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Le città metropolitane e l’utilizzazione del Pnrr – di Antonio Troisi

Nella legge di Stabilità 2022 lo Stato mette, ancora una volta, mano al portafoglio per un aiuto a quattro importanti citta metropolitane  in difficoltà innovando, tuttavia, profondamente rispetto ai precedenti interventi. Infatti, il sostegno ventennale viene offerto in cambio di un “Accordo per il ripiano del disavanzo e d il rilancio degli investimenti “da sottoscrivere con il Presidente del Consiglio dei Ministri, articolato in nove misure di risanamento,  insieme all’impegno ad utilizzare i fondi del PNRR per incrementare gli investimenti del 5%.

Va rilevata  la novità di uno Stato che, questa  volta, non si comporta come Padre Zappata predicando bene e razzolando male ma, predicando  bene (conciliare ripiano del disavanzo  con aumento degli investimenti) e non razzolando male. Opportunamente, si indica nell’utilizzo dei fondi del PNRR la fonte finanziaria dell’aumento degli investimenti, essendo le entrate  impegnate a coprire e riparte i costi del risanamento.

Rimane  da individuare il modello atto ad abilitare all’incasso dei citati fondi, tenendo presente che il  PNRR rifiuta il rinvio ad  innovazioni normative ed accetta solo  le riforme abilitanti , interventi funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano l’attuazione.

Pertanto, trattandosi di  citta metropolitane, va individuata la riforma abilitante che elimini l’ostacolo procedurale all’utilizzo delle nuove risorse, rappresentato dal “deragliamento” delle Citta Metropolitane che, a sette anni dalla loro istituzione,  non hanno ancora assunto il ruolo di Motore dello sviluppo economico loro attribuito dalla leggen.56/2014.

Questo insuccesso è da imputare alla  vecchia  P.A. per  Procedure che, attenta solo alla conformità a vincoli giuridico/burocratici, ha reso impossibile   individuare l’atto d’indirizzo  necessario per elaborare il Piano  strategico, indispensabile per  assumere il ruolo di Motore dello sviluppo economico.

Questo ostacolo procedurale è stato  rimosso dal modello della “Qualità delle Istituzioni “di Mario Draghi  che, recepito dalla riforma  costituzionale del 2012 e tradotto in norme ordinarie dalla legge n.56/2014 e conseguenti provvedimenti, ha sostituito la vecchia Amministrazione “per procedure “con quella “per risultati “, attenta non solo alla conformità alla legge ma anche alla necessità della rendicontazione .del controllo e della valutazione dei risultati dell’azione pubblica. E stato cosi possibile individuare l’atto d’indirizzo  necessario per elaborare  correttamente (ex comma 44 art.1 legge n.56/2014) i piani strategici.

In realtà, il vecchio schema dell’Amministrazione per procedure ha determinato  una  sovrapposizione tra il piano  strategico della Città Metropolitana (deve razionalizzare le risorse esistenti senza ricorrere a risorse aggiuntive) ed il bilancio (deve realizzare l’equilibrio tra entrate e spese ) che, invece, la legge n.56/2014,nettamente  distingue.

Ne è derivata la massima discrezionalità nell’individuare i criteri di erogazione all’interno dell’area metropolitana  e l’emarginazione dei comuni esterni. impossibilitati a beneficiare dei risultati ottenuti nel territorio metropolitano nel  quale, si concentrano le maggiori opportunità in termini di crescita economica ed attrazione di investimenti.

Invece, con il nuovo schema di P.A., evitando l’errore della sovrapposizione, è possibile individuare nella misurabilità empirica delle interdipendenze fiscali l’unità di analisi e d’intervento che governa la logica d’interdipendenza e di mutuo vantaggio, valida all’interno dell’area metropolitana ed atta ad estendere anche  alle aree esterne i risultati  ottenuti. In tal modo si “assicura la collaborazione tra Italia metropolitana e Italia non-metropolitana sulla quale si gioca lo sviluppo economico e civile dell’intera nazione.

Pertanto, la  trasformazione delle città metropolitane in “Motori dello sviluppo economico “, assicura, l’incasso dei fondi del PNRR e la loro destinazione a sviluppare le funzioni fondamentali, garantendo cosi l’incremento  degli investimenti richiesto dall’Accordo.

In questo senso, interessanti spunti sono riscontrabili nel Piano strategico dell’Area Metropolitana torinese (Torino 20/V/2016 ), il più difficile perché relativo al territorio più esteso :315 comuni divisi in 11 zone omogenee.

E’ stato possibile, con la citata unita di analisi e d’intervento, risolvere il problema della “polverizzazione “dei comuni, estendendone anche  ai territori esterni detto risultato positivo, saldando il Piemonte metropolitano col Piemonte non metropolitano. Con questa logica viene anche risolto il problema del governo delle “città intermedie” che affligge le sette regioni prive di citta metropolitane. Infine, la collaborazione tra Torino, Napoli, Reggio Calabria e Palermo eliminerà per sempre la vecchia contrapposizione tra il sindacalismo territoriale della Lega e il meridionalismo “piagnone” per un federalismo municipale solidale ma responsabile.

In conclusione, ritengo che, per i motivi accennati, i quattro sindaci in questione non avranno difficoltà a conciliare  i due aspetti del Piano di rientro perché l’irrobustimento della “qualità delle istituzioni locali “segna la fine di  una finanza locale che, considerata un bizzarro bancomat della finanza statale, provvede al risanamento ricorrendo a  tagli orizzontali alla spesa.

Pertanto, è necessario che la logica del Patto di rientro governi il rapporto complessivo  PNRR/Enti Locali, perché renderebbe il 40% della spesa  pubblica funzionale ai vincoli UE. Verrebbe, così, assicurato un utilizzo delle risorse del PNRR  atto a garantire produttività della spesa, crescita, diminuzione del debito pubblico, del divario Nord/Sud  ed, anche l’immediato incasso. Infatti, a differenza delle altre riforme (fisco, giustizia ecc), trattasi di una riforma già in vigore dal 1/01/2016 ed anche corredata  della valutazione del relativo impatto economico.

Antonio Troisi

 

 

 

 

 

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