La Francia, “figlia prediletta della Chiesa”, come amava definirsi in altri tempi, ha, dunque, deciso, a larghissima maggioranza dei suoi parlamentari, e pare assecondando un’ altrettanto ampio sentimento popolare, di rendere “costituzionale” il diritto all’aborto. Lo ha fatto senza il pudore che, in ogni caso, richiederebbe una determinazione che tocca così da vicino il significato profondo della vita, le ragioni più intime del nostro dirci umani. Non ha rinunciato, ossessionata dal fantasma della “grandeur”, a cogliere anche questa occasione per dare sfoggio a quel tanto di “sciovinismo” che non manca mai in fondo al cuore dei cugini d’oltralpe.
Su queste pagine abbiamo già anticipato, ieri l’altro, il nostro giudizio e, per ora, nel merito non vogliamo aggiungere altro (CLICCA QUI). Se non registrare che le luci sfolgoranti accese sulla Torre Eiffel, la “festa” accuratamente preparata per l’ occasione, feriscono l’Europa, soprattutto a pochi mesi da una consultazione elettorale che coinvolge tutti i popoli del vecchio continente. Del resto, l’ insaziabile protagonismo di Macron va di pari passo con un europeismo incerto, che, in ultima analisi, immagina l’Europa come proiezione del primato e del protagonismo francese.
Resta fermo un punto: garantire il diritto all’ aborto nella legge fondamentale dello Stato significa mettere in campo una scelta di ordine culturale ed antropologico che, di fatto, contraddice quel comune sentimento del valore umano che, pur nella varietà delle fedi e delle culture, rappresenta un inalienabile tratto distintivo, senza il quale l’Europa smarrirebbe sé stessa.