In Italia, la tendenza verso una valutazione degli apprendimenti e del sistema scolastico basata su prove nazionali standardizzate è chiaramente visibile nell’introduzione e nelle continue riforme delle Prove Nazionali di INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione). In questo contesto, i dati dei test sono frequentemente utilizzati all’interno di sistemi di gestione della pubblica amministrazione implementati dallo Stato per rivedere, confrontare, guidare, premiare e sanzionare, se necessario, il rendimento degli insegnanti e della scuola. Alla cosiddetta scuola “Gentiliana”, che puntava sulla funzione pedagogica e formativa volta alla motivazione dello studente, è stata sovrascritta una mentalità performativa orientata verso lo sviluppo di abilità tecniche e competenze preziose sul mercato del lavoro. Infatti, sulla linea delle organizzazioni internazionali coinvolte nella politica dell’istruzione quali Ocse e Onu, da venti anni si osserva la professionalizzazione del curriculo nazionale.
Proprio allo scopo di approfondire i cambiamenti avvenuti nell’anno del Covid è stata realizzata un’indagine tra giugno a novembre del 2020. Per effettuare la ricerca abbiamo condotto30 interviste qualitative nei licei di Milano, con insegnanti e presidi per analizzare le seguenti domande di ricerca:
- Quali modifiche sono state apportate al sistema di valutazione della scuola e degli studenti in Italia durante la pandemia?
- Come sono stati riconfigurati i ruoli delle principali parti interessate a seguito di questi e più ampi cambiamenti nella politica dell’istruzione?
Valutazione formativa e sommativa a confronto
Durante la pandemia di Covid-19, gli insegnanti in Italia, e anche in tutta Europa, hanno continuato a sperimentare l’intervento del governo, molto spesso top-down, nel loro lavoro attraverso la cancellazione, il rinvio o la riconfigurazione di test standardizzati e di esami di stato, come la Maturità, e nuovi requisiti dei loro ruoli pedagogici e sociali più ampi.
Gli insegnanti delle generazioni pre-Berlinguer, richiamano la valutazione formativa come strumento per garantire l’adattamento del percorso educativo alle esigenze dell’individuo. Ciò facilita la creazione di ricchezza e varietà, al centro della missione scolastica, elementi che l’oggettivizzazione del sistema valutativo dell’INVALSI reprime, secondo loro. Non risulta sorprendente che questo schieramento contesti il ruolo dell’Invalsi e il monitoraggio del sistema scolastico basato su test standardizzati. È difficile stabilire se sia lo scrutinio da parte dell’istituto a motivare una reticenza verso la standardizzazione o se, al contrario, sia un’opposizione ideologica all’aziendalizzazione delle scuole a minare il supporto per le autorità chiamate a farla rispettare.
Al contrario, il sostegno della valutazione sommativa è maggiormente diffuso tra gli educatori delle nuove generazioni, come emerge dalle interviste condotte a Milano. Dalle interviste emerge infatti un forte senso di responsabilità per quel che riguarda lo sviluppo di skills critiche all’inserimento nel mondo lavorativo, secondo una visione economicistica della scuola.
Il centralismo decentralizzato del sistema scolastico italiano
Il sistema educativo italiano è altamente centralizzato, se confrontato con altri paesi europei, e controllato dal Ministero dell’Istruzione. Nonostante le riforme di decentramento alla fine degli anni ’90, è ampiamente riconosciuto che l’impatto sull’istruzione in Italia è stato limitato. Definito come una forma di centralismo decentralizzato, lo Stato ha mantenuto il controllo delle risorse umane e finanziarie, la definizione del curricolo nazionale, e la valutazione della scuola e dell’apprendimento degli studenti italiani.
A differenza di altri paesi, il sistema educativo italiano continua ad essere strutturato istituzionalmente secondo principi di educazione welfarista (Ferrera 1996), in base ai quali lo Stato fornisce servizi scolastici direttamente e altri attori privati sono ai margini. Tuttavia, l’enfasi sulla gestione delle performance e sulla misurazione del valore aggiunto è la pietra angolare dell’ideologia neoliberale che ha portato a cambiamenti nella struttura del Sistema nazionale di valutazione (SVN). La sua configurazione attuale comprende l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione (INVALSI), l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (INDIRE), i Contingenti Ispettori e le Unità di Valutazione Esterna (NVE).
Prove INVALSI nell’era dell’emergenza e del lockdown
A seguito del lockdown nazionale introdotto con Decreto Esecutivo del Presidente del Consiglio (DPCM) dell’8 e 9 marzo 2020 in risposta all’emergenza sanitaria legata al diffondersi del Covid-19, le scuole pubbliche a tutti i livelli in Italia sono state chiuse. Durante il lockdown, tutte le scuole hanno adottato la didattica a distanza (Ordinanza n. 10, 197, 21). I test INVALSI previsti per il 2020 sono stati annullati.
Come ha commentato un dirigente scolastico: durante la pandemia, ho consigliato agli insegnanti della mia scuola di godere il più possibile della sospensione della valutazione da parte dell’INVALSI, poiché questa era un’opportunità unica di tornare a una valutazione formativa
L’INVALSI è l’Agenzia Nazionale di Valutazione responsabile della valutazione del sistema scolastico e, più in generale, della progettazione e gestione degli strumenti di valutazione nel sistema scolastico italiano. Gestisce test annuali nazionali di Italiano, Matematica e (recentemente) Inglese, per i gradi 2, 5, 8 10 e 13. Si tengono nelle scuole di ogni ordine e grado. Nel 2020 sono diventati obbligatori per l’ammissione alla maturità. Sono test standardizzati e obiettivi, somministrati agli studenti con lo scopo di valutare il loro livello di apprendimento.
I test INVALSI hanno portato a una crescente raccolta di dati e statistiche che possono essere utilizzati dal ministero nazionale per monitorare le prestazioni degli studenti, il loro grado di apprendimento, ed eventuali carenze, anche se molte materie non sono coperte dai test. L’INVALSI pubblica una relazione annuale disponibile on-line. Pertanto, non sarà possibile osservare i dati INVALSI relativi al rendimento scolastico per l’anno scolastico 2019-2020, a parte alcuni casi isolati (circa il 6%) che hanno avuto l’opportunità di sottoporsi al test prima del blocco nazionale a marzo. Al contrario, gli esami di Stato della scuola secondaria superiore – la cosiddetta Maturità – sono andati avanti come previsto.
Lo svolgimento degli INVALSI è stato però possibile nel corso dell’appena concluso anno scolastico 2020-2021, che suggeriscono preoccupanti risvolti sulla qualità dell’apprendimento degli studenti. Emerge infatti una crescita del 9% degli studenti impreparati in Italiano e Matematica rispetto al periodo pre-pandemico, un dato che diventa estremamente rilevante nelle regioni del Sud Italia, dove sistematicamente più di metà degli studenti non raggiunge le competenze minime. Sarà quindi necessario dare priorità al rilancio del sistema scolastico, in modo tale da permettere il riassorbimento del calo delle conoscenze ed evitare l’estensione del fenomeno sulle generazioni successive. L’INVALSI continuerà a giocare un ruolo fondamentale nel monitorare l’efficacia di questi interventi in futuro.
La riconfigurazione dell’esame di Stato
Durante la pandemia di Covid-19, tutte le attività didattiche sono proseguite da remoto per tutti gli studenti di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Tuttavia, gli studenti delle scuole secondarie di secondo ciclo sono stati richiamati nelle aule a giugno 2020 per sostenere gli esami di Maturità. L’esame è stato riconfigurato, in considerazione delle condizioni emergenziali, e consisteva in una prova orale che partiva dalla discussione di un elaborato a casa. In generale, gli insegnanti intervistati per questo progetto hanno concordato con la decisione del governo di mantenere questi esami. Come ha commentato un dirigente scolastico: ho accolto tutti gli studenti fuori dalle aule e mi sono sentito felice di avere l’opportunità di fare l’esame di persona. È un momento molto importante per il loro sviluppo educativo e la loro vita personale
Negli ultimi cinque anni gli studenti delle superiori hanno assistito a tre significative riconfigurazioni delle modalità d’esame: dalla consolidata struttura a quattro prove introdotta da Berlinguer, composta da tre scritti e l’ orale finale, la Riforma Fedeli del 2018 ha abrogato il temuto terzo scritto e la tesina, integrando la globalità contenutistica della terza prova nel colloquio orale. Con il successivo arrivo del Covid-19, è stato necessario adeguare l’esame al distanziamento sociale, abbandonando quindi interamente gli scritti in favore di una prova unica. Il cosiddetto “Maxiorale”, sostenuto comunque in presenza, enfatizza ulteriormente la discussione multidisciplinare, e la capacità di ragionamento critico come nucleo della valutazione finale.
Nell’estate del 2020, l’esame è stato svolto interamente in forma orale presso la scuola da una commissione interna. Normalmente, i membri esterni sono invitati a far parte della commissione d’esame ma, durante la pandemia, il comitato è stato formato solo da membri interni. La progressiva internalizzazione della commissione, la riduzione dei contenuti oggetto d’esame, l’enfasi sui crediti scolastici maturati nel triennio: questi sono interventi che sempre più spostano il fuoco sull’individualità del percorso educativo piuttosto che sulla rappresentativa misurazione degli apprendimenti.
Le due prove scritte, che di solito facevano parte dell’esame, sono state abolite e integrate nel programma di esame orale. Uno dei due esami scritti è tradizionalmente correlato a una materia specialistica (matematica o fisica, o latino e greco). Questo non è continuato durante la pandemia. Le prove scritte finali sono infatti state convertite in un’analisi di un testo in diretta su video (prima prova) e la presentazione di un saggio scritto esteso concordato in anticipo con la commissione interna (seconda prova).
La modalità della nuova Maturità è stata mantenuta anche per l’anno scolastico appena concluso, con risvolti controversi: dalle più recenti rilevazioni, emerge una sproporzionata inflazione dei voti di uscita, con tassi di conseguimento del voto massimo senza precedenti. Un processo coerente con i trend degli ultimi anni: tra il 2018-2019 ed il 2019-2020 il conseguimento di voti superiori all’80 è passato dal 43,8% al 62,8%.
Emerge il malcontento degli educatori, che, come nel caso del Vicepreside del Liceo Manzoni, lo definiscono “Esame burla”. Ma l’idea che ormai la Maturità sia relegata ad un mero rituale di passaggio, per quanto importante, aleggia già da tempo tra gli insegnanti. “Una farsa” priva di alcun carattere selettivo o peso sulle carriere degli studenti, e in parte asservita al “falso mito” della valutazione oggettiva in un sistema frammentato di autonomie scolastiche.
Autonomia degli insegnanti negli approcci di valutazione
Per quanto riguarda la valutazione formativa del lavoro degli studenti durante l’anno accademico, i partecipanti alle interviste hanno rivelato che usavano metodi di valutazione altamente eterogenei, che andavano dagli esami a casa, saggi, prove orali, prove scritte e anche l’assegnazione di lavori di gruppo. Gli insegnanti hanno goduto di un grande grado di autonomia sia nella progettazione che nell’attuazione di valutazioni formative e sommative per la loro materia. La maggior parte degli insegnanti ha affermato che durante il lockdown l’approccio predominante era quello di evitare il più possibile una valutazione sommativa e formale. In molti casi, la valutazione dell’apprendimento degli studenti si è basata sull’erogazione di compiti on-line e compiti a casa. Gli insegnanti hanno trovato molto difficile mantenere gli stessi metodi formali di valutazione durante la pandemia. Come ha osservato un insegnante intervistato: Ho focalizzato la mia valutazione didattica molto più sulla partecipazione degli studenti ad attività comuni, che sulla valutazione formale, al fine di mantenerli attivi e impegnati. Per questo motivo, non ho utilizzato prove orali formali individuali. Li ho sospesi durante la chiusura delle scuole e l’insegnamento on-line
La maggior parte degli insegnanti intervistati ha suggerito che il cambiamento nel formato degli esami rispetto agli anni precedenti non ha impedito una rigorosa valutazione delle competenze e delle conoscenze degli studenti. Nel complesso, i risultati delle interviste indicano che la pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto minimo sulla capacità degli insegnanti di valutare efficacemente le prestazioni dei loro studenti. Un insegnante ha affermato:
“Il mio giudizio accademico non è stato influenzato dalla pandemia e ho ritenuto di poter mantenere lo stesso rigore e imparzialità di valutazione. Direi che è stata un’ottima idea non sospendere la Maturità. Sarebbe stato un disastro fare le cose come in Inghilterra e cancellarla all’ultimo minuto”.
Un’altra dimensione positiva della nuova Maturità è stata il nuovo peso dato agli studenti dai progressi cumulativi compiuti negli anni precedenti. La maggior parte degli insegnanti esprimeva nelle interviste il desiderio che questo approccio continui nell’era della valutazione post-Covid.
Paola Mattei e Lorenzo Vigevano
Per approfondire
- ANSA (2021), I ‘danni’ della Dad, 1 su 2 termina la scuola impreparato, ANSA.it, 14 luglio 2021.
- Ferrera, M. (1996). The ‘Southern Model’ of Welfare in Social Europe. Journal of European Social Policy, 6(1), 17-37.
- Miur (2019), #Maturità2019, pubblicati i primi dati sui risultati dell’Esame, miur.gov.it, 22 luglio 2019.
- Miur (2020a), Emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus. Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza, Ministero dell’Istruzione, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione, Nota Protocollare 388 del 17 marzo 2020.
- Miur (2020b), Maturità, pubblicati i primi dati sui risultati sull’andamento degli Esami. Un diplomato su due prende un voto superiore all’80, miur.gov.it, 16 luglio 2020.
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