Ecco un prezioso lavoro di Giuliano Amato (“C’era una volta Cavour, il Mulino 2023) che ricerca ed evidenzia nei discorsi parlamentari di Camillo Benso di Cavour i contenuti della grande politica, “un’arte essenziale da eseguire con passione”.

Costruire una maggioranza parlamentare, abbandonando le posizioni più retrive della destra storica conservatrice e accogliendo quanto di valido e possibile c’è nelle idee liberali.

Progettare soluzioni passo dopo passo, “su disegni che si completano nel farsi”, lasciando perdere le polemiche inutili.

Saper scegliere gli argomenti per affrontare i negoziati di scambio, per ottenere consensi e se necessario anche dissensi.

Sono questi alcuni segmenti che distinguono la grande politica di Cavour “che ha mantenuto immutati i suoi tratti iniziali” sostiene Amato, nonostante i cambiamenti che la storia ci racconta.

L’autorevole autore, dopo una succosa introduzione, ha scelto dieci discorsi parlamentari di Cavour sia nelle vesti di ministro che di presidente del consiglio e ad ognuno ha anteposto alcune brevi considerazioni sull’argomento e sul contesto nel quale si svolgeva il confronto politico, per individuare quanto di passione, intelligenza, ricchezza di informazioni, e se necessario anche capacità di polemica sottendono ogni intervento.

Sono in particolare quattro i discorsi di più rilevante interesse che esprimono l’esuberante abilità di Cavour.

Il primo, da ministro della marina, agricoltura e commercio, quando Cavour interviene in favore della tassa sulle successioni e respinge l’accusa che il tributo offenda il diritto di proprietà. Anzi, ricorda “che la proprietà ha diritti sacrosanti come pure sacrosanti sono i doveri per i quali viene in primo luogo quello di concorrere ai bisogni dello Stato.”

Poco dopo interviene in difesa della riduzione dei dazi doganali, con un discorso ricchissimo di informazioni su prezzi e costi dei beni manufatti e venduti, sul grano, sul cotone e altro, concludendo con la convinzione “che il più potente alleato della scuola socialistica (…) è dottrina protezionista”.

Il capolavoro diplomatico della partecipazione dell’Italia nella guerra di Crimea con Francia, Inghilterra e Turchia, contro la Russia imperiale trova riscontro in un lungo intervento alla Camera dove Cavour difende gli accordi già presi con gli alleati e che il Parlamento deve ratificare. C’è un passaggio in questo discorso che vale curiosamente anche per oggi: “se la presente guerra avesse esito positivo per la Russia, questa acquisterebbe un predominio assoluto sul Mediterraneo ed una preponderanza irresistibile in Europa.”

Anche l’annessione alla Francia della Savoia e di Nizza è spiegata con dovizia di dati storici ed economici che fanno ritenere naturale l’appartenenza di queste terre al paese d’oltralpe per non dire degli interventi sull’annessione delle province dell’Italia centrale e meridionale, della disciplina sulla libertà di stampa e intorno alla questione di Roma.

Leggere questi discorsi e confrontare quella capacità, energia ed efficacia del grande statista con le vicende dei nostri giorni induce alla malinconia, per la carenza della grande politica che dura da troppo tempo; la mancanza di strategie ben definite; la grossolanità delle manovre parlamentari e l’incapacità di troppi dilettanti allo sbaraglio. Soprattutto per chi ha conosciuto il tempo e il sapiente senso dello Stato di De Gasperi (che Amato paragona a Cavour), la coerenza di Berlinguer, il rigore di La Malfa e le visioni strategiche di Moro.

Certo il mondo è cambiato, ma le regole della grande politica sono sempre le stesse. Inadeguata è solo la stragrande maggioranza dei protagonisti o presunti tali.

Guido Puccio

 

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