Leggere il libro di Giorgio Parisi, Premio Nobel 2021 per la Fisica assegnatogli per la sua ricerca sui “sistemi complessi”, e rimanerne affascinati è un tutt’uno: c’è la sua biografia accademica e ci sono le descrizioni scientifiche. Tuttavia, la vita di uno scienziato va oltre. Non basta la passione, serve il talento: una dote intuitiva e folgorante che il giovanissimo studente universitario dimostrò di possedere allorquando, incerto tra il corso di matematica e quello di fisica, scelse la seconda. Forse per il fatto che, come spiega nel libro, la fisica può essere considerata una sorta di matematica applicata, aprendo vasti orizzonti deduttivi e applicativi.
Già a 25 anni sfiorò il medesimo Premio, ma per studi in un campo diverso della fisica: mentre si lavava nella vasca da bagno della casa dei suoi genitori, si soffermò a guardare le piastrelle colorate del muro e fu colto da una intuizione che può scaturire solo da una mente geniale: non proviamo neanche a descriverla, ogni tentativo sarebbe riduttivo. Ma ciò dimostra (e lui lo spiega più volte) come la lampadina dell’eureka possa accendersi all’improvviso, una volta in casa, in altre occasioni leggendo, un’altra volta ancora mentre si è al volante dell’auto: a lui successe proprio così. Conquistare il Nobel oggi, ad alcuni decenni di distanza. è il risultato di anni di ricerche e applicazioni portate avanti con una grande carica motivazionale, con tenacia, apertura mentale, curiosità, pensiero divergente non disgiunto da un sicuro possesso del metodo scientifico, tra dubbi (in senso ‘popperiano’), intuizioni, prove, tentativi, ripensamenti, illuminazioni improvvise. Scorrendo le pagine del libro si coglie una vocazione che attraversa la sua vita di uomo di scienza: trovo che sia una storia esemplare per i giovani, oggi. Il cammino descritto non era in discesa: sono stati necessari lo studio, la ricerca, la tenacia, l’impegno, il sacrificio. In genere si valuta il risultato finale che si consegue, nel suo caso l’Accademia dei Lincei, il prestigio della docenza universitaria, il Nobel.
Diverse molle lo hanno spinto a guardare in avanti, oltre i risultati o le incertezze del momento: la soddisfazione di risolvere problemi, il poter teorizzare spiegazioni e regole, la semplice (lui dice persino ‘divertente’) curiosità, perché la scienza è un enorme puzzle (Richard Feynman). Riportando l’affermazione di un suo collega: ”i Fisici non lavorano solo, lavorano divertendosi”. Nella scheda editoriale che accompagna il volume c’è scritto che il professor Parisi a un certo punto volse il suo interesse verso i sistemi complessi perché quelli semplici gli sembravano quasi noiosi.
Secondo le regole della fisica sono definiti sistemi complessi quei fenomeni che non riguardano un solo oggetto di studio: come gli storni in volo o il gregge di pecore che si muovono con movimenti sincroni, cambiando direzione, mantenendo le distanze, organizzandosi in modo da proteggersi dai predatori semplicemente disponendosi in modo diverso. O come il dover collocare in un contenitore oggetti di forma diversa, in modo da raggiungere la massima capienza. Un volo di storni può ispirare una pagina letteraria, una poesia, una metafora. Ma può anche essere approcciato dalla biologia, dagli studi sui comportamenti degli animali. Farne oggetto di approfondimenti secondo le regole e le applicazioni della fisica credo sia una straordinaria novità dal punto di vista scientifico: Parisi, al riguardo, sostiene che “il futuro ci sorprenderà”, consapevole che ciò sarà dovuto anche ai suoi studi e alle sue intuizioni, grazie all’apertura di indagine sui sistemi complessi.
Da grande studioso – presupposto imprescindibile per raggiungere lo status di scienziato – Parisi dimostra perché il ‘metodo’ sia un pilastro della scienza: però aggiunge che “il lavoro migliore di una vita di ricerca può saltare fuori per caso”, in ciò evidenziando quanto conti il fattore imponderabile, l’aggancio di una intuizione geniale, la sorpresa di una scoperta non ancora immaginata ma sedimentata nella mente e a portata di mano. Senza contare anche la fase di latenza dell’inconscio, il pensiero che diventa folgorazione, parola, azione. Leggendo queste riflessioni dello scienziato Parisi ricordo ciò che mi disse Rita Levi Montalcini: “Oggi c’è un’enfasi molto forte sulle dotazioni scientifiche, sulle attrezzature, sui mezzi e gli strumenti di cui la scienza può disporre in qualunque campo. Ebbene io credo che tutto ciò conti ma che conti e serva ancor di più lo sforzo dell’immaginazione, l’intelligenza dell’uomo. E’ la mente umana il motore della ricerca scientifica, il pensiero e l’intuizione la nobilitano sopra ogni cosa”. Lei mi parlava di “imagination” mentre lo stesso Einstein sosteneva che “la fantasia è più importante della conoscenza”.
Ora, leggendo Parisi e cogliendo tra le pagine da lui scritte molte riflessioni illuminanti, ho trovato una interpretazione quasi sovrapponibile circa l’importanza dell’intuizione rispetto sia alla metodica per regole consolidate che alle conoscenze codificate. Con una importante deduzione che avanza lui stesso: “Il pensiero verbale deve essere preceduto da un pensiero non verbale”. È dunque vero, anche secondo il suo punto di osservazione della realtà, che “il pensiero pensante” conta più del “pensiero pensato”.
Se è la mente umana il motore della ricerca scientifica, se il pensiero e l’intuizione la nobilitano sopra ogni cosa, si può attribuire anche un valore etico a questo assioma. Ad esempio, mai arrestarsi di fronte alle difficoltà ma utilizzarle per superare il momento critico, essere capaci di rimettere in discussione ciò che potrebbe sembrare una conquista, utilizzare proprio l’errore come motivo di apprendimento, per ripartire da capo. Parisi non disdegna di considerare e stigmatizzare gli atteggiamenti antiscientifici della nostra epoca e di questa contingenza pandemica: si pensi al negazionismo, alle pregiudiziali ideologiche dei no vax, al terrapiattismo.
Lo stesso, recente, 55° Rapporto del Censis stima che circa il 5,9 % degli italiani sia orientato su queste posizioni. Ed egli si chiede come sia possibile negare le evidenze scientifiche, i Rapporti degli Organismi internazionali sulla sostenibilità ambientale, le derive demografiche esponenzialmente crescenti.
Il nostro Premio Nobel è convinto tuttavia che sopravviveremo al nichilismo e all’incoscienza autodistruttiva, perché fare opera di pedagogia sociale non è una scelta perdente in partenza. Ciò che conta per uno scienziato e per un fisico in particolare è l’evidenza delle cose, la realtà nel suo porsi oggettivo, l’acquisizione di conoscenze e di regole, di spiegazioni, dimostrazioni. In un bellissimo passaggio del suo libro scrive : “Bisogna difendere la cultura italiana su tutti i fronti. Se gli italiani perdono la loro cultura, che cosa resta del Paese?”. Verrebbe allora da chiedergli perché – a partire dalla scuola – ignoriamo la storia fino ad espungerla dal tema di maturità, inoltre perché importiamo a livello formativo anglicismi, sostituiamo la narrazione con i test a crocetta e inventiamo neologismi che lentamente dissolvono l’importanza della nostra straordinaria cultura tramandata.
La prestigiosa Accademia dei Lincei – di cui Parisi è oggi Vice Presidente dopo averla presieduta dal 2018 al 1° agosto 2021 – è una della più antiche d’Europa essendo stata fondata nel 1603, un vero “tempio del sapere”, considerata la massima istituzione culturale italiana: la sua finalità istituzionale è di “promuovere, coordinare, integrare e diffondere le conoscenze scientifiche nelle loro più elevate espressioni nel quadro dell’unità e universalità della cultura”. Se un membro autorevole di questa élite culturale di scienziati come il professor Parisi, ora Premio Nobel, afferma che “tutte le attività culturali italiane sono da tempo in lento, costante declino”, credo che questa riflessione vada assunta come interrogativo che riguarda i destini della società, della politica, del mondo della cultura e della ricerca del nostro Paese e direttamente il futuro di ciascuno di noi.
Francesco Provinciali
Pubblicato su Il Domani d’Italia ( CLICCA QUI )