Il “campo largo” è una sorta di impalcatura perennemente in divenire. Ogni volta che stringi un bullone allenti gli altri, per cui hai voglia a destreggiarti e correre affannosamente da una parte all’altra, come deve fare la povera Elly Schlein, nella vana speranza di stabilizzarlo e dargli una fisionomia definita.
L’ intervista rilasciata da Giuseppe Conte al “Corriere della Sera” è, in tal senso, emblematica e di una palmare evidenza. Il due volte ex-Presidente del Consiglio, cui l’Elevato, Beppe Grillo, ha concesso in “comodato d’uso” il Movimento 5 Stelle, introduce il concetto di “campo giusto” che sembra alludere ad un criterio di qualità politico-programmatica del rapporto tra i contraenti, piuttosto che a un dato meramente spaziale e quantitativo. In effetti, l’impressione che si ricava è che Conte le canti alla nuora per darla a d’intendere alla suocera.
L’anatema – ad un tempo politico e morale che, a torto o a ragione, poco importa – scaglia contro Renzi ha il sapore di un sottile ricatto nei confronti della Schlein, quasi che un amante geloso volesse rivendicare l’esclusività del rapporto. Come in ogni “triangolo” che si rispetti, la vera o presunta infedeltà dell’uno ricade sull’altro e si riverbera sul terzo incomodo, figura quest’ultima che ciascuno dei tre incarna nei confronti degli altri due. Dunque, una giostra impazzita, che si innalza come una spirale di fumo e smarrisce talmente il contatto con la ragione originaria del rapporto da scordarla del tutto.
La politica, la proposta politico-programmatica da proporre al Paese si sfilaccia in parti separate che – anche laddove ciascuna avesse un suo “appeal” elettorale – non sono componibili in un disegno che abbia una sua coerenza complessiva.
Insomma, un disegno non c’è e, soprattutto, mancano le condizioni per lavorarci seriamente. Tanto più che, per non lasciare nulla al caso, Conte e Renzi si accusano reciprocamente di “intelligenza con il nemico”, che, in tempi di belligeranza, rappresenta una colpa emendabile solo con la fucilazione.
Il rischio sarebbe – ma non succederà – che gli italiani si appassionassero a tale disputa fino ad imprimerla nella memoria così da rinverdirne il ricordo quando saranno chiamati alle urne della prossima consultazione politica. Se la sentiranno di trasferire – se ci passate il termine – tutto ‘sto casino dai banchi dell’opposizione a quelli del governo, consegnandogli il Paese?
Oppure, sia pure a fronte di un programma che, infine, dovranno pur tirare a lucido, gli italiani finiranno per pensare che, tutto sommato, rispetto a questa fiera indegna, il governo delle destre possa essere considerano – bon gre’, mal gre’ – un “buen retiro”? Ed intanto Elly soffre – o assapora ? – la sua solitudine.
Domenico Galbiati