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“Le   tasse  sono  una  cosa   bellissima” – di Daniele Ciravegna

Nell’imminenza dell’avvio di una rilevante riforma fiscale e del varo della legge di bilancio per il 2024 è ritornata di attualità nel dibattito politico la famosa dichiarazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa, nell’ottobre 2007, nel corso di una trasmissione televisiva – e per questo diventata famosa – presa come titolo della presente nota anche se in essa vi è un’inesattezza. Si dovrebbe dire “imposte” anziché “tasse”. Le prime, sono un’imposizione non evitabile se non evadendole o eludendole; le seconde, indicano il prezzo di un servizio pubblico, che si può non pagare non utilizzando il servizio erogato da un servizio pubblico (scuola, musei, trasporti ecc.).

La Politica fiscale, che concerne le entrate e le spese pubbliche, riguarda le imposte, non le tasse, che sono più prossime a strumenti della politica industriale.

La Politica fiscale riguarda le entrate e spese pubbliche, che hanno effetti sulla domanda aggregata; per gli effetti moltiplicatori che sono in grado di attivare, le spese pubbliche hanno normalmente capacità espansiva maggiore della capacità frenante delle imposte.

Il procedimento logico della politica fiscale è il seguente: una spesa pubblica in grado di arrecare un beneficio alla collettività ha bisogno di acquisire risorse. L’alternativa alle imposte sarebbero o la vendita di beni patrimoniali pubblici o l’indebitamento o la creazione di nuova base monetaria o  la rinuncia al predetto beneficio. La prima via significherebbe il venir meno dei benefici che il bene patrimoniale arreca alla comunità. La seconda comporterebbe la necessità di trovare un finanziatore terzo disponibile (a fronte del beneficio di un interesse) che prima o poi richiederà il rimborso del prestito erogato. La terza potrebbe provocare la nascita di una rilevante inflazione dei prezzi.

Se la comunità non ritiene di rinunciare al beneficio che può derivare dalla spesa pubblica, la via diretta è la raccolta di risorse interne e questo significa il pagamento di imposte da parte dei membri della comunità che possono farlo.

Le imposte rappresentano quindi lo strumento che può essere adottato per acquisire il beneficio o di un’opera pubblica o di un servizio socialmente utile (o anche per rimborsare un prestito avuto in passato). Se può essere la via meno onerosa per arrivare a un beneficio comunitario irrinunciabile, è cosa buona di per sé, ma è poi assai rilevante la costruzione del procedimento attraverso il quale le imposte stesse sono raccolte.

L’art. 53 della Costituzione italiana recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Il valore sottostante al predetto articolo della Costituzione è la Giustizia sociale, derivante dalla sommatoria di Giustizia retributiva + Carità sociale.

Fondamento della Giustizia sociale è il Diritto universale all’uso dei beni della Terra, ben presente nel Libro della Genesi e nel Radio messaggiosaggio di Pentecoste 1941 di Papa Pio XII, ripreso poi da tutti i successivi documenti della Dottrina sociale della Chiesa cattolica.

Il principio della Giustizia sociale discende dal vedere l’attività economica nella sua dimensione soggettiva, fonte di dignità per ogni soggetto economico, riconoscimento e valorizzazione del contributo che ogni soggetto dà all’attività produttiva e, allo stesso tempo, allo sviluppo integrale della persona, che dà luogo al modello di sviluppo incentrato sulla giustizia sociale assai più che sulla crescita economica.

La Giustizia sociale è rilevante di per sé, ma anche perché contribuisce a creare coesione sociale. Sul piano economico, contribuisce a mantenere il capitale sociale (insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole), indispensabile per ogni convivenza civile. La  Giustizia sociale migliora la qualità del bene comune, che non è dato, ma discende dai valori che prevalgono nella comunità; valori che sono il fondamento del bene comune.

I valori sono quelli radicati nella natura stessa della persona (principi universali posti in ogni persona dal Creatore (espressione dei diritti naturali) nonché i valori che ogni sistema, ogni cultura ha costruito nel corso della sua evoluzione nonché i valori elaborati autonomamente da ogni persona.

L’insieme dei valori posseduti da una persona costituisce la sua etica  e la declinazione dei valori prevalenti nella comunità determina il contenuto del bene comune della stessa.

Già il bene comune: concetto sulla cui realizzazione tutti concordano, semplicemente perché ognuno lo intende a modo suo, come sempre avviene quando un termine è largamente impiegato. È quindi essenziale impostare un approfondimento stringente sul contenuto del “bene comune”. Che le persone, specie quelle impegnate in politica, mettano sul tappeto quale è il contenuto che danno al “bene comune”, anziché lasciarlo non spiegato e sottinteso! Questo non può emergere che presentando e confrontando i valori, venendo i gruppi a contrapporsi apertamente se i valori differiscono fra gruppo e gruppo.

In effetti, la sana (etica) lotta politica consiste nel tentativo di condurre la pólis verso un determinato obiettivo che risulti in contrasto con l’obiettivo di una o più controparti. Non invece nella contrapposizione di gruppi che hanno obiettivi simili (o che non ne hanno affatto) e che si contrappongono solamente perché ognuno di essi vuole acquisire potere di governo, emarginando gli altri gruppi di potere. Questa sarebbe solo lotta di potere senza contenuti etici. Quindi è essenziale saper distinguere in modo chiaro gli obiettivi finali che concorrono a determinare il bene comune, realizzando i quali il benessere della comunità raggiunge la configurazione ottimale e dirlo in modo aperto e chiaro.

I principi fondanti sono realmente tali solo se sono in numero limitato. Per i discepoli di Gesù Cristo e con riferimento all’ambiente economico e sociale, essi possono essere chiaramente desunti nella Dottrina sociale della Chiesa cattolica: la centralità della persona e la fraternità, per cui ogni persona è, allo stesso tempo, individuo e comunità umana, oltre che membro interattivo del Creato. La fraternità completa la centralità della persona, dando dignità piena alla persona stessa.

Centralità e dignità della persona si declinano con il rispetto della vita umana (dal concepimento alla sua fine naturale), della famiglia (cellula primaria della comunità), dell’educazione e istruzione, del lavoro. Sono l’unico modo attraverso il quale si realizza lo sviluppo umano integrale: tutte le persone e tutti gli aspetti della persona.

Ciò potrà affermarsi solo se avranno il sostegno di un adeguato ambiente costruito sui valori di verità, libertà, pace, giustizia, responsabilità, rispetto della natura, declinati e vivificati dai principi di solidarietà e di sussidiarietà per la realizzazione della sostenibilità sociale, economica e naturale dell’umanità, di tutta l’umanità.

Le imposte sono un bene intermedio in quanto permettano di acquisire risorse per la realizzazione degli obiettivi finali del bene comune. Sono cose belle o no a seconda di come sono congegnate, a seconda che seguano o no il principio delle giustizia sociale, ma anche a seconda della bontà o no della spesa che vanno a finanziare.

È questo un punto di verità.  Altro punto di verità che dobbiamo tener presente è che non ha senso parlare di leggi ferree dell’economia cui doversi sottomettere. L’economia non ha soluzioni tecniche che la vincolino; non ha leggi ferree cui doversi sottomettere. Le leggi ferree dell’economia, che dovessero esistere, non sono leggi proprie dell’economia, bensì leggi tecniche che vincolano il fenomeno della produzione, in senso lato; per la parte che dipende dalle leggi della fisica, della chimica, della biologia e delle altre leggi naturali. A parte queste ultime, le leggi economiche (come anche le usanze e le strutture) sono quelle che gli uomini e le donne stessi si dànno, che discendono dai principi etici che essi possiedono, e le soluzioni sono quelle che derivano da questi principi etici.

Daniele Ciravegna

 

 

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