Tutti alla ricerca del voto dei cattolici. Tutti a voler “ riorganizzare” un campo per riempire un vuoto che appare sempre più evidente. Del resto, l’estremizzazione salviniana a destra e un Pd sempre più radicaleggiante a sinistra dilatano quello spazio “ centrale” cui guarda una grande porzione di elettorato, stanco e insoddisfatto.
Troppi i cattolici che si tengono lontani dalle urne: quelli defluiti dal centrosinistra; altri tradizionalmente orientati verso il centrodestra, ma poco intenzionati a finire leghisti. Forse pronti ad un impegno se dovesse giungere qualcosa di nuovo.
Si assommano ai tantissimi che cattolici non sono, ma con i quali sono condivise stesse preoccupazioni, stesse disillusioni.
Questo spiega perché, come non mai, il mondo laico, persino una parte di quello che un tempo avremmo definito laicista, insiste perché ci si svegli, che si intervenga, che si definisca una nuova presenza alternativa ad un intero sistema politico che non funziona più.
E’ chiaro che riferendosi al patrimonio dell’ esperienza politica dal mondo cattolico ci si riferisca a elementi ben precisi e riconosciuti: ragionevolezza, cioè equilibrio; moderazione, che non è il vecchio rassicurante moderatismo borghese, ma misura o temperanza; centralità, molto più generativa della vaga idea di porsi al “ centro” tra destra e sinistra, bensì capacità di gestire gli interessi non coincidenti, persino contrapposti, e richiamare l’attenzione creativa di ampie porzioni della società civile.
Con il realismo, e conseguente abilità nella sintesi e nella mediazione, queste caratteristiche hanno concorso a fare la storia dell’Italia democratica.
E’ una sfida che ci viene posta. Ad essa dobbiamo rispondere con intelligenza politica. Soprattutto sulla base di autonomia, valenza programmatica, facce nuove. L’offrirsi con uno specifico ed originale significato segnala inoltre una lealtà, una coerenza e una dignità pubblica di cui il Paese è alla ricerca.
Eppure,emergono delle resistenze. Si pensa che su questa questione della identità in politica si debba andare cauti, non esagerare. Ma è possibile usare dosi omeopatiche o seguire il criterio del “ quanto basta” delle ricette di cucina?
Non ci troviamo più in una stagione ordinaria. C’è bisogno di cogliere il livello della eccezionalità e complessità dei fenomeni in cui siamo coinvolti e non c’è tanto spazio per la mimetizzazione.
Neppure noi possiamo pensare più di limitarci ad un riformismo di facciata. Più forte deve essere il riferimento alle indicazioni sulla Solidarietà, sulla Sussidiarietà, sul rispetto della vita e della dignità umana e sull’impegno per la Giustizia sociale proprie del Pensiero sociale della Chiesa. Oggi divenute tanto urgenti e di fatto “ straordinarie” da far apparire quel pensiero persino “ rivoluzionario”. E pensare che, invece, esso pervade le parti più vitali della Costituzione italiana. Questa la portata della questione dell’identità che ci riguarda, non basta solo dirsi cristiani.
E’ necessario, il più possibile numerosi tra di noi, andare oltre antiche logiche e metodi superati; aprire a forze fresche cui appare insufficiente mettere assieme vecchi spezzoni. Invece, si indugia, ci si interroga ancora sull’opportunità di portare il sostegno o di bordeggiare nei pressi di chi mostra di ignorare la portata di ciò che sconvolge la nostra attuale società, la condizione antropologica e materiale degli esseri umani e delle famiglie e, quindi inevitabilmente, della politica e delle istituzioni.
La questione dei rapporti con gli altri o delle alleanze è vitale in ogni processo politico, ma potrebbe rivelarsi fuorviante e limitata se la si volesse definire a freddo, quale pregiudiziale di una nuova iniziativa politica.
La vera nostra pregiudiziale è quella di non eludere la questione posta dalla separazione tra “ quelli della morale” e “quelli del sociale”.
Oggi, a ben guardare, date le condizioni reali del Paese, essa è già nei fatti trasformata, ma affatto risolta. Crisi economica, criticità delle relazioni tra gli esseri umani, e tra essi e i partiti e le istituzioni, problemi etici, nuove visioni della vita, conseguenti comportamenti civici, concorrono alla persistenza di un disagio diffuso e complesso le cui componenti sono tanto difficili da scomporre. Neppure sappiamo se sarà possibile giungere ad una loro ricomposizione.
Per i cattolici schierati a destra sembra validissima una riflessione di monsignor Toso. Nel suo “ Cattolici e politica”, edito dalla Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, il vescovo di Faenza rileva il fenomeno del ” cristiano che vive scisso da sé” perché, scegliendo per una politica fatta di pragmatismo, perde il senso del solidarismo. Così, sposa la Flat tax e l’allontanarsi da una politica fiscale basata sull’equità. “Gli elettori, osserva monsignor Toso, possono amare papa Francesco, ma a fronte del complesso problema degli immigrati, optare semplicemente per la chiusura dei porti”.
Di converso, tra i cattolici che stanno a sinistra c’è difficoltà ad affrontare esplicitamente i temi etici. Si avverte del disagio persino nei confronti di un impegno pubblico attorno ai più controversi problemi che riguardano la vita.
C’è una qualche sottovalutazione dell’importanza della difesa della famiglia. Quella creata attorno all’amore di una donna e di un uomo, al cui interno deve essere ancora assicurato, nei fatti, il pieno diritto alla libertà di procreazione o di adozione. Difficoltà crea l’idea di dover prendere chiara e netta posizione contro l’eutanasia e tutti quegli interventi ingiustificati che incidono sulle dinamiche della vita, dal momento del concepimento alla fine naturale del percorso umano.
Si tratta di questioni critiche e appare evidente, per chi è cattolico, quanto sia oggettivamente non facile affrontarle all’interno di questo Pd. Non per questo, però, è da accettare l’idea che si stia a parlare di cose che fanno parte esclusiva dell’armamentario propagandistico della destra cattolica.
Non a caso, si toccano sentimenti e sensibilità diffuse tra la maggioranza degli italiani, credenti o meno che siano, votanti a destra, al centro o a sinistra. Tali questioni non possono essere lasciate in balia solamente della strumentalizzazione politica, spesso perseguita senza rispetto alcuno o scrupoli.
Nessuna forza attualmente presente in Parlamento, dunque, ci rappresenta. Nessuno valorizza pienamente i riferimenti ideali e la tradizione cui noi ci colleghiamo.
E’ ciò che sostiene la necessità di definire una netta e chiara collocazione libera ed indipendente, sulla base di contenuti sociali, culturali ed etici ben precisati. Non è più sufficiente esaurirla in una importante, ma non esaustiva verbale dichiarazione di appartenenza, cui poi si fatichi a dare corso concreto.
Ben venga quindi su queste basi ogni ipotesi di convergenza e di riaggregazione, ma senza sottovalutare quanto avvertiamo maturare dentro e fuori il nostro mondo con la richiesta di prospettare un rinnovamento di contenuti, di metodo e di prospettive.
Giancarlo Infante