Se vogliamo riscoprire la ragione ed il valore della nostra comune umanità, se vogliamo riandare alla radice di ciò che è più autenticamente umano, non possiamo fare altro se non rinverdire la coscienza del nostro essere cristiani.
E – non sembri un paradosso, visto il discredito di cui soffre oggi – la politica può, nel contempo, trarre ispirazione, ma di più addirittura concorrere creativamente ad un simile percorso.
Se il frastuono che ci rintrona l’udito fosse meno assordante e fossimo, quindi, più attenti a cogliere anche oggi i “segni del tempo”, sentiremmo – pur nel fragore di mille rumori di fondo che stridono – un’ eco indistinta , una nebulosa di voci lontane che cercano un orientamento ed il possibile approdo in un luogo, in un porto che sappia ancora offrire almeno la speranza di un orizzonte di senso.
Mai come oggi, cioé, “non possiamo non dirci cristiani”, non solo in ordine alle radici che, credenti o meno, pur condividiamo, ma soprattutto circa il non poterne fare a meno se vogliamo riaccendere una prospettiva e coltivare ancora una speranza.
C’ è un’ attesa, nei confronti dei valori cristiani, inaspettata fino a qualche tempo fa, ancora informe e grezza per molti aspetti, fors’anche inconsapevole perfino in chi la esprime, eppure più viva di quanto non si possa credere che sembra alludere – per quanto sia ancora prematuro sperarlo davvero – ad una aspirazione inedita, quasi subliminale, ma pur autentica nella cultura di fondo che va riassestandosi.
Certo, tutto ciò appare in contraddizione con tanti indicatori che si possono desumere dall’osservare comportamenti diffusi, stili di vita consolidati e, quindi, forse si tratta di un’illusione ottica, eppure dovremmo fare come gli indiani che mettono l’orecchio al suolo per sentire dalle vibrazioni del terreno a che distanza sia la cavalleria ” yankee” che si sta avvicinando e quanti siano gli effettivi del reggimento.
Per questo è a maggior ragione inaccettabile che la religione ed i suoi simboli siano trasformati in un totem identitario da esibire per un arroccamento autoreferenziale ed ostile che vuol essere espressamente divisivo, dunque, programmaticamente ostativo esattamente nei confronti di tutto ciò che “religio” significa in quanto a capacità di connettere piuttosto che separare, in radicale opposizione a ciò che “cattolicità’” vuol dire in quanto ad “universale” piuttosto che particolare e settario.
Ed è qui che, per contrasto, appare per intero – altro che discredito – l’enorme valore che la “politica” – purchè assunta secondo i canoni di quella laicità che abbiamo appreso da Sturzo – assume come spazio entro cui l’ispirazione cristiana può pienamente dispiegare le potenzialità di “liberazione” che le appartengono.
Ed è, infatti, solo la “laicita’” dell’impegno politico che, contrariamente ad ogni forma di integralismo, consente – perfino in un contesto civile così frastagliato e sconnesso, ben più di quanto non fosse un secolo fa – di conciliare, senza contraddizione, la “cattolicità” della visione cristiana con la dimensione “di parte” di un impegno politico-partitico, senza che ciò implichi concorrere ad una ancor più larga scomposizione del connettivo sociale.
“Laicità’” significa, infatti, apertura e capacità di ascolto; significa prescindere da un metodo ideologico che ragiona per deduzione meccanica da sacri ed inossidabili assiomi per cui si cade nel clericalismo degli “illuminati”; vuol dire procedere, al contrario, secondo la logica di un sistema concettuale aperto che, induttivamente, impara dall’esperienza e pure la sa includere nel proprio orizzonte ideale.
Insomma, è solo sul crinale della laicità che la politica assume, come ci ricordava Paolo VI, la dignità di forma più esigente della carità.
In questo senso, andare oltre la dimensione associativa di ordine sociale, culturale, formativo per accedere alla piazza del libero confronto politico non è solo legittimo, ma addirittura necessario e doveroso.
Possiamo farlo o addirittura dobbiamo, senza contraddirci, anzi per essere più autenticamente noi stessi, chiamati ad una responsabilità evocata da un appello che giunge da ben oltre l’orizzonte circoscritto del nostro mondo.
Domenico Galbiati
Immagine utilizzata: Pixabay