Il Parlamento Europeo ha scritto una brutta pagina della propria storia. Non si tratta di essere credenti o meno.
La pretesa che il diritto all’aborto sia uno dei pilastri fondativi su cui costruire l’Europa è un azzardo inaccettabile. Che sia inaccettabile lo dice la ragione. Nemmeno c’è bisogno di scomodare la fede.
L’aborto è, in ogni caso, anche per chi sia convinto che si tratti di un diritto, un dramma, destinato a lasciare una traccia profonda ed indelebile nel vissuto della donna. Ed è un azzardo consentire che la costruzione dell’Europa sia accompagnata e conviva con l’assuefazione diffusa ad una mentalità talmente distorta, disattenta, sfuocata in ordine al valore della vita umana.
Tutto si tiene. Non è vero che vi sia un solco che separa le questioni etiche da quelle sociali così netto da consentire che queste ultime possano essere rivendicate a dispetto delle prime, prescindendone con una supponenza ed una superficialità sbalorditive.
Se il valore della vita fosse ascrivibile ad una convenzione sociale, fosse pure universalmente condivisa, ma, di fatto, di natura storica e contingente e, dunque, assoggettabile alla discrezionalità del momento, rischieremmo di costruire su un terreno paludoso. Il diritto alla vita va riconosciuto come originario, intangibile e, dunque, fondativo della convivenza civile in ogni suo aspetto.
Purtroppo la vince, anche per molti cattolici, l’adesione, spesso opportunistica, alla mentalità prevalente di un momento storico confuso. Il falso perbenismo del “politicamente corretto” si dissolve in un’aura emozionale vischiosa ed equivoca, in un atteggiamento di scivoloso e dolciastro sentimentalismo, in profili e criteri di comprensione del valore in gioco che andrebbero salvaguardati con determinazione ferma. Non solo da chi crede nel valore trascendente della persona, ma da chiunque avverta come la vita sia un dono che suscita meraviglia e stupore, cosicché chiede, a sua volta, di essere donato.
Valgono oggi, a fonte della risoluzione adottata dal Parlamento Europeo, le stesse considerazioni sviluppate, su queste pagine, all’inizio del mese scorso, quando l’ Assemblea Nazionale francese ha introdotto il diritto all’aborto nella Costituzione dei nostri cugini d’oltralpe (CLICCA QUI). E vale lo stesso auspicio che la politica possa riconoscere la necessità di una vera e propria “rifondazione antropologica” delle categorie con cui è chiamata ad affrontare un tempo straordinario qual è il nostro.
Domenico Galbiati