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La voce del “padrone”

La Voce del padrone fu il nome di una famosa casa discografica e di un album di Franco Battiato. Tutta musica, insomma. Ma in queste ore lo si potrebbe adattare anche alla politica.

Ieri abbiamo commentato la creatività politico costituzionale di Giancarlo Giorgetti ( CLICCA QUI ) con la stravagante idea di vedere Mario Draghi dal Quirinale fare anche il Capo del governo. Aldilà della valutazione delle ardite proposte d’ingegneria costituzionale, c’è da considerare che il discorso di quello che è stato sempre considerato il più “democristiano” capo leghista, e quel democristiano per qualcuno è un epiteto negativo e per altri lodi di supposte astute capacità tattiche, in realtà c’è la sostanza di tutta la rotta di collisione su cui da tempo si sono indirizzati Giorgetti e Salvini che indicano alla Lega diversi percorsi da seguire e differenti prospettive da coltivare.

Semplifichiamo: Giorgetti vorrebbe una Lega più filo europea, più tranquilla, più in grado di gestirsi il potere acquisito senza tanti voli pindarici verso l’idea di creare una destra nazionale e, meno che mai, della compromissione in una destra europea che, soprattutto se concepita con Orban, porta direttamente allo scontro duro con Bruxelles.

Però, Salvini insiste. Arriva a incontrarsi con il leader ungherese proprio mentre Giorgetti parla d’altro. Corre ad abbracciare il brasiliano Bolsonaro che non è possibile proprio associare all’idea della conduzione di una politica moderata, pacata e tranquilla. Alle flebili proposte di Giorgetti, che con questi suoi atteggiamenti felpati in effetti potrebbe somigliare a qualche allievo di personaggi dc tipo Emilio Colombo ed Arnaldo Forlani, Salvini risponde come sa fare lui facendo sentire la “voce del padrone”. Con il suo piglio decisionista fa sapere che si farà un Consiglio nazionale della Lega. In poche parole avverte Giorgetti che pensa di fargli vedere i sorci verdi, e non solo per ricordare il colore tanto amato dai leghisti della prima ora.

E’ ancora presto per dire come finirà. C’è già un’ampia letteratura al riguardo. C’è chi dice che Matteo sia in grado di mangiarsi con un sol boccone Giancarlo e chi, invece, racconta di un Salvini chiamato a rendere conto di quel che sta facendo di fronte ad un “sinedrio” leghista, fatto, oltre che da Giorgetti, pure da Zaia, Maroni e Fedriga.  Si tratterebbe di un consesso non proprio ben disposto nei suoi confronti.

Sarà vera una tesi? Vera l’altra? La cronaca ce lo racconterà. Salvini, intanto, va avanti come se niente fosse. Anche se sa che tante insidie gli vengono proprio da quel campo della destra che lui voleva tanto coltivare e tanto colonizzare. La Meloni lo sorpassa e Berlusconi che gli ammicca a metà non dovrebbero proprio fargli dormire sonni tra i più tranquilli. Per ora fa la voce del padrone perché è attaccato a Draghi e non lo molla, ovviamente con la speranza di non esserne mollato.

Ma anche da sinistra, approfittando delle dichiarazioni di Giorgetti, si è levata quella che si potrebbe definire un’altra  “voce del padrone”. Quella di Stefano Bonacini che ha fatto sentire a nome dell’apparato, ciò che Pierluigi Bersani definisce sempre “la ditta”,  per ribadire che loro a cambiare le cose non ci pensano neppure e che, quindi, è inutile fare tanti discorsi su semipresidenzialismo, sulla visione parlamentare delle Repubblica, e così continuando, perché l’unica cosa che conta è il sistema maggioritario. Quello che, in effetti, sia pure lungo fasi alterne in virtù delle quali si è accontenta una volta la destra e un’altra la sinistra, ha sempre consentito alla “ditta” di sopravvivere e neppure male. Peccato che andando avanti così è stata l’Italia a ritrovarsi maluccio.

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