Una via di mezzo tra il Braveheart di Mel Gibson e Jake Angeli, lo Sciamano di Capitol Hill. Forse non se ne rende conto, ma Matteo Salvini, mentre solletica la pancia dei peggio dei suoi, rischia di rendere ridicola anche la sua vicenda processuale. Oltre che mostrare la paura di una condanna.
Sentiremo l’arringa della difesa. E forse il tentativo di trovare il modo di accontentarsi di una condanna “minore” nel caso fosse dimostrato che, da Ministro, ha applicato decisioni sue dirette a salvaguardare i “sacri confini”, ma che cozzano con i Diritti Universali, le Leggi del mare e quelle europee.
Finora abbiamo sentito lui, la sua avvocato difensore, compagna di partito, e gli alleati di governo buttarla in politica e fare, così, quello che rimprovera all’accusa. Ma i magistrati cosa dovevano fare di fronte a delle denunce presentate da quelli che oggi sono le parti civili, le cui voci sono del tutto trascurate dai grandi organi d’informazione? E cosa dovevano fare dopo che la Camera in cui sedeva il Capo della Lega aveva concesso l’autorizzazione a procedere?
Si difenda nel processo e non dal processo come sono costretti a fare tutti i normali cittadini e, del resto, abbiamo visto fare a molti altri politici nel passato. Si contenti del sostegno venuto da quel “principe” dei Diritti che risponda al nome di Orban. Ma lasci stare le mobilitazione popolari che non possiamo definire alla “amatriciana” perché lui è milanese, ma come un piatto alla pecoreccia dello stesso tipo … che pure la cucina leghista avrà.