Con un articolo denso e ricco di spunti interessanti pubblicato da “Avvenire” il 2 dicembre 2020: “L’indebitamento di Anchise e la ricchezza di Enea”, l’amico e collega Matteo Rizzolli argomenta la necessità di un “patto intergenerazionale” per affrontare la straordinarietà del tempo che viviamo a causa dell’impatto che la pandemia avrà sulle generazioni future. La proposta consiste in una “tassa una tanum che incida sui patrimoni con una misura di progressività collegata all’età”.
Occupandoci di scienze sociali, non discutiamo le intenzioni delle proposte e ammettiamo che siano tutte, compresa la presente, mosse dalle migliori e orientate al bene comune. Tuttavia, proprio perché interessati come Rizzolli a soluzioni che possano implementare un ideale alto di azione politica, riteniamo che il ricorso alla leva fiscale in termini impositivi non sia una soluzione adeguata.
Per tale ragione, proponiamo la stipula di un “patto fiscale” tra cittadino e autorità politica, qualitativamente alternativo a quello avanzato dal collega. Partendo dal presupposto che il compito del mercato è di rendere possibile la crescita economica, ancorati alla tradizione dell’economia sociale di mercato, coltiviamo del fisco una visione funzionale, come il sistema dei prezzi dei servizi che il pubblico offre agli individui, alle famiglie e alle imprese.
A questa prospettiva si oppone l’impostazione secondo la quale le imposte andrebbero pagate al “Sovrano” in ragione della condizione dei sudditi. Pensare che, per far fronte alle inevitabili esigenze finanziarie, si possa ipotizzare una nuova imposta patrimoniale significa semplicemente guardare al cittadino come suddito.
Se il problema è immettere nuova liquidità nel sistema economico, piuttosto che considerare il risparmio privato come il bancomat della politica, tale patto dovrebbe concentrarsi sull’idea di usare il sistema finanziario per canalizzare i risparmi su investimenti privati o su operazioni pubblico-privato relative a infrastrutture ed iniziative di interesse pubblico o rispondenti a finalità di interesse generale.
Questo approccio risulta coerente con il modello dell’economia sociale di mercato, rinviando ad uno sforzo cooperativo incentrato sulla capacità di allineare gli interessi in gioco e di convogliare, su base volontaria e non coattiva, i risparmi privati sugli investimenti, coinvolgendo i cittadini in un grande progetto di trasformazione del Paese che veda il settore pubblico, a seconda dei casi, nel ruolo di facilitatore degli investimenti privati, di co-investitore e di regolatore.
Ci sono strumenti normativi ed esempi positivi nel Paese, amministrazioni che hanno sperimentato con successo l’alleanza tra pubblico e privato e territori capaci di fare sistema stimolando gli investimenti e contribuendo al miglioramento del sistema politico locale. Si pensi al ruolo che prodotti di risparmio gestito come i Piani Individuali di Risparmio, i Fondi specializzati in investimenti alternativi, gli European Long Term Investments Funds (ELTIF), i Mini-Bond possono svolgere al fine di canalizzare il risparmio privato verso l’economia reale.
Anche il risparmio previdenziale rappresenta un’opportunità per il Paese. Si pensi agli esempi di casse che hanno destinato parte dei loro investimenti a iniziative concrete in ambito sanitario e universitario.
Si pensi, ancora, al ruolo che le finanziarie regionali possono svolgere quali pivot del sistema locale al fine di stimolare la progettualità dei territori convogliando risorse pubbliche, capitali privati e competenze manageriali. Infine, merita di essere citato l’esempio del Friuli Venezia Giulia che ha saputo fare tesoro del FRIE, uno strumento agevolativo nato nel 1955, mettendolo a disposizione dell’iniziativa del settore privato.
Cosa accomuna tutti questi esempi? Il fatto che la politica e la finanza pubblica giocano un ruolo sussidiario, facendo un passo indietro e lasciando alla società civile il ruolo di attore protagonista.
In una logica di promozione dell’interesse generale, quella della patrimoniale non è una strada obbligata. La nostra proposta disegna un quadro di incentivi di natura giuridica e di stimoli fiscali capaci di convogliare il risparmio privato su iniziative ad alto valore aggiunto. Tale strada risulta efficiente e eticamente preferibile rispetto al binomio nuove imposte–intervento pubblico, poiché si regge su scambi volontari capaci di creare vantaggi per tutti gli attori coinvolti e di esaltare il ruolo sovrano del cittadino.
Flavio Felice e Fabio G. Angelini
Pubblicato su Avvenire