La questione morale tiene di nuovo banco in Puglia ma parlarne è sempre difficile, delicato. Si rischia di passare per retrogradi bacchettoni. Essa non riguarda un partito in particolare, ma un costume generale. Difatti le persone finite sotto inchiesta hanno attraversato gli schieramenti da un lato all’altro senza grandi difficoltà. La colpa è innanzitutto di chi, con molta disinvoltura, non si è posto il problema di chi saliva sul carro. L’importante era vincere. La vittoria ha offuscato le menti e gli animi e ha tradito gli elettori che ponevano nei partiti votati aspettative di miglioramento.
Si sapeva che le liste civiche non sono un ampliamento della democrazia, ma l’areopago del sottopotere. Lo spazio in cui può accadere di tutto, persino l’intreccio con la criminalità e il malaffare. Non ci voleva una grande intelligenza per capire che chi cambia casacca facilmente non lo fa perché è pentito o è stato folgorato sulla via di Damasco, ma che è alla ricerca di prebende e di poltrone. Il pericolo è stato più volte denunciato anche su questo giornale, ma chi se n’è preoccupato e ha preso le opportune contromisure?
La questione morale è seria e sminuirla non aiuta, semmai rende più complessa la situazione. Infatti, quando esplode, trascina tutti nel fango, colpevoli e innocenti, galantuomini e miserabili; getta nel discredito tutta la politica, coinvolgendo anche chi, a rischio della propria vita, ha combattuto battaglie importanti per la legalità; allontana la gente che preferisce astenersi dal voto e mette a rischio la democrazia. Sono aspetti sui quali i partiti dovrebbero riflettere, ma non c’è traccia nei loro dibattiti interni o pubblici. Questi temi sono vissuti come un fastidio, residui nostalgici di un mondo ormai andato. In realtà dare spazio a queste vicende potrebbe aiutare tanto nella formazione che nella selezione di una classe politica di miglior livello culturale, etico e professionale, più attenta ai bisogni della gente e al modo di trasformarli in politiche attive. Rimettere mano alla questione morale potrebbe, insomma, essere un antidoto efficace per frenare quel sottobosco della politica che non distingue destra e sinistra, potere e servizio, bisogni e diritti, ma insegue esclusivamente l’interesse privato e, magari, potrebbe convincere anche un maggior numero di elettori ad esercitare il diritto di voto. In gioco non è solo l’ampiezza della democrazia, ma la sua qualità. Senza tener conto che è più difficile manipolare un maggior numero di votanti.
Pasquale Pellegrini
Pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno