I salari sono fermi. Quindicimila esuberi annunciati da Stellantis (ex Fiat). Molti contratti di lavoro di categoria non si rinnovano da tempo. La sanità, già carente di risorse, si vede tagliare i costi. L’imposta sui super profitti delle banche, che quest’anno hanno utili miliardari, renderà zero all’orario per una scappatoia intervenuta in sede di conversione del decreto.
In compenso, il PD riempie le piazze con una manifestazione contro la manovra economica che non è ancora approvata dal Parlamento. E di suo, il leader della CGIL, Landini, promuove uno sciopero nazionale “a pezzi” (poi ridimensionato dopo l’intervento del garante nazionale degli scioperi) che il ministro Salvini attacca sparando a palle incatenate: bel risultato per il sindacato di sinistra che rilancia politicamente Salvini.
Intanto, la proposta di riforma costituzionale, con il “premierato” da elezione diretta dal popolo, in forme che non esistono in nessun paese al mondo, inizia il suo cammino parlamentare, e tutti zitti ad eccezione di qualche costituzionalista inorridito e pochi altri. Se il governo riformasse le concessioni delle spiagge ai bagnini, anziché la Costituzione, forse sarebbe più opportuno visto che da Bruxelles è partita la procedura di infrazione per i continui rinvii.
Tutto ciò mentre entriamo in recessione e il primato italiano della ripresa economica, tanto conclamato lo scorso anno, è già perso. Anzi, saremo penultimi per crescita del PIL in Europa e forse ultimi per il rapporto con il debito pubblico.
Ma che cosa succede al nostro Paese? La stabilità con l’alternanza di due forze doveva essere ben altro secondo l’intuizione di Aldo Moro. Oggi, per la incapacità di troppi personaggi ed interpreti della politica, questo tipo di alternanza rischia di diventare un catenaccio che nemmeno la difesa della Juventus si immagina.
Quanto ci vuole perché i partiti al potere si rendano conto che avere la maggioranza non significa avere sempre ragione? Tanto più in un Paese complesso come il nostro.
Forse sarebbe tempo che i partiti dell’opposizione organizzassero un “governo ombra”, come avviene in alcuni paesi, e siano così in grado non solo di riempire le piazze ma di fare anche proposte di legge serie su sanità, scuola, lavoro e altro ancora. Per il salario minimo lo hanno fatto e bene, perché non continuare?
Il governo reale ti premia perché puoi distribuire centinaia di centri di potere, solitamente ben retribuiti, mentre il “governo ombra” può offrire solo fatiche. Ma è qui che si misura la politica e chi la fa: non solo dissenso da parte di chi fa opposizione ma anche capacità di alternativa ben organizzata e dimostrabile nei fatti.
Guido Puccio