In quanto all’astensionismo, destra e sinistra condividono una responsabilità, di cui quest’ultima, in modo particolare, farebbe bene a farsi carico.
Infatti, non escluso che la chiave di volta dell’alternativa all’attuale maggioranza di governo sia sommersa da quella imponente somma di voti non espressi. È ovviamente impossibile dire secondo quali percentuali si distribuirebbero tra i due schieramenti. Ma è altrettanto difficile immaginare che verrebbero, in ogni caso, confermate le percentuali che sostengono l’attuale equilibrio politico-parlamentare.
Alla sinistra – questo dovrebbe essere il suo mestiere – competerebbe trasmettere al Paese una qualche strutturata ipotesi di sviluppo e di futuro, ma, in effetti, allude, tutt’al più, a qualche suggestione, ad esempio circa il “salario minimo”, che appare, però, sgranata, isolata; se mai, un appello o una provocazione, ma non un disegno.
Nel caso specifico – per limitarci a questo esempio – il tema del salario non dovrebbe essere considerato dentro una cornice tematica che sappia dare del lavoro una lettura all’altezza delle importanti trasformazioni che lo assediano da ogni parte? Continuiamo, di fatto, a considerarlo una mera “prestazione d’opera” funzionale al “profitto” e non, piuttosto, a quel versante della vita che produce valore. Valore, sì economico, ma anche, e forse, più valore umano e sociale? Soprattutto, porta di accesso alla piena assunzione di un ruolo di responsabilità , di piena fruizione e di pieno esercizio del diritto di cittadinanza?
E la postura sociale della sinistra si esaurisce nella “rivendicazione” sindacale oppure, accanto a questa, dev’esplorare altre frontiere? Peraltro, a fronte di questo nuovo “mondo del lavoro” – di cui ci hanno detto Roberto Pertile ed Isa Maggi, nel nostro recente convegno di Roma – non é forse necessario arricchire di nuovi contenuti la “dimensione sociale” dell’impresa, che, a sua volta, evoca una più avanzata concezione della stessa “imprenditorialità”?
E cosi’, sotto altri profili, e per altri ambiti programmatici, non sarebbe lecito attendersi che le forze politiche che si assegnano un compito di progresso, sappiano irrobustire di significato, arricchire di senso ciò che la destra concepisce solo, tutt’al più, in termini di amministrazione dell’esistente, se non peggio?
Noi siamo fatti per dare un senso alle cose del mondo; per riconoscerlo dove si mostra, per disseppellirlo dove si nasconde, addirittura per crearlo e riservarlo sulla realtà che ci sta attorno, dove sembra prevalere il disordine. È una condizione generale che vale per le singole persone e per la persona collettiva della comunità, della quale anche la politica dovrebbe farsi carico per corrispondere al compito che le spetta.
Senonché, chiamata ad affrontare – sul piano interno ed internazionale, in ordine all’impegno politico ed alle mutazioni drastiche dello scenario socio-culturale in cui la politica è immersa e sommersa – una fase inedita della storia, cui avrebbe dovuto saper rispondere, la sinistra si è smarrita e non riesce a ritrovare il bandolo. Ha compreso che le vecchie categorie interpretative sono superate, ma, persa per strada la sua antica ed originaria vocazione popolare – sia nella versione cattolico-democratica, sia in quella di ascendenza marxista – è arrivata nuda alla metà del confronto con il tempo della post-modernità. Non ha saputo far altro che riempire il vuoto acquistando, sul mercato delle culture e delle opzioni possibili, una ideologia di stampo “radicale” nella quale mostra di voler credere, eppure e’ come se non sia esattamente ritagliata sulla sua pelle.
Non a caso l’argomento dominante, la cifra che ha caratterizzato la sua compagna elettorale del settembre ‘22, è stata rappresentata dal tema dei “diritti civili”. Di cui nessuno nega il rilievo, senonche’ essi non vanno confusi con i desideri e, come ogni diritto, vanno concepiti in relazione ai corrispettivi doveri.
Nel caso specifico, i “diritti civili” vanno, peraltro, considerati in un rapporto di reciprocità e di simbiosi con i “diritti sociali” che INSIEME ha assunto come priorità, cominciando dal lavoro, della sua proposta politica.
Domenico Galbiati