“Nonostante le difficoltà dovute alla situazione sanitaria, lo svolgimento delle 3 Prove per i ragazzi dell’ultimo anno delle superiori (Italiano, Matematica, Inglese-Lettura e Inglese-Ascolto) sta proseguendo con ritmi addirittura più intensi del passato, se si tiene conto del fatto che molte studentesse e molti studenti stanno frequentando a distanza“.
Così esprimeva la sua piena soddisfazione il sito dell’Invalsi dedicato alle prove (invalsiopen.it). “I dati raccolti grazie all’eccezionale risposta della Scuola e a finestre di somministrazione più flessibili saranno la base per progettare future azioni di miglioramento nel sistema scolastico nazionale“. E al 19 marzo il numero totale delle prove sostenute è arrivato a 262.000, e nelle classi campione la percentuale ha superato il 58%. Per queste ultime ci sarà tempo fino al 17 aprile (termine prorogabile) per completare il programma, mentre le classi non campione potranno svolgere le prove fino al termine delle lezioni.
Si profila così un successo dell’operazione e dello stesso Invalsi, che “Per il grande impegno di tutti in un contesto così difficile“, si legge nel sito, “ringrazia il personale scolastico, gli insegnanti, i dirigenti e ovviamente gli studenti“. In questa vicenda l’Istituto, pur tra mille difficoltà e diffidenze, ha mostrato resilienza e capacità organizzativa, e si comprende che ne sia orgoglioso. Ma fino a che punto potranno essere considerati significativi e utili i dati raccolti in una situazione straordinaria come quella di quest’anno, che vede grandi differenze nel funzionamento delle scuole tra le diverse Regioni, all’interno di ciascuna di esse, tra le diverse scuole e addirittura tra le diverse classi?
Certo, in queste condizioni l’esito dei test non potrà che fornire al decisore politico (Ministero della PI) un quadro complessivo estremamente frastagliato, una mappa di disuguaglianze accresciute, soprattutto a danno delle scuole e delle fasce sociali più deboli. Una mappa dettagliata servirà al Ministero per commisurare gli interventi ai fabbisogni “macro” emergenti nelle diverse situazioni ma servirà poi, soprattutto, alle singole scuole per effettuare azioni specifiche a sostegno degli alunni più fragili: azioni di recupero e consolidamento mirate, personalizzate, che potranno avere successo solo se gli insegnanti metteranno in campo tutte le risorse didattiche disponibili, in presenza e a distanza, avvalendosi appieno delle nuove tecnologie.
L’Invalsi fa il suo mestiere di termometro, o barometro, della situazione. Al Ministero spetta di dare di più a chi ha più bisogno, in un’ottica di inclusione/personalizzazione. Ma la partita del recupero del learning loss la vinceranno o la perderanno le scuole e gli insegnanti. Sul campo.
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