“ L’amico dei poveri, divenuto poi il celebre deputato e sindaco della “povera gente”, era convinto che – insieme al lavoro, alla casa, al cibo quotidiano, alla cura della salute e alla pace- bisognava dare al popolo il pane della Parola di Dio espressa in modo tangibile nella testimonianza dei Santi. Praticava alla lettera, così la frase di Gesù: «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esca dalla bocca di Dio».Lo capissero davvero i (più o meno) grandi della cultura e della politica d’oggi, anche quelli cristiani!”  (mons. Gastone Simoni)

A Firenze l’opera di San Procolo, chiamata la messa dei poveri, fu voluta da Giorgio La Pira nel 1934, dopo un colloquio ispiratore con don Raffaele Bensi, suo padre spirituale e confessore. L’idea fondamentale era quella di riunire nella Chiesa di San Procolo tutti i poveri e i più dimenticati della città di Firenze intorno all’Eucarestia domenicale.

Un gran numero di poveri – scriveva il compianto Giuliano Benvenuti, amico di sempre del professore  – proveniva dall’Albergo Popolare di Firenze in via della chiesa 66. Non mancavano i turbolenti; spesso era necessario far da pacieri dividendo i contendenti: frequenti i litigi; tanta confusione, pigia pigia, urla.

Dopo la messa si andava presso l’Opera di San Procolo dove venivano distribuiti: viveri, vestiti, medicinali accompagnati da parole d’affetto e di comprensione. Il sabato pomeriggio c’era la recita del rosario a S. Procolo, a chiesa aperta. Poi venivano distribuite medicine o viveri, intrattenendosi con i poveri e scambiando con loro, con più calma della domenica, qualche parola d’amore. Ogni Martedì, un gruppo di amici di San Procolo si riuniva in casa di Don Bensi (parroco di San Michelino) in via dei Servi. Uno svolgeva una meditazione sul Vangelo; poi venivano organizzate le “cosiddette visite”. In cosa consistevano? Per colui che voleva essere assistito veniva redatta una scheda con i suoi dati anagrafici e il suo indirizzo. Ogni due mesi una persona del gruppo andava a trovarlo a casa, portandogli soldi e viveri. Lo scopo della visita era duplice: era -per l’incaricato- una opportunità per la sua crescita umana e spirituale;  ed anche una occasione per instaurare un rapporto diretto particolare con il povero e il suo ambiente familiare.

Nel chiostro della Badia il parroco aveva concesso l’uso di una stanza dove c’era l’opptunità di fare saltuariamente le distribuzioni più consistenti: pasta, farina, cioccolato, marmellata, formaggio e altro: il tutto, grazie agli Aiuti internazionali. La quantità distributiva poteva essere tra i 2 e3 chili circa per oltre centinaia di persone. Il gruppo dei volontari era eterogeneo: professionisti, maestri, professori, studenti, farmacisti, operai, benestanti, impiegati, industriali, artisti, commercianti; aperto a tutti coloro che volevano farne parte: non era richiesta alcuna iscrizione; nessuna quota da versare”.

Pochi anni dopo, la celebrazione eucaristica si celebrò nella più grande e vicina Badia Fiorentina: nel chiostro il parroco aveva concesso l’uso di una stanza dove vi era l’opportunità di fare saltuariamente le distribuzioni più consistenti: pasta, farina, cioccolato, marmellata, formaggio e altro: il tutto, grazie anche agli Aiuti internazionali. La quantità distributiva poteva essere tra i 2 e3 chili circa per oltre centinaia di persone.

Il gruppo dei volontari era eterogeneo: professionisti, maestri, professori, studenti, farmacisti, operai, benestanti, impiegati, industriali, artisti, commercianti; aperto a tutti coloro che volevano farne parte: non era richiesta alcuna iscrizione; nessuna quota da versare.

Dopo la fine della guerra la celebrazione eucaristica avvenne anche nella chiesa dei Santi Apostoli e al Cestello. Giorgio La Pira “esportò” questa comunione d’affetti anche a Roma, nella chiesa di San Gerolamo della Carità. In realtà la messa di San Procolo fu un prolungamento di quello che faceva La Pira a Messina tra i terremotati di Maregrosso.

L’incontro con la povera gente La Pira l’ha realizzato a Messina sotto la guida organizzativa dell’assistente ecclesiastico della Fuci di allora, mons. Luigi Bensaja. E secondo la testimonianza di Santi Greco (vedi Miligi, Gli anni messinesi..cit p.85) “giocava con i bambini seminudi fra le baracche di Maregrosso e se li abbracciava; portava con l’aiuto sensibile (il denaro o gli indumenti, il cibo e i farmaci) il conforto di quella sua parola che sapeva trovare subito prodigiosamente la via del cuore”.

A Messina e a Pozzallo alcuni sacerdoti rimanevano colpiti da quella sua intensità nell’innalzare la sua preghiera: inginocchiato dinnanzi alla sacra immagine di Maria nella chiesa di Montalto a Messina; i gomiti appoggiati sulla balustra, la testa tra le mani, assorto in preghiera, insensibile al brusio dei ragazzini ( come testimoniava mons. Giuseppe Foti); o intento a recitare il Santo Rosario con mons. Gambuzza in riva al mare di Pozzallo: “ partecipava ogni domenica alla S.Messa – scriveva il prelato- lo vedevamo a lungo davanti al tabernacolo”.

Passava da giovane, notte intere in preghiera; poi lui stesso lo raccontava “ aveva dovuto regolarsi ” un pò, perché una volta, dopo tante ore inginocchiato sul marmo, aveva avuto una paralisi alle gambe, non riusciva più a muoverle, e ne portò conseguenze per tutta la vita. Ma uomo di preghera rimase per tutti i suoi giorni.

«Se si facesse una statistica dei cristiani — diceva loro il professore — per vedere quanti sono coloro che si accostano una volta l’anno all’Eucarestia, si vedrebbe che sono pochissimi: ciò significa che il cristianesimo è debole. Pensate, che dobbiamo portare qualche cosa in India, in Cina: ma che cosa? La nostra debolezza? Quando voi venite qui alla Messa, di cristiani che non sanno cosa essa è ce ne sono tanti (anche se sono tutti in buona armonia). Bene! Chiamateli con dolcezza e li portate qui alla Messa. I casi sono due: o pregano o dormono, allora vuol dire che si riposano; qui c’è pace, c’è musica e non si paga niente. E poi, se vengono, fanno una passeggiata. Vedete, non si sa mai: una parola, a volte, può svegliare l’animo e il pensiero. Quindi potete dir loro: “Vieni con me alla Badia! (la chiesa della Badia Fiorentina, a Firenze) Lì si canta, si prega il Signore, si ascolta la musica e tante altre cose belle”».

Dopo la Messa esortava tutti a pregare, mescolando con amore fraterno la Bibbia, i Santi della settimana, le personalità del mondo contemporaneo e i fatti più importanti. « Lei, signore, l’ha da fare? Lei signor sindaco? Lei lavoratore?. E nessuno capisce che la cosa più importante è pregare. Quando voi avete bisogno dell’acqua, bisogna che andiate a prenderla: che cos’è la preghiera?

È l’acqua (…) il campo non fiorisce se non c’è acqua. Con l’acqua la terra fiorisce; con la preghiera fiorisce l’anima. La preghiera è un colpo di remo. Una donnina di novantasette anni che prega è una potenza. È come l’albero. Senza radice non cresce. Come fate la semina, sotto fa la radice: così senza la preghiera. È la vita del Cristianesimo.

La preghiera santifica l’anima e le dà una forza divina. Ci vuole un vuole un po’ di silenzio e pregare; poi qualunque cosa domandiate al Signore, Dio ve la dà. Quello che conta è che nel vostro cuore ci sia il Signore, il quale vuole che tu gli parli». Ogni domenica presentava i doni della sua anima francescana, con un linguaggio ricco di gioiosa fiorentinità; e con nel cuore i ragazzi di Maregrosso (Messina), esortando a ritrovare tutti insieme -anche nel chiuso delle nostre case- una comune fede nella forza della preghiera. Per il sindaco santo la preghiera nella città, come nella vita di ciascun individuo, ha il primo posto in cima alla gerarchia dei valori.

Ed anche per questa ragione farà restaurare le madonnine agli angoli delle strade. “Sarà così più facile, alla gente che passa, salutare la Madre Celeste e conservare lo spirito dell’Incarnazione”. Ad ogni famiglia che entrava nel nuovo alloggio dell’Isolotto , egli offrirà una graziosa ceramica bianca e azzurra, rappresentante l’Annunciazione. La bellezza conduce alla preghiera e la preghiera produce la bellezza.

Oggi ancora una volta risuonano forti le parole di La Pira, quando nel 1959,  ai membri del Soviet Supremo dell’Urss si rivolse con queste parole:

“ Signori, io sono credente cristiano e dunque parto da un’ipotesi di lavoro per me non soltanto di fede religiosa, ma razionale, direi scientifica. Credo nella presenza di Dio nella storia, e la resurrezione di Cristo è evento di salvezza che attrae a sé i secoli e le nazioni; credo nella forza storica della preghiera. C’è chi ha le bombe atomiche: io ho soltanto la preghiera; che vale più delle bombe, per chi sia costruttore di pace. E siccome ogni ponte ha due piloni, sono stato a Fatima, santuario occidentale dove la Madonna ha promesso la pace collegandola alla tradizione cristiana della Russia. Si realizza così un ponte di preghiera per sostenere, come anch’io posso, questa edificazione della pace fra Occidente e Oriente nella quale tutti siamo impegnati e che il mondo aspetta”.

Nino Giordano

PREGHIERA DI GIORGIO LA PIRA NELLA MESSA DEI POVERI

O buon Gesù, ti raccomando

tutti quelli che soffrono e piangono

e tutti quelli che fanno piangere e soffrire.

Ti raccomando l’infanzia abbandonata

la gioventù, circondata da scandali e da pericoli,

la vecchiaia bisognosa

e tutti quelli che soffrono per la povertà…

Ti prego, o Signore,

per quelli che piangono per la morte di persone care

per quelli che cercano invano il lavoro,

per gli ammalati, i prigionieri, i combattenti,

i disoccupati:

Signore, aiutali tutti, confortali,

benedicili.

Ti prego per tutta la Terra,

per il Papa, i vescovi, i sacerdoti,

i missionari.

Ti prego per gli infedeli e tutti quelli

che sono lontani dalla Chiesa.

Fa’, o Signore, che non ci sia che un solo

gregge ed un solo pastore. Così sia

 

 

 

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