ben oltre una solipsistica autodeterminazione, è compito cui vorremmo invitare tutti.
In tutto cioè si proieziona FareRete InnovAzione BeneComune; nello scenario futuro in cui immaginiamo di poter operare, è quella di un mondo migliore in cui tutti e non solo alcuni si prodigano, con impegno e responsabilità, per il Bene Comune. È questo il motivo più profondo per cui si è istituita l’Associazione e rispecchia pienamente gli ideali, i valori e le aspirazioni di tutti i membri rendendoli orgogliosi di farne parte. Come arrivare…. Questa è un’opportunità che può renderci costruttori di speranza evitando una lenta deriva fatta di rassegnazione e sfiducia.
La nostra proposta di trasformazione
Un piano di azione poche mosse per indirizzare la trasformazione:
Riequilibrare il processo di trasformazione della dignità della persona a favore della giustizia sociale è parte indispensabile di un’azione collettiva e pubblica che aggredisca le attuali disuguaglianze e miri a trasformare la rabbia che hanno prodotto in una stagione di emancipazione sociale.
Costruire una sovranità collettiva sull’ apprendimento e il dialogo fondamentalmente sulla RELAZIONE che ognuno di noi ha acquisito partendo dall’esperienza di vita. E’ attraverso la relazione che possono avvenire certi cambiamenti e, d’altro canto, lo stesso prendere forma della relazione costituisce un esito dei processi attivati, divulgazione, sensibilizzazione e ricerche sulle conseguenze sociali della trasformazione in particolare nel lavoro, nella politica, nelle relazioni sociali.
Non esiste una “bacchetta magica”, un “magic bullet”, su cui puntare tutte le nostre energie. Si tratta invece di attivare a un tempo questi diversi strumenti, pronti ad apprendere dagli esiti e ad aggiustare direzione. Si tratta di lavorare sia a livello globale, con un ritrovato “internazionalismo”, sia a livello locale, utilizzando le opportunità di confronto e alleanza territoriale fra utenti, lavoratori, professionisti e amministratori; sia sul fronte della tecnica e dell’analisi, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa più popolari.
Rosapia Farese