Si legge sui principali organi di stampa che la Cgil, tramite il suo Segretario generale Landini, propone di tornare all’art 18 dello Statuto dei lavoratori (quello che regolava le modalità di licenziamento ) per dare una prospettiva di occupazione stabile ai dipendenti aziendali. Si auspica un ritorno al passato, nella convinzione che ciò che conta sia il conflitto di classe, non puntando sulla qualità della gestione del cambiamento come vera garanzia di crescita economica e sociale.
La nostalgia per il passato copre un’inerzia strategica. Per la CGIL ripristinare l’art 18 dovrebbe assicurare i risultati, considerati positivi, dello scontro sociale degli anni sessanta. Si ritiene, cioè, di dare contenuto al futuro con un piano strategico del passato.
Tutto ciò non può condizionare il “business plan” di un’azienda dell’oggi concentrata su una prospettiva di cambiamento in tutte le sue sfumature, piuttosto che non sulle ceneri di fuochi passati. Fondamentale è la progettazione di un futuro migliore di crescita, inclusa la componente occupazionale, che ne consegue quando l’identità dell’impresa si sviluppa nella sua piena potenzialità. Attualmente, non è il denaro il tema centrale di un’impresa visto come tornaconto egoistico. Il focus sta nell’assicurare il futuro all’azienda con un cambiamento continuo di innovazione giorno dopo giorno.
Ragionare sull’art 18 significa evidenziare la fragilità del sistema produttivo che ha radici lontane ed è decisamente in ritardo rispetto al mercato internazionale. Questa debolezza può essere superata grazie al cambiamento strategico e organizzativo che, per definizione, è un processo di trasformazione che coinvolge anche il fattore lavoro.
La trasformazione dell’azienda, inserita nel cambiamento per un futuro migliore che preveda livelli occupazionali in crescita, si caratterizza per alcuni altri necessari punti di riferimento.
Innanzi tutto, va prevista la partecipazione dei lavoratori agli organi aziendali; e va riconosciuto il loro apporto al processo di accumulazione aziendale con la partecipazione agli utili dell’impresa. Ne consegue una tutela della remunerazione del fattore lavoro, tutela rafforzata da un fisco concepito per la crescita. A livello erariale, infatti, andrebbe maggiorata la tassazione delle rendite finanziarie. Naturalmente, il conseguente maggior gettito va destinato a una riduzione della tassazione dei redditi da lavoro dipendente.
I livelli occupazionali a medio-lungo termine si rafforzano anche con politiche attive in materia di formazione professionale. Queste politiche attive vanno finalizzate all’incontro tra domanda e offerta di personale qualificato. In tale contesto, la tutela della donna lavoratrice va a rafforzare la base occupazionale.
Infine, l’occupazione in fabbrica, e non solo, è tutelata dagli investimenti in tecnologia che producono margini di utile che giustificano alti stipendi. Quindi, un mondo del lavoro partecipato, inclusivo, professionalizzato, tecnologico, competitivo garantisce la progettazione di un futuro occupazionale molto più sicuro e duraturo di quanto non riesca ad assicurare la rigidità contrattuale dell’art 18.
Roberto Pertile