Chiusa la prospettiva di giocarsi il rapporto personale con Ursula von der Leyen è tornata alla Giorgia di prima il 22 settembre 2022. Alla guida dei suoi conservatori europei vuole cambiare l’Europa e, ovviamente, la vuole più a destra.
Poco conta, come ella sa benissimo, che si tratti di rimanere in un coacervo di negazionismo e di sovranismo. Un armamentario, cioè, dal respiro corto e con la sola prospettiva della marginalizzazione. Né più né come quanto accaduto in alcuni paesi dove hanno aumentato il loro singolo consenso elettorale, ma per ritrovarsi con governi del tutto loro contrari: in Spagna, poi in Olanda e, quindi, in Polonia.
La partecipazione all’incontro di Vox, diventata una sorta di passerella dell’estrema destra mondiale, da Milei a Orban, se non altro è servita a confermare che Giorgia Meloni non ha più in mente di sostenere Ursula von del Leyen impegnata nel difficile tentativo di vedersi rinnovare per altri cinque anni la guida della Commissione europea.
Come nella favola attribuita ad Esopo della volpe e l’uva, è costretta a rimettere i piedi a terra.
Non siamo così sprovveduti da non renderci conto del fatto che i giochi veri si faranno dopo l’arrivo dei risultati del prossimo appuntamento elettorale di giugno. Ad oggi, però, prendiamo atto che ultimamente è venuto a mancare molto terreno sotto i piedi di quegli strateghi, il cui canto da sirena sembrava essere stato ascoltato per un po’ anche dalla stessa Meloni, convinti di poter lavorare ad un prossimo equilibrio europeo di cui fossero partecipi anche i Fratelli d’Italia.
Tutto rinviato dunque. Perché se si dovesse ripetere l’esperienza della cosiddetta “alleanza Ursula”, con o senza la guida della von der Leyen, è chiaro che Giorgia Meloni dovrà inventarsi una nuova strategia per andare oltre il doppio binario seguito finora: cioè stare in un modo in Italia e in un altro a Bruxelles perché non è detto che glielo continueranno a far fare.