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Le “Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina”: alcune riflessioni – di Michele Marino

“Così ci schieriamo nel conflitto armato …” è l’incipit di un’intervista rilasciata dall’ex Ministro della Difesa, Arturo Parisi, a Il Mattino. E muovendo da siffatta affermazione, inequivoca, mi viene di pensare che nel mare magnum del movimento pacifista italiano, sia radical-transnazionale, sia cosiddetto progressista o apartitico o non ideologizzato, non è  ben presente un dato di fatto: prima che il principio generale e astratto per cui “l’Italia ripudia la guerra …” (Primo capoverso dell’art. 11 Cost.), va considerato che il nostro governo pro tempore ha già aderito alla guerra, pur nel rispetto di quanto disposto dalla medesima norma fondamentale dell’ordinamento giuridico, ove specificamente si afferma che “… promuove e favorisce le organizzazioni internazionali a tale scopo”.

Facendo un passo indietro e vestendomi da tecnico legislativo (ormai datato!), debbo anche notare una vistosa carenza nella formulazione del decreto legge n. 14/’22, tanto nel preambolo in cui gli Uffici legislativi, soprattutto della Difesa ma anche della PCM (DAGL, dipartimento Affari giuridici e legislativi), hanno omesso di riportare, oltre agli artt. 77 e 87 della Costituzione, l’essenziale art. 11; quanto, viepiù, nel dispositivo della decretazione d’urgenza. Diciamo che pro bono pacis … si intende stendere un manto pietoso sul livello di competenza dei funzionari addetti al “drafting” ed al Gabinetto Difesa e degli Affari esteri. Comunque, non può essere considerata una svista di secondo ordine sia nel doveroso rispetto del Parlamento, sia del popolo italiano, entrambi sovrani a vario titolo.

Da queste riflessioni di ordine tecnico-legislativo scaturisce, logicamente, una serie di argomentazioni in merito a:

1) l’opportunità di deliberare attraverso l’adozione di un decreto legge, sebbene a seguito delle audizioni del Presidente del Consiglio nelle aule parlamentari e delle conseguenti Risoluzioni di rito;

2) sarebbe stato il caso di puntualizzare che il fine di tale partecipazione militare alle iniziative NATO, senza alcuna possibilità di interpretazione diversa, è quello di “contribuire al ripristino della pace e dell’indipendenza dell’Ucraina”. Con tale chiarezza espositiva la disciplina del dettato normativo non si limiterebbe, nel contenuto, ai soli fini tecnico-logistici di carattere militare, cioè della “sorveglianza” dello spazio aereo e navale in regioni NATO a rischio perché limitrofe all’area bellica.

Infine, devo ipotizzare che il prof. Sabino Cassese (nostro docente di tecniche legislative) non abbia avuto modo di leggere con attenzione l’inappropriata disposizione di legge in questione, altrimenti non avrebbe perso la ghiotta occasione di evidenziare tale nota dolens …

Michele Marino

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