Alessandra Todde ieri è stata ufficialmente proclamata Presidente della Sardegna. Il che permette ed, anzi, sollecita qualche considerazione meno frettolosa in ordine a quanto hanno inteso dirci gli elettori sardi.

Una volta tanto, il significato nazionale di una elezione locale non ha solo il carattere di ampio sondaggio predittivo degli orientamenti elettorali futuribili, bensì concerne il dato politico in sé, cioè la “forma” della competizione, la disposizione in campo delle forze che vi hanno concorso. Infatti, sono almeno due gli ammaestramenti che si possono trarre dalle elezioni sarde.

In primo luogo, il fatto che l’ ampio voto di scambio che si è registrato abbia introdotto nel classico e consolidato scontro bipolare, cui pure abbiamo assistito anche in Sardegna, una sorta di asimmetria che, in una certa e pur limitata misura, l’ ha contraddetto, pur, ovviamente, non superandolo. In altri termini, quelle manciate di elettori che si sono sottratti alla vessazione di dover, per forza di cose, votare secco per uno schieramento o per l’ altro, hanno dotato il sistema di quel tanto di elasticità e di libero giudizio che sicuramente ha avuto un ruolo rilevante per la vittoria di Alessandra Todde.

In secondo luogo, per quanto si dica di un “campo largo” finalmente vincente, anche qui una lettura più’ attenta suggerisce una prospettiva, in buona misura, differente.  Se si considera, infatti, l’ ampio movimento dal basso che ha animato l’ intera operazione, cominciando da una costruzione partecipata del programma, e soprattutto il vasto concorso – circa il 15% – delle diverse liste “civiche” a sostegno della candidatura Todde, nonché il fatto che tali liste abbiano eletto ben sei consiglieri, si può dire che, piu’ che non lo stesso pur meritevole “ campo largo” di PD e 5iiStelle, la vera protagonista di questa vittoria sia stata, piuttosto, un’ autentica “coalizione popolare”.

Anche l’ Italia se vuole liberarsi dal cappio soffocante del bipolarismo, ha bisogno di riscoprire lo spirito degasperiano della “coalizione” e lo spirito sturziano del “popolarismo”.

“Coalizione Popolare” e’ la dizione o meglio l’ idea generale, il concetto che dovremmo adottare come cifra e “parola d’ ordine” di una iniziativa differente e ben più ambiziosa della prospettiva di un “centro moderato”. Iniziativa che INSIEME con le altre forze politiche, culturali, professionali, associative dell’ area liberal-democratica, sociale e cattolico-democratica, dovrebbe fin d’ ora, metodicamente, intraprendere per costruire – a questo punto provandoci pur senza una legge elettorale proporzionale – il superamento del bipolarismo e preparare una alternativa praticabile alle destre, in fin dei conti sinergiche, della Meloni e di Salvini.

Domenico Galbiati

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