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Le elezioni tedesche e le prospettive dell’Europa – di Adrea Griseri

Ho letto con grande interesse l’articolo di Giuseppe Davicino riguardante i risultati delle elezioni in Turingia e Sassonia (CLICCA QUI). Tutto verissimo. Il successo dell’estrema destra, che ha connotazioni occultamente (e neanche troppo) neonaziste non si spiega soltanto con le contraddizioni della “coalizione semaforo” ma è riconducibile a un disagio più profondo cui non è estranea la recessione economica causata principalmente dalla frattura con il mondo eurasiatico voluto dai principali azionisti dell’alleanza atlantica.

Inoltre, il modello imposto a tutto il resto d’Europa dalle parole d’ordine ordoliberiste (anche se, come ci ricordava Markus Krienke, l’ordoliberismo non si deve ridurre al solo rigorismo finanziario e contiene, alla luce della stessa dottrina sociale cristiana, elementi positivi), contenimento della spirale prezzi salari, tassi di sconto elevati e aumento delle esportazioni non è funzionale ad affrontare l’attuale congiuntura economica che richiederebbe invece crescita, investimenti e capacità di spesa interna: lo ha recentemente affermato il consigliere italiano BCE Piero Cipollone in vista del Direttivo che a metà settembre dovrebbe finalmente e sperabilmente disporre un taglio dei tassi non puramente simbolico. Fino a ieri le politiche restrittive imposte dalla Germania hanno penalizzato noi pigs meridionali ma oggi i tedeschi si sono bruscamente risvegliati dal sogno in cui si cullavano: siamo tutti sulla stessa barca, insomma.

Il risultato della recente tornata elettorale in Germania è il sintomo di un male oscuro che non può non riguardarci. Non sappiamo apprendere le lezioni della Storia. Spesso chi prende decisioni animato da nobilissimi imperativi morali, solennemente paludato di utopie, scatena disastri e distopie. Era giusto moralmente far pagare alla Germania un prezzo esorbitante dopo il crollo dell’Impero e la fine della Grande guerra? Forse sì, o facciamo finta che lo fosse. Le massaie tedesche si ritrovarono a riempire di verdura la sporta dopo averla svuotata di marchi svalutati. I tedeschi, popolo tenace, rialzarono la testa ma nel ‘29, da quello stesso Paese che era stato presieduto dal grande utopista, soffiarono i venti della crisi sistemica che mandò in frantumi le acerbe speranze di riscatto. E un partitino estremista guidato da un caporale dall’aspetto ben poco ariano che nulla capiva di strategia militare (se ne accorse ben presto l’élite militare prussiana che pure continuò a obbedirgli: “Tutti a Stalingrado! Steiner arriverà e la vittoria sarà nostra…”) salì al potere.

Ma torniamo ai giorni nostri: le piccole e grandi provocazioni che ha subito la Russia negli ultimi tre quinquenni sono sotto gli occhi di ogni analista serio; il consolidamento autocratico di quel Paese e la guerra ucraina affondano le radici in cause complesse (evitiamo gli schematismi eguali e contrari dei russofobi e dei russofili) ma, in certa misura, non irriconoscibili. La recessione dell’Europa industriale (pensiamo a quanto sono interconnesse le filiere italo-tedesche! L’onda d’urto delle difficoltà della Germania finirà per abbattersi sull’Italia) costituisce l’humus su cui rischia di germogliare la gramigna dell’estremismo.

Ciò che accade in Turingia può essere il sintomo premonitore di un incendio che potrebbe attizzarsi in molti altri Paesi d’Europa compreso il nostro?

Certo, dobbiamo consolidare l’Europa e conferirle dignità e spazio in un sistema internazionale che faticosamente e fra mille tensioni (è fisiologico che sia così) sta volgendo da unipolare a multipolare. Queste fasi di transizione nell’ordine internazionale rappresentano per un soggetto dotato comunque di forti potenzialità come l’Europa un’opportunità non trascurabile. Dunque l’Europa. Ma come?

A mio modo di vedere, l’Europa dovrebbe avere il coraggio di acquisire maggiore autonomia nella politica estera ma non solo: anche nella gestione finanziaria.

La sovranità monetaria è stata sottratta (mi riferisco all’Italia ma è successo ovunque) alla Banca d’Italia e al ministero del Tesoro legittimamente, nel rispetto dell’art. 11 della Costituzione: ma la BCE rappresenta davvero una sintesi delle sovranità monetarie dei singoli Paesi? Non proprio perché il debito pubblico rimane nelle mani del mercato. In rete è reperibile un video iconico di D’Alema che racconta di aver visto, negli anni ’90 quando era presidente del Consiglio, in Merryl Lynch tre brillanti ragazzini i quali compravano e vendevano BOT di fatto esautorando l’intero Parlamento italiano democraticamente eletto (e oggi i tre giovanotti saranno probabilmente stati licenziati e sostituiti da un algoritmo…). Una riforma dello Statuto della BCE è imprescindibile, una banca centrale DEVE comprare direttamente il debito pubblico del suo Stato o della sua (euro)zona di influenza, non abbandonare gli Stati membri in balia del mercato.

Ma mi chiedo: quali forze politiche hanno consapevolezza di tutto questo? E chi avrà la volontà di farlo? Avremmo bisogno di veri statisti. Dove sono? L’Europa ne aveva una fino a poco tempo fa che però, giustamente dal suo punto di vista, faceva principalmente gli interessi del proprio Paese.

L’intero panorama è desolante, non ci restano che i convegni in memoria dei giganti del passato, De Gasperi, Schuman, Adenauer, Mounier, Martino e tanti altri.

Vedremo il bravissimo ex premier portoghese Costa come presidente del Consiglio cosa riuscirà a fare; al posto di Borrell, maneggione inconsistente, arriva una baltica, Kallas, che non pare particolarmente incline all’appeasement con la Russia (dovremo controllare se nei nostri bunker l’allacciamento delle utenze è stato completato?).

Ma non voglio eccedere in pessimismo. Forse ci salveranno i barbari? Alcuni cominciano a pensarlo (e a votarli): in fondo, si dice, dopo i massacri e le distruzioni e dopo alcuni secoli bui i barbari hanno costruito il Sacro Romano Impero. Io però temo che qui non abbiamo a che fare con i barbari ma con i lanzichenecchi e qualche nuovo sacco di Roma (e di Parigi, di Berlino, di Amsterdam…) sia da paventare. Anche uomini rispettabilissimi come Benedetto Croce avevano pensato, all’inizio della nota vicenda, che i barbari armati di manganello avrebbero riportato un poco di ordine prima di andarsene tranquillamente a svernare in montagna. Sulle montagne ci sono poi andati i nostri nonni, e a che prezzo.

Adrea Griseri

Pubblicato su www.associazionepopolari.it

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