L’offensiva ideologica nella scuola si fa sempre più pressante, il luogo che per antonomasia dovrebbe rispettare i principi del pluralismo, del contraddittorio e del primato educativo della famiglia (come stabilito dalla Costituzione italiana e dall’articolo 26 della dichiarazione dei diritti dell’uomo) è nelle mire di gruppi di pressione che vorrebbero avere l’egemonia della narrazione su tutte le tematiche sensibili della nostra società, dalla vita alla sessualità.
Chi tenta di mediare e di offrire altri punti di vista viene additato come censore. Questo è quanto successo al Giulio Cesare di Roma, dove la preside è finita nel mirino della stampa, dei sindacati e dei collettivi di studenti schierati politicamente per aver chiesto di riformulare due corsi extra-curriculari su aborto e gender.
A sgombrare il campo da ogni manipolazione o lettura parziale dei fatti ci pensa un comunicato rilasciato dalla stessa preside Paola Senesi che ricostruisce tutto la vicenda.
“Per quanto riguarda in particolare la proposta sul tema dell’aborto – si legge nel nota -, la Dirigenza ha ritenuto che essa non dovesse concentrarsi solo su una dimensione sociosanitaria, ma dovesse acquisire una maggiore rilevanza comprendendo anche altri aspetti essenziali della tematica, del resto principi fondanti della legge 194. I rappresentanti degli studenti non hanno inserito la proposta nella versione definitiva del programma da trasmettere al Collegio docenti né hanno riformulato la stessa né hanno riportato specifiche obiezioni in merito”.
Basta un po’ di buon senso per comprendere che la “lezione informativa sulla possibilità di un’interruzione di gravidanza” così come era formulata appariva come una semplice illustrazione tecnica di come poter abortire fatta a ragazzine per la maggior parte minorenni (nei licei ci sono studenti che vanno dai 14 ai 19 anni). Una impostazione questa sì inaccettabile, in tempi in cui non si fa altro che parlare della necessità di un’educazione all’affettività che non riduca la sessualità ad un mero esercizio fisico e che tenda conto anche della relazione tra persone, tra nascituro e madre e della custodia della fertilità. Insomma viviamo in pieno inverno demografico e nella più completa banalizzazione del sesso che spesso porta a comportamenti pericolosi per la salute psicofisica dei ragazzi (basta pensare al sexting, ovverro scambio di immagini intime sui social, e al revenge porn e ad altri fenomeni legati all’adescamento e al bullismo sul web) sarebbe quindi più opportuno un approccio alla sessualità piò profondo e, perché no, anche legato alla vita, al bisogno di esprimere amore e legami che vadano oltre l’effimero.
Ad ogni modo vale pena riportare tutte le osservazioni della preside. Per quanto riguarda il tema dell’identità di genere, la Dirigenza ha rimandato all’orientamento ministeriale che con la Nota n. 1972 del 15.09.2015 ha ribadito che “tra i diritti e i doveri e le conoscenza da trasmettere non rientrano in nessun modo né ‘ideologie gender’ né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo”. “Anche in questo caso – fa notare ancora la dirigenza scolastica – i rappresentanti degli studenti non hanno inserito la proposta nella versione definitiva da trasmettere al Collegio docenti”.
Infine viene fatto notare che “le modifiche apportate al programma iniziale non sono certo frutto di un atteggiamento “censorio”, ma dell’esercizio della funzione di indirizzo e valutazione delle proposte degli studenti sul piano formativo. Analisi insomma delle proposte stesse e in qualche caso invito alla loro riformulazione in modo da poterle inserire in un contesto coerente con i programmi scolastici e dunque in accordo anche con le famiglie il cui ruolo educativo è richiamato nel Patto di corresponsabilità sottoscritto ogni anno”. In definitiva, a fronte di un progetto educativo che affronta temi eticamente sensibili come l’aborto e le teorie dell’identità di genere, la preside ha legittimamente invitato a riformulare il progetto, per renderlo più plurale.
Oltre tutto per gli studenti minorenni è chiesto il requisito fondamentale del coinvolgimento/consenso dei genitori per quanto riguarda la partecipazione a corsi extracurriculari.
“Tanto le Linee Guida del MIUR in ordine all’art.1, comma 16, della Legge 107, a firma Ministro Valeria Fedeli, quanto la Circolare Ministeriale 19534/18 prevedono lo strumento del “consenso informato preventivo” da parte dei genitori ogniqualvolta si propongano attività non previste nel PTOF e che sono al di fuori del curricolo obbligatorio”, ricorda infatti il presidente del Family Day, Massimo Gandolfini, che esprime solidarietà alla preside. “La Dirigente ha una sola responsabilità – prosegue Gandolfini – quella di aver fatto il suo dovere, applicando leggi e norme stabilite, non soggette a libera interpretazione. In questo senso troviamo immotivato, volgare e vergognoso l’attacco mediatico cui la Preside è stata fatta oggetto”.
Al fianco della preside tante altre realtà del mondo associativo famigliare e scolastico. L’Associazione Articolo 26 – membro del FoNAGS, Forum Nazionale delle Associazioni di Genitori nella Scuola presso il MIUR, ricorda che la scuola pubblica non dovrebbe mai ammettere iniziative educative controverse dal punto di vista scientifico e divisive tra le famiglie, essendo tenuta a rispettare il pluralismo culturale e le diverse sensibilità di alunni e genitori, ai quali va sempre riconosciuto il primato educativo. “L’intento della preside – aggiunge -, va nella giusta direzione di rispettare tali principi fondamentali e di rinforzare correttamente l’alleanza educativa tra scuola e famiglia e merita l’appoggio di tutti i genitori italiani”. ProVita sottolinea che è surreale il linciaggio mediatico che da giorni la preside sta subendo solo per avere chiesto il rispetto delle regole.
Sulla vicenda interviene anche Alberto Gambino, presidente dell’associazione Scienza & Vita, schierandosi con la preside del liceo Giulio Cesare. La dirigente scolastica, afferma Gambino, “non ha approvato alcuni appuntamenti formativi della Settimana dello studente, concernenti l’interruzione volontaria di gravidanza e la cosiddetta identità di genere, è grazie a questa posizione che finalmente tantissimi genitori possono avere voce, in piena conformità a quanto stabilito dalle Linee guida del ministero dell’Istruzione”.
Marco Guerra
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