Vicenzo Ortolina è un amico della Lombardia che ha svolto una importante attività politica ed istituzionale. Egli riceve quotidianamente Politica Insieme. Non gradisce sempre quello che pubblichiamo. Nell’ultimo messaggio se la piglia particolarmente con me, accusato di demonizzare abitualmente il Pd. Non so cosa penserà di quanto pubblico a seguito dell’intervento di ieri di Domenico Galbiati (CLICCA QUI). Per me è la conferma che non è vero che ce la prendiamo solo con la sinistra.
Apprezzo il suo concetto di fondo, però: qualcosa si può combinare. La situazione è tale che è doveroso dire: lo si deve! Soprattutto, partendo da un presupposto per me irrinunciabile: Politica Insieme è nata con le idee ben precise sull’impegno politico che dovrebbe riguardare una buona parte dei cattolici e dei laici. E cioè prendendo le mosse dalla considerazione, alla morotea, che l’intero sistema politico dev’essere scomposto e ricomposto, meglio sarebbe dire trasformato. Un bipolarismo che in molte occasioni è stato bipartitismo. Lo è stato quasi sempre a livello nazionale fino al 2018, e sempre quasi dappertutto a livello regionale e locale. Forse è per questo se è andata sempre più emergendo la novità rappresentata dalla presenza delle liste civiche, ovviamente quelle che non sono “farlocche” perché inventate di sana pianta sia dalla destra, sia dalla sinistra.
Non è un caso che Politica Insieme sia stata una delle principali animatrici della nascita del partito INSIEME che, come i nostri lettori avranno ben capito, crede nell’autonomia dalla destra come dalla sinistra, vuol’essere partito programmatico e vuole far emergere facce nuove, indipendentemente dalla data di nascita segnata sulle loro carte d’identità.
Politica Insieme è soprattutto una palestra di pensiero politico. Perché l’autonomia, che si badi bene non significa solitudine autoreferenziale, la capacità programmatica e il nuovo personale politico si concretizzano se si riflette, ci si confronta e si dibatte, pronti ad accettare il contraddittorio, critiche e se, necessario, feroci commenti.
Così non posso non plaudere all’atteggiamento di Vincenzo Ortolina che, dopo un’approfondita riflessione, ha deciso non di mandarci del tutto al diavolo com’era tentato di fare, ma di verificare se qualcosa “insieme, si può combinare”. Certamente. E quel che ci aspetta credo spingerà in una tale direzione.
Prima, però, di dare direttamente la parola a Vincenzo Ortolina attraverso il messaggio che mi ha inviato, vorrei fare un’ultima precisazione in relazione a ciò che scrive sull’ispirazione cristiana. Essa non presuppone una scelta tra il pensiero di Papa Francesco e le esternazioni, a volte davvero surreali, di mons Viganò o di Steve Bannon. Ortolina ha una laurea su Luigi Sturzo, ed io su Giuseppe Donati. Entrambi, sappiamo bene che l’ispirazione cristiana in politica non può che avere una sola fonte: quella del Pensiero sociale della Chiesa. Un pensiero che, nel corso del tempo, è stato precisato e messo in pratica da gente come Maritain, Mounier, Sturzo, De Gasperi e Moro. Dal Rosmini in avanti un lungo filo rosso si è dipanato nel cattolicesimo laico europeo ed italiano dando vita a quel cristianesimo democratico e popolare a proposito del quale mi sono permesso di far notare una qualche differenza di valutazione rispetto a quella del cardinale Ruini (CLICCA QUI).
Giancarlo Infante
Stavo pensando da tempo di cancellarmi dall’elenco dei vostri lettori, infastidito in particolare dall’atteggiamento di Giancarlo Infante, abitualmente demonizzatore o quasi del Partito democratico e dei catto-dem (quorum ego) che ne fanno parte, poi leggo, in ritardo, il suo bel pezzo su “Il cardinale (Ruini) e la Meloni”, e scopro di poterlo condividere persino nelle virgole. Come del resto non mi dispiace il pezzo di Galbiati su “L’inchino di Berlusconi alla destra”. E allora mi dico: vivaddio! Qualcosa, insieme, si può combinare, anche senza illuderci, penso io, di convenire sull’idea di un partito “d’ispirazione cristiana” (tema sul quale tornerò con un altro mio pezzo), non essendo più tale ispirazione, tra l’altro, di evidentissima interpretazione (c’est à dire, per fare un esempio: un’ispirazione che si rifà, oggi, a Papa Francesco, oppure ai mons. Vigano’ e agli Steve Bannon? E credo che c’intendiamo, parlando di ciò). Oggi, però, leggo il pezzo senza firma “Se il Pd pensa di salvarsi con nani e ballerine”, che attribuisce di fatto la totale responsabilità o quasi del trionfo della Meloni, o comunque della dèbacle del centro-sinistra piddino, a Letta.
Prescindendo allora da altre mille considerazioni, mia convinzione in proposito è invece che il segretario Pd ha fatto l’impossibile a provare a costruire un “campo largo” vincente, capace di contrastare, appunto, il “destracentro”. Poi però accadde che tal Calenda, nientemeno che il giorno successivo all’accordo con Letta -il quale ovviamente, anche da cattodem, pensando a un “centrosinistra”(magari senza un trattino troppo marcato tra “centro” e “sinistra”), voleva correttamente coinvolgere, oltre che, appunto, il “centro”, anche la “‘sinistra” di governo-, ha rotto i ponti, creando il suo “Terzo polo”, al quale si è aggregato inevitabilmente il Matteo Renzi (da me sostenuto quale segretario del Pd, e invece detestato -politicamente parlando, ovviamente- quando ha fatto la scissione), ormai riconvertito o quasi al “neicentrismo”, ma soprattutto preoccupato, dico con un pizzico di malizia, di doversi contare, dopo le elezioni, da solo. Un Terzo polo che aspirava a raggiungere il 12% e che ha preso invece poco più della metà di detta percentuale, rubando di fatto voti soprattutto al Pd, non al destracentro, e favorendo dunque indirettamente la Meloni. Da parte sua, il Giuseppe Conte, pur dopo l’esperienza (impensabile) di governo, da premier, nientemeno che col leghista oltranzista Matteo Salvini, si sente ora quasi come “El Che Guevara de noantri”, il capo della ‘nuova sinistra’, sfruttando bene, al Sud, l’iniziativa pentastellata del “reddito di cittadinanza” (che io stesso, peraltro, non critico se non condividendo l’idea che il suo meccanismo va rivisto)..Anche Conte accusa Letta di avere “rotto”, fingendo di non capire che la sua partecipazione, alla caduta del governo Draghi non poteva che impedire qualsiasi possibilità di accordo col Pd nelle elezioni ormai imminenti. Peraltro, il problema sconcertante di questo nostro strano Paese, per me che mi ero un poco illuso del contrario, è che tutti o quasi hanno … pianto per la fine del “grande” Draghi, l’uomo politico e non solo oggi più stimato nel mondo o quasi, ma la metà o quasi degli elettori ha poi votato a favore dei suoi …pugnalatori, il 25 settembre.
Per chiudere, finalmente, questo mio post per gli amici di “Politica insieme”, mi vien solo da dire: armati di Santa pazienza reciproca proviamo a continuare a confrontarci. Pur consapevoli che i temi che ci dividono tuttora (penso per esempio al “bipolarismo”, che io non disprezzo, essendo cosa decisamente diversa dal bipartitismo, e che pertanto non annulla le identità dei singoli partiti).
Vincenzo Ortolina