Sospiro di sollievo: nel Pd non si litiga più, almeno per la prossima settimana. Miracolo di Zingaretti. Gli è bastata pronunciare la formula magica: “Vocazione maggioritaria”. Applausi in sala, la direzione si chiude senza un voto ma con una stretta di mano con i renziani di Guerini.
Non par vero: hanno appena scoperto di non essere ancora morti che dalla linea di galleggiamento annunciano l’intenzione – e la certezza – di risalire su fino al pennone.
Verrebbe da dire che le pulci hanno la tosse, ma non lo facciamo perché di questi tempi anche le pulci hanno ottime ragioni per tossire. Sei anni fa Salvini era al 4 percento. Non dimentichiamolo mai.
Ma Salvini, in un modo o nell’altro, prima di dare inizio alla rimonta, il dibattito interno lo aveva domato, magari a suon di commissariamenti.
Al Pd, bisogna ammetterlo, certi trucchetti non li fanno, e fanno bene. Solo che a questo punto si dovrebbero sentire costretti a risolvere politicamente le loro tensioni interne, senza rifugiarsi in soluzioni di ripiego (tipo non nominare Lotti invano) o rilanciare la palla lontano, verso un futuro di popoli.
Invece no: fanno l’una cosa e l’altra; la rimonta si allontana e si avvicina. Ineluttabile, il momento in cui Renzi Lotti e Calenda, ma anche Guerini, troveranno finalmente la scusa per sbattere la porta. Ma non sarà un problema: basterà mantenere la vocazione maggioritaria e prima o poi qualcuno, magari nel mondo cattolico, si farà prendere all’amo.
E sarà invitato a stare a guardare mentre la destra salviniana continua, imperterrita, a distruggere il Paese.
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