L’Economia di cura di Nunzio Galantino elimina il “collo di bottiglia” che impedisce alle realtà sanitarie cattoliche di conciliare la Dottrina Sociale con la sostenibilità
Le lucide riflessioni di Domenico Galbiati sulle difficoltà determinate alle realtà sanitarie cattoliche dall’attuale Ssn, consentono di approfittare del XII Festival della Dottrina Sociale per verificare se sia possibile rimediare alla perversità di questo capitolo della finanza pubblica ,ricorrendo all’insegnamento sociale della Chiesa… Del resto, è questo il metodo scelto dal Presidente della Fondazione per la Sanità cattolica che, per sostenere e rilanciare le strutture sanitare di proprietà di enti ecclesiastici, raccomanda di conciliare la Dottrina Sociale con la sostenibilità.
In effetti, l’ostacolo a detta conciliazione è rappresentato dall’attuale sistema ”eterogeneo “ di rimborso delle prestazioni Ssn che penalizza fortemente le strutture sanitarie private non profit perché, essendo obsoleto, prescinde dalla qualità delle prestazioni e, talvolta, l’ostacola. In particolare, trattandosi di un modello legato agli schemi positivisti che negano la natura relazionale della persona umana, l’affermazione del principio dell’universalità del Ssn, manca delle norme di comportamento che ne assicurino l’effettiva realizzazione.
La soluzione di questo problema di metodo è offerta dallo schema dell’Economia “di cura“ proposto da S.E.Mons Nunzio Galantino, Presidente di detta Fondazione, nella sua relazione al CNEL (3 novembre u.s CLICCA QUI). La “Cura” va intesa nel senso che, considerando l’economia al servizio della persona umana ,rimedia al graduale allontanamento della finanza pubblica dall’economia reale. Facendo un minor ricorso all’astrazione. Di conseguenza fa riferimento ad un’architettura della spesa pubblica che, avvicinandosi il più possibile alla realtà, non può prescindere dalla natura relazionale della persona umana. Pertanto, non limita l’efficienza della spesa sanitaria alla mera osservanza della legge, ma si preoccupa delle norme di accompagnamento, verificandone anche l’effettiva funzionalità all’universalità del servizio.
Non si tratta di un’utopia perché recepita integralmente dall’Art.2 della Costituzione che colloca il rapporto Stato/cittadino in una terza via, nella quale i diritti individuali costituiscono la leva per l’emancipazione di ciascuno di noi ma, all’interno di una comune cornice di libertà e pari opportunità, sicché la libertà di ciascuno (diritti) è volta al miglioramento della società nel suo complesso (doveri).
Queste anticipazioni di sensibilità, oggi diffuse nell’economia contemporanea, hanno trovato puntuale realizzazione nella riforma costituzionale del 2012 che dal 2016 ha sostituito la vecchia amministrazione per “procedure” con l’amministrazione per “risultati”, attenta non solo alla conformità alla legge ma anche alla necessità di verificarne efficienza e congruità con gli obiettivi.
Pertanto, l’allocazione, del Servizio Sanitario nello schema della P.A. per risultati ,consente di superare l’esclusivo rifermento a traguardi di natura quantitativa che hanno determinato una gestione che, basata sull’impossibile conciliazione tra risorse finanziarie limitate e bisogni sanitari illimitati ,ha prodotto solo deficit .Di conseguenza il ricorso ai tagli orizzontali che, prescindendo dalla qualità delle prestazioni, hanno mortificato le strutture sanitarie private non-profit.
Invece, la nuova P.A., superando il metodo “eterogeneo” della vecchia, responsabile della citata perversità del regime tariffario, alloca la gestione del Servizio Sanitario non sulla ricerca d’impossibili conciliazioni ma su quella della sostenibilità, diventata un dettato costituzionale. In particolare, l’ottimizzazione delle risorse, richiesta da detto vincolo, implica un operare complessivo di vincoli normativi intesi a garantire miglioramento , efficienza, efficacia ed’ economicità attraverso la definizione – delle prestazioni che devono essere offerte- del fabbisogno che può essere soddisfatto, dei processi di erogazione e della valutazione esiti/effetti. Inoltre obbliga gli amministratori a valutare, in modo indipendente, risultati raggiunti ed obiettivi da perseguire. Di qui, l’articolazione delle modalità e dei criteri di rimborso funzionale alla qualità delle prestazioni e, quindi, del ruolo effettivo e potenziale delle strutture sanitarie private non profit.
A questo nuovo schema di P.A.ha già fatto ricorso il comma 546 della legge n.208/2015 che, recependo le conclusioni della Commissione di Studio da me presieduta presso il Ministero della Salute(2014-20151), ha risolto il problema degli sprechi dei reparti ospedalieri a conduzione universitaria, sostituendo il vecchio approccio eterogeneo con quello della sostenibilità.
Da quanto dimostrato in precedenza si può affermare che la nuova P.A. per “risultati”, riqualificando il Ssn secondo la sostenibilità, rende possibile un sistema di rimborso delle prestazioni del Ssn, funzionale alla qualità delle prestazioni da realizzare in un sistema di competizione e collaborazione tra strutture sanitarie pubbliche e private non profit.
In conclusione, il ricorso all’Economia “di cura” consente di risolvere il nostro problema non con un semplice spostamento di risorse da un ente ad un altro, come tale subordinato esclusivamente a formalità burocratico/autorizzatorie. Viene, infatti, proposta una soluzione a beneficio di tutti, perché:
- richiede l’attuazione di una riforma già in vigore dal 2016
- consente l’utilizzo dei fondi del PNRR perché ne rispetta la pregiudiziale: senza riforme nessun finanziamento.
Antonio Troisi