Le prossime elezioni europee spiegano i risultati raggiunti in Europa con il parto del nuovo Regolamento sui migranti. Il Trattato di Dublino resta quello che era. Come già largamente anticipato nei mesi scorsi l’accordo, ma contestato dall’Ungheria, prevede che sui cosiddetti paesi di “prima accoglienza” continui a pesare la prima onda d’urto degli sbarchi e degli arrivi clandestini. La differenza è che anche gli altri paesi europei parteciperanno alla redistribuzione dei migranti e non su base volontaria. Ma se non vorranno prenderne, o nella quota per loro dovuta,  parteciperanno al costo da sostenere per l’accoglienza e tutte le ulteriori procedure previste per la valutazione dei requisiti di quanti aspirano all’ingresso nella Ue.

Il futuro ci dirà se questa intesa “forzata” dal contesto elettorale della prossima primavera avrà portato o meno un qualche risultato effettivamente utile ed apprezzabile e saranno quindi giustificate le dichiarazioni di giubilo che, come nel caso della Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, fanno parlare di “accordo storico”. Oppure, come nel caso del commento di Ursula von der Leyen, vedremo se sarà stato davvero raggiunto l’obiettivo di avere, oltre che più protezione delle frontiere, anche più “solidarietà, più garanzie per i vulnerabili e i richiedenti asilo”.

Al momento molte organizzazioni umanitarie ritengono che “il nuovo patto Ue sulla migrazione legalizza gli abusi alla frontiera e causerà più morti in mare” e che “l’esito dei negoziati legittima lo status quo alle frontiere esterne dell’Unione europea, in cui violenza e respingimenti sono pratiche quotidiane”. Lo hanno affermato in un documento congiunto le Ong Sea Watch, Sea Eye, Maldusa, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, Resq People Saving People, AlarmPhone, Salvamento Maritimo Humanitario e Sos Humanity secondo le quali “verrà mantenuto il fallimentare sistema di Dublino e si continuerà invece nell’isolare i rifugiati e i richiedenti asilo, trattenendoli in campi remoti. Sempre più persone cercheranno di fuggire via mare, scegliendo rotte sempre più pericolose”.

Amnesty International si è aggiunta alle voci critiche dichiarando che l’intesa farà, invece, “arretrare la legislazione europea in materia di asilo di decenni” e porterà a “una maggiore sofferenza umana”.

Invece di dare priorità alla solidarietà attraverso i ricollocamenti”, dice Amnesty, “gli Stati potranno semplicemente pagare per rafforzare le frontiere esterne, o finanziare Paesi al di fuori dell’Ue”.

L’accordo è “‘progettato per rendere più difficile l’accesso alla sicurezza” e “causerà quasi certamente la detenzione di fatto di un maggior numero di persone alle frontiere dell’Ue, tra cui famiglie con bambini e persone in situazioni vulnerabili’, avverte l’attivista denunciando, inoltre, la riduzione delle “garanzie per le persone che chiedono asilo in Ue” e l’indirizzamento di un “numero maggiore di persone” verso “procedure di asilo di frontiera al di sotto degli standard”.

Per Amnesty, l’intesa “rafforza la dipendenza dell’Ue da Stati al di fuori dei suoi confini per la gestione della migrazione, sulla base di recenti accordi con Albania, Libia, Tunisia e Turchia” rappresentando “un ulteriore passo verso l’esternalizzazione del controllo delle frontiere e l’elusione delle responsabilità europee in materia di protezione dei rifugiati”.

 

 

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