Il tentativo di Giorgia Meloni e dell’ottimo Salvini di blindare, negandole, le responsabilità del Governo nella tragedia di Cutro sono una manifestazione di debolezza, in nessun modo di forza, tanto meno di autorevolezza da parte dell’ esecutivo.
Forza e debolezza di un governo trapassano facilmente dall’una all’altra ogni qual volta si va oltre il sottile crinale dell’arroganza che alimenta comportamenti intolleranti a fronte di ogni opinione dissonante. Come se l’architettura complessiva del Governo fosse sostenuta da accordi talmente rigidi da essere messi in pericolo al solo sottrarre una tessera dall’ intera impalcatura.
A dispetto di molte falle, anche ieri emerse nel corso del dibattito parlamentare sul dramma avvenuto sulle coste di Crotone. E si è continuato a provare di far diventare le domande rivolte al Governo sulle ombre che ancora restano sulla “catena di comando”, che sarebbe dovuta intervenire, come una critica agli uomini che su quel mare si sono messi alla ricerca del barcone poi affondato, e agli altri che, invece, non sono stati fatti uscire. Eppure, a leggere i resoconti dei giornali lo avrebbero voluto fare. La responsabilità di quei morti, insomma, è e resta politica.
Così come resta politica la responsabilità di limitarsi a guardare il fenomeno degli immigrati solo per ciò che riguarda il problema degli sbarchi e degli scafisti. E, invece, si trascura tutta l’analisi dei motivi per cui quella gente sfida la sorte nel Mediterraneo, come accoglierli dignitosamente e come organizzarsi per integrarli. Si è giunti a prendere del Papa solo la frase sugli scafisti, quando da anni Francesco predica sulla necessità di fare tutto il resto. E che la questione confermi la debolezza di un’intera classe politica, non è solo cosa che riguardi i partiti di maggioranza, lo conferma uno scontro politico che continua ad andare avanti per luoghi comuni, come ci dice l’intervento di Natale Forlani in merito alla correlazione possibile tra flussi migratori verso il nostro Paese e il lavoro (CLICCA QUI). Anche tutte le discussioni dei giorni scorsi conferma la necessità che il tema migranti venga assunto con una valenza nazionale, ed europea, destinata ad andare oltre la mera contrapposizione politica tra una parte e l’altra.
Intanto, siamo costretti a seguire le conseguenze che la sciagura, evitabile, di Cutro sta portando nel sistema politico dove l’estremizzazione delle posizioni va esattamente contro quello che sarebbe necessario fare e ragionare su un fenomeno epocale che richiede interventi ragionevoli e sostenibili. Quelli che ci ha indicato due giorni fa Primo Fonti (CLICCA QUI), a partire dalla revisione della Legge Bossi – Fini (CLICCA QUI).
Dobbiamo constatare come Piantedosi non possa essere “dimesso” perché rischia di venir giù tutto il castello. Mentre in un altro paese sarebbe già bastata la sua sciagurata frase sulla disperazione che non giustifica il mettersi in viaggio con i figli, ma su questo abbiamo già detto (CLICCA QUI) per giungere a delle conseguenze che non giungono. Una frase che rivela un sentimento, la mancanza di conoscenza di un intero fenomeno e l’idea che tutto si risolva impedendo il mettersi in mare. Le sue dimissioni sarebbero almeno un bel gesto, una attestazione, sia pur tardiva, di rispetto per le decine e decine di vittime, sostanzialmente irrise dalle sue esternazioni fuori luogo. Non cambierebbe nulla sul piano della drammatica fattualità dell’ evento, eppure la sostanza delle cose è fatta anche dal tenore morale e dal sentimento civico che le accompagna. Non sarebbe male dimostrare agli italiani – ed a chi ci osserva dall’ estero – che la nostra classe politica ha la capacità di riconoscere i propri errori e pagarne il prezzo.
E’ successo altre volte, anche per molto meno. Il governo ne uscirebbe rafforzato. Francamente, temiamo che non succederà e finisca per prevalere un atteggiamento di altezzosa superiorità – peraltro già apparso in altre occasioni – di un governo che non ammette repliche. Ne dovremmo tristemente concludere che l’arroganza è un cemento indispensabile alla stabilità del governo Meloni.