I nostri amici, i candidati di INSIEME che sostengono Letizia Moratti nella corsa alla Presidenza della Regione Lombardia oggi portano a compimento la campagna elettorale. Con un ultimo convegno promosso stamane a Varese, sul tema della scuola, da Marcello Soprani, cui prenderà parte Letizia Moratti.
Hanno fatto un lavoro enorme, hanno messo in campo una grande passione ed una rilevante competenza politica.
Isa Maggi a Pavia, Franco Franzoni a Brescia, Gaetano Lo Presti a Milano, Marcello Soprani a Varese, Erminio Zanenga a Cremona, con i giovani del Coordinamento Regionale – Mattia Molteni, Katia Syll, Sergio Zucchetti – e gli amici che curano le altre province, a cominciare da Mauro Zenoni, responsabile del Centro di Presenza di Brescia, costituiscono un affiatato e robusto gruppo dirigente su cui, anche a livello nazionale, INSIEME puo’ contare per gli impegni rilevanti che ci attendono.
La Lombardia, dunque, la Regione più popolosa, più sviluppata e più produttiva, eppure una Regione che da anni non cresce, con talune province che, addirittura, arrancano. Ma parliamo pur sempre della Regione che anticipa e guida sviluppi destinati ad investire l’Italia intera. Anche in ambito politico, almeno da un secolo e più a questa parte, le “novità” partono da Milano, città che piu’ di altre vive e promuove dinamiche sociali che alimentano una sorta di “laboratorio politico ambrosiano”.
In Lombardia, storicamente, s’incontrano la linfa sociale del mondo cattolico, la cultura liberale e gli ideali socialisti, la passione per il lavoro e la cultura dell’ impresa. Non a caso Milano e la Lombardia sono tuttora leader nel campo dell’ innovazione, della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico. In ambiti che vanno dalla medicina, al design, dalla moda alla comunicazione. Il Politecnico, le altre prestigiose Università pubbliche e private, dalla Bocconi, alla Statale ed alla Cattolica, i numerosi istituti clinico-scientifici rappresentano uno straordinario patrimonio, dove le cosiddette scienze “dure” e le scienze umane possono trovare quella reciprocità di rapporti indispensabile se, anziché lasciarci subornare dalla tecnica, intendiamo conservare la facoltà di orientare il cammino che abbiamo intrapreso verso una nuova civiltà.
Noi ci auguriamo, anzitutto, che gli elettori lombardi non disertino le urne, per quanto le tensioni che attraversano il Paese e che il governo e la sua maggioranza alimentano, anziché sedare, esercitino un effetto dissuasivo e di distrazione da un voto che, inevitabilmente, verrà letto in chiave nazionale. E’, quest’ ultimo, un dato di cui i lombardi devono essere consapevoli, per quanto, ovviamente, il focus della consultazione concerna la necessità di liberare la Lombardia dall’ inerzia in cui la destra da quasi trent’anni a questa parte l’ ha lasciata scivolare.
Il disastro della pandemia che ha condotto alle dimissioni l’Assessore Gallera non è un deprecabile incidente da imputare al capro espiatorio di turno, ma piuttosto l’esito di un processo che, pur accanto alle eccellenze ospedaliere, ha pagato gli errori di una politica sanitaria che si è rivelata incapace di tutelare, in ogni fascia sociale, i cittadini lombardi.
Insomma, i lombardi devono essere coscienti e pure orgogliosi del ruolo nazionale ed europeo della loro Regione.
La forza della Lombardia, peraltro, non è solo autoctona. Attinge anche al sacrificio ed alla laboriosità di chi, negli anni della forte trasmigrazione interna e del boom economico, provenendo dal Sud, ha cercato lavoro sotto la Madonnina del Duomo.
I lombardi di quegli anni – in particolare, imprenditori che hanno conquistato mercati in ogni angolo del mondo- hanno saputo essere accoglienti e solidali, del resto secondo il carattere storico della gente lombarda. Un carattere, un cuore, un sentimento morale che, per quanto i tempi siano mutati, non è affatto spento a Milano e nell’ intera Lombardia e poco ha da spartire con gli umori secessionisti dell’“autonomia differenziata”.
L’Italia ha bisogno della Lombardia, ma anche la Lombardia ha bisogno dell’Italia: ne rappresenta il più potente anello di congiunzione con l’Europa. Un ponte tra le terre del vecchio continente che si stendono a Nord e ad Est, oltre l’arco alpino, e quelle, a cominciare dal nostro Paese, che si proiettano nel Mediterraneo.
In un certo senso, la Lombardia dev’essere considerata la propaggine meridionale del Settentrione e, nel contempo, il caposaldo settentrionale del Meridione, in un’Europa che non si esaurisce nell’asse franco-tedesco, ma, a maggior ragione nell’attuale momento storico, ha nel Mediterraneo il suo baricentro. La Lombardia, in ultima analisi, ha bisogno di una visione, cioè di una strategia che sappia orientare fin d’ora politiche che vanno adottate oggi, sapendo come siano destinate a proiettare i loro effetti su una lunga stagione del nostro domani. Ha bisogno di una guida autorevole di cui meno che mai ha goduto nei cinque anni della Presidenza Fontana.
Eppure, è una Regione che ha i numeri, le risorse materiali e morali per stare in partita a testa alta nei confronti delle più sviluppate aree territoriali europee. Adatta e capace di affrontare le due sfide forse maggiormente impegnative e dirimenti del nostro futuro prossimo e meno prossimo. Ha conservato, a dispetto, di una forte antropizzazione e di un formidabile sviluppo di siti e strutture produttive, una elasticità territoriale, che dai monti, alla fascia dei laghi, fino alla pianura le consentirebbe tuttora di costruire, se la sua classe dirigente ne sarà capace, un equilibrio virtuoso tra sviluppo ed ambiente. Una prospettiva che, ad oggi, non è scontata e non sta di per sé nell’ordine naturale delle cose, ma può essere perseguita da una forte e lucida politica del territorio.
La seconda sfida, al di là della tetraggine della politica dei respingimenti in mare propugnata da una Lega radicata soprattutto in Lombardia e nelle sue valli, concerne lo sviluppo multietnico delle nostre comunità, una transizione epocale cui la nostra Regione che già ospita, in particolare a Milano, diverse decine di differenti etnie, non è affatto impreparata come la propaganda leghista vorrebbe credere e far credere.
Domenico Galbiati