Oggi in Italia le persone con più di 65 anni sono oltre 14 milioni, pari al 24% della popolazione, il dato più alto di tutta l’Unione Europea. Tra meno di trent’anni e un cittadino su tre sarà anziano.

Specialmente nelle fasi più avanzate della vita, le implicazioni socio-sanitarie saranno enormi: difficoltà motorie, compromissione delle normali attività quotidiane  malattie croniche, solitudine etc .

Anche grazie a queste problematiche, il Parlamento ha approvato nel marzo scorso la Legge Delega n.33 che delinea l’impianto complessivo della Riforma italiana dell’assistenza agli anziani non autosufficienti sulla base dei principi e dei criteri direttivi indicati. E  che mira a semplificare le attuali politiche per gli anziani e promuovere il coordinamento dell’assistenza agli anziani, cercando di ridurre la grande frammentazione che caratterizza questo settore

La legge persegue anzitutto importanti macro obiettivi, quali sono il superamento dell’attuale caotica frammentazione delle misure in materia e la definizione di nuovi modelli d’intervento, progettati a partire dalle condizioni di anziani e famiglie e, quindi, in grado di rispondere opportunamente alle loro complesse e mutevoli esigenze.

Nella storia del nostro Paese, questa è la prima riforma del settore ed è attesa dalla fine degli anni ‘90, quando si cominciò a discuterne in sede tecnica e in politica. Il connubio tra invecchiamento della popolazione e ritardi delle politiche di welfare fa della Riforma ed è un’occasione che l’Italia non può sprecare.

I decreti delegati – che dovranno essere adottati entro il 31 marzo 2024 –  attueranno la delega nei profili attinenti l’invecchiamento attivo, la promozione dell’inclusione sociale e la prevenzione della fragilità, l’assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria per le persone anziane non autosufficienti, le politiche per la sostenibilità economica e la flessibilità dei servizi di cura e assistenza a lungo termine per le persone anziane, anche non autosufficienti.

La legge delega attua quanto previsto dal Pnrr in materia di politiche in favore delle persone anziane: la riforma relativa alle persone anziane non autosufficienti doveva infatti essere approvata entro il primo trimestre 2023.

Per favorire la conoscenza della Legge Delega e il dibattito in merito, cerchiamo di individuarne i punti essenziali alla luce dei numerosi commenti.

  1. Gli obiettivi della della Riforma

La legge avvia politiche in favore delle persone anziane, specie quelle non autosufficienti, con una nuova organizzazione assistenziale. Introduce, tra le altre cose, l’indennità unica universale anziani, oltre a prevedere novità per il personale d’assistenza e tutele rinforzate per i “caregiver”. In particolare, la legge n. 33/2023 intende incentivare la dignità e l’autonomia delle persone anziane, l’invecchiamento attivo e la prevenzione della fragilità nella popolazione anziana avviando azioni per garantire:

  • un facile accesso ai servizi sanitari e sociali;
  • lo sviluppo di contesti urbani e piccoli centriche prevedano abitazioni adeguate;
  • il rafforzamento dell’assistenza domiciliare;
  • l’accesso alla mobilità, luoghi di socializzazione e la solidarietà tra le generazioni;

Gli anziani non autosufficienti sono persone con disabilità di natura fisica (motoria) e/o mentale (cognitiva), che ne determinano la dipendenza permanente da terzi nello svolgimento di una o più attività, essenziali e ricorrenti, della vita quotidiana.

Secondo l’Istat, nel nostro Paese si tratta di 3,8 milioni di individui. L’assistenza agli anziani non autosufficienti (long-term care) consiste nel complesso di servizi alla persona – domiciliari, semi-residenziali e residenziali – e di sostegni economici forniti con continuità per far fronte alla sopraccitata condizione di dipendenza.

La Riforma ha l’ambizione di rappresentare un testo fondativo per il futuro del settore poiché è la prima legge quadro dell’assistenza agli anziani nella storia d’Italia.

Affronta, pertanto, le principali dimensioni di questa politica pubblica: la regolazione e la governance dei rapporti tra gli attori coinvolti (il “come”), il profilo delle risposte erogate ad anziani e familiari (il “cosa”) e l’ampiezza dell’offerta di interventi (il “quanto”).

Per ognuna viene perseguito un obiettivo strategico, a cui è dedicato uno specifico capitolo.

a. La costruzione di un settore unitario.

A tal fine occorre avviare il superamento dell’attuale frammentazione delle misure pubbliche, dislocate tra servizi sanitari, servizi sociali e trasferimenti monetari nazionali non coordinati tra loro, con una babele di diverse regole e procedure da seguire; la realizzazione di un sistema il più possibile organico e unitario, a tutti i livelli: assetto istituzionale, organizzazione dei servizi, percorso di anziani e famiglie, interventi offerti

b. La definizione di opportuni modelli d’intervento.

Occorre intervenire attraverso l’individuazione dei modelli d’intervento a partire da uno sguardo complessivo sulla condizione dell’anziano, sui suoi molteplici fattori di fragilità, sul suo contesto di vita e di relazioni.

Non di rado, invece, le istituzioni predispongono le risposte senza prendere in adeguata considerazione le specificità dello stato di non autosufficienza; si pensi, ad esempio, all’Adi, agli interventi per le demenze, all’indennità di accompagnamento, e così via .

  1. L’ampliamento dell’offerta

Occorre avviare l’estensione della gamma di servizi alla persona grazie al reperimento di finanziamenti addizionali.

Gli attuali stanziamenti pubblici per i servizi sono inadeguati a rispondere alle esigenze degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. Questa criticità accomuna tutte le principali unità di offerta, domiciliari, semi-residenziali e residenziali, seppur in misura differente nelle varie aree del Paese .

I tre obiettivi menzionati mirano ad affrontare le problematiche di fondo del settore: la caotica frammentarietà, l’inadeguatezza dei modelli e l’insufficienza dei fondi.

Anche in una realtà territorialmente eterogenea come la nostra, tali questioni riguardano tutta l’Italia, benché si manifestino con differenze (anche notevoli) di forma e intensità. Nel fronteggiarle, quindi, bisogna trovare un punto d’incontro tra la necessità di regole e di diritti nazionali, da una parte, e il riconoscimento delle differenze geografiche e di quanto già realizzato a livello locale, dall’altra.

2.Gli articoli più rilevanti 

Va subito sottolineato che alcuni dei 9 articoli del testo non danno implicazioni sostanziali per l’assistenza agli anziani e, quindi, non saranno qui presi in considerazione.

La principale particolarità della legge compare allarticolo 2, ed è rappresentata, a livello nazionale, regionale e locale, dall’individuazione dei luoghi in cui realizzare il coordinamento e il collegamento delle azioni a supporto dell’invecchiamento attivo, della promozione dell’autonomia e della fragilità, dell’assistenza e della cura delle persone anziane, anche non autosufficienti. Ai fini del coordinamento delle politiche e della programmazione integrata delle politiche nazionali, viene specificatamente costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (CIPA).
Il CIPA, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali su eventuale delega, e partecipato dai ministeri che hanno specifiche competenze sul tema dell’anzianità e della fragilità, redige ogni tre anni il Piano nazionale per l’invecchiamento attivo, l’inclusione sociale e la prevenzione delle fragilità nella popolazione anziana e il Piano nazionale per l’assistenza e la cura della fragilità e della non autosufficienza nella popolazione anziana, che sostituisce il Piano per la non autosufficienza.
Se i Piani diventano quindi uno strumento utile ad armonizzare i LEPS e i LEA, richiedono altresì, ai fini della programmazione e del monitoraggio, l’integrazione dei sistemi informativi di tutti i soggetti competenti alla valutazione e all’erogazione dei servizi e degli interventi in ambito statale e territoriale.

In relazione alle politiche di invecchiamento attivo, di promozione dell’inclusione sociale e prevenzione della fragilità, il Governo è delegato ad adottare gli opportuni decreti entro il 31 gennaio 2024, per rendere operative le specifiche iniziative indicate all’articolo 3.
Lo stesso schema di delega viene ribadito dall’articolo 4 in materia di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria per le persone anziane non autosufficienti. Qui viene data particolare enfasi ad alcuni aspetti:

  • la semplificazione dell’accesso agli interventi e ai servizi sanitari, sociali e sociosanitari e la messa a disposizione dei PUA (comma i)
  • la semplificazione e l’integrazione delle procedure di accertamento e la valutazione della condizione di persona anziana non autosufficiente
  • la riduzione delle duplicazioni e il contenimento dei costi e degli oneri amministrativi, favorendo su tutto il territorio nazionale la riunificazione dei procedimenti in capo ad un solo soggetto (comma l).

In relazione ai servizi residenziali (comma q), l’articolo 3 prevede misure idonee a perseguire adeguati livelli di intensità assistenziale, anche attraverso la rimodulazione della dotazione di personale, in funzione della numerosità degli anziani residenti e delle loro specifiche esigenze, nonché della qualità degli ambienti di vita.

E’ indicata al 31 gennaio 2024, infine, anche la scadenza per la delega al Governo a varare decreti legislativi finalizzati ad assicurare la sostenibilità economica e la flessibilità dei servizi di cura e assistenza a lungo termine per le persone anziane e per le persone anziane non autosufficienti (art. 5).
In questa direzione si definiscono anche le modalità di formazione del personale addetto al supporto e all’assistenza, con la definizione di idonei percorsi di formazione secondo opportuni standard formativi.

Letti congiuntamente, questi articoli intendono mettere in atto l’indicazione del PNRR di realizzare la Riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti.

L’illustrazione delle indicazioni che propongono segue i tre obiettivi della Riforma, questa concernenti “governance” e regolazione del sistema, interventi e servizi, modalità di finanziamento

Da un esame più approfondito della L.D. emerge che viene introdotto il Sistema Nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (SNAA).

L’introduzione del Sistema nazionale assistenza anziani (Snaa) sostanzia un aspetto molto importante, nel quale tutte le misure a titolarità pubblica per l’assistenza degli anziani non autosufficienti saranno governate e attuate in modo congiunto dai diversi enti responsabili: difatti Stato, Regioni e Comuni programmeranno e gestiranno unitariamente gli interventi ma mantengono le rispettive titolarità.

Il sistema avrà il compito di procedere alla programmazione integrata, alla valutazione e al monitoraggio degli interventi e dei servizi statali e territoriali rivolti alle persone anziane non autosufficienti. Tale sistema opererà nel rispetto degli indirizzi generali elaborati dal Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (Cipa), con la partecipazione attiva delle parti sociali e delle associazioni di settore, cui concorrono, secondo le rispettive prerogative e competenze, i seguenti soggetti:

  • a livello centrale, il Cipa;
  • a livello regionale, gli assessorati regionali competenti, i Comuni e i distretti sanitari di ciascuna Regione;
  • a livello locale, l’ambito territoriale sociale (Ats) e il distretto sanitario.

L’organismo nazionale deputato è il nuovo Comitato interministeriale per le politiche in favore della Popolazione anziana (CIPA), presieduto dal Presidente del Consiglio e composto dai Ministri competenti. Il CIPA adotta, con cadenza triennale e aggiornamenti annuali, il “Piano nazionale per l’assistenza e la cura della popolazione anziana non autosufficiente”. con il compito di promuovere il coordinamento e la programmazione integrata delle politiche nazionali in favore delle persone anziane, con particolare riguardo alle politiche per la presa in carico delle fragilità e della non autosufficienza.

Inoltre, dovrà mirare al miglioramento qualitativo dei servizi residenziali e semiresidenziali per gli anziani che dovranno sempre più facilitare le normali relazioni di vita e le attività sociali nel rispetto della riservatezza della vita privata.

Dovrà anche promuovere ogni intervento idoneo a contrastare i fenomeni della solitudine sociale e della deprivazione relazionale delle persone anziane, indipendentemente dal luogo in cui si trovino a vivere, mediante la previsione di apposite attività di ascolto e di supporto psicologico e alla socializzazione, anche con il coinvolgimento attivo delle formazioni sociali, del volontariato, del servizio civile universale e degli enti del Terzo settore.

Sulla base di quello nazionale, vengono elaborati gli analoghi piani regionali e locali, di medesima durata, da parte di: i) a livello regionale, un organismo composto dagli Assessori competenti, i rappresentanti dei Comuni e delle Asl; i) a livello locale, un organismo composto dai rappresentanti dell’ambito territoriale sociale e del distretto sanitario.

Ognuno dei tre livelli di governo si avvale della partecipazione attiva delle parti sociali e delle associazioni di settore per perseguire gli scopi prefissati. In particolare .

a. L’istituzione dello SNAA rappresenta un passaggio chiave per governare congiuntamente le tre filiere istituzionali della non autosufficienza, oggi ben poco coordinate: le politiche sanitarie, quelle sociali e i trasferimenti monetari dell’Inps.

L’obiettivo di ricomporre la frammentazione in direzione di un assetto organico viene perseguito cercando la massima organicità raggiungibile dati i vincoli del contesto italiano, cioè mantenendo le distinte titolarità istituzionali. Si scartano così le velleitarie ipotesi di ingegneria istituzionale tese a trasferire le attuali competenze di sociale, sanità e Inps a un unico – nuovo – settore delle politiche pubbliche appositamente costituito. L’obiettivo della ricomposizione permea l’intero apparato della Riforma: non solo programmazione e “governance”, dunque, ma anche organizzazione territoriale dei servizi e percorso di anziani e famiglie.

Lo SNAA può apportare diversi benefici. Primo, offrire risposte unitarie e appropriate. Oggi, da una parte, anziani e famiglie sono disorientati dallo spezzettamento delle misure pubbliche e dalla babele di regole e procedure da seguire. Dall’altra, la frammentazione esistente limita in maniera strutturale la possibilità di fornire interventi consoni alle esigenze della popolazione interessata.

b. La promozione di un ’approccio specifico della non autosufficienza.

Si creano le condizioni per rimediare al diffuso ricorso dei servizi a modelli d’intervento solo parzialmente adatti alle condizioni degli anziani non autosufficienti. Riconoscere la non autosufficienza come un’area autonoma del welfare significa, infatti, superare l’obiettivo di integrare misure di diversa provenienza, sanitaria e sociale, le loro logiche e le loro culture. Lo scopo, invece, è quello di costruire un nuovo contesto che favorisca il raggiungimento di una finalità differente, che supera la precedente: l’utilizzo dell’approccio peculiare della non autosufficienza, indipendentemente dalla provenienza e dall’appartenenza istituzionale delle prestazioni coinvolte.

c. La legittimazione della non autosufficienza sul piano politico e istituzionale.

Come si possono chiedere migliori risposte se non si riescono a rappresentare con chiarezza il settore e la sua specificità? Se si vuole che i governi e i politici lo promuovano, occorre metterli in condizione di riconoscerlo: la frammentazione attuale, però, lo impedisce. Istituire lo SNAA, invece, significa accreditare la non autosufficienza come uno specifico ambito del welfare, che, in quanto tale, ha un oggetto identificabile, obiettivi precisi e confini definiti (al pari di pensioni, sanità, povertà ecc.).

3. Le valutazioni della condizione dell’anziano

Lo Stato è responsabile della nuova Valutazione multidimensionale unificata (Vamu), che ingloba le diverse valutazioni oggi esistenti per ricevere le prestazioni nazionali (indennità di accompagnamento, legge 104/92, invalidità civile).

La Vamu è realizzata con uno strumento valutativo di ultima generazione, multidimensionale e standardizzato, informatizzato, pienamente in grado di comprendere la situazione dell’anziano, contrariamente a quelli statali attualmente in uso, poco adatti allo scopo.

In base alla Vamu si definisce di quali misure, fra quelle di responsabilità dello Stato, gli anziani e i loro “caregiver” possono usufruire.

Regioni e Comuni sono titolari delle Unità di Valutazione multidimensionale (Uvm) territoriali, che compiono la propria valutazione – a differenza di quanto accade oggi – partendo dalle informazioni già raccolte con la Vamu e integrandole come necessario per i loro specifici compiti.

Questa valutazione è finalizzata a definire il Progetto Assistenziale Integrato (Pai) e a stabilire quali interventi gli anziani e i loro “caregiver” possono ricevere fra quelli di responsabilità di Regioni e Comuni, sotto forma sia di servizi (domiciliari, semi-residenziali o residenziali) che di contributi economici.

La novità fondamentale per Regioni e Comuni, invece, è il collegamento con la valutazione statale.

Il nuovo sistema di valutazione rappresenta un passo in avanti sotto diversi aspetti. Innanzitutto, una valutazione nazionale realizzata con uno strumento oggettivo e multidimensionale, a differenza di quanto avviene oggi, permette un’adeguata comprensione delle condizioni degli interessati. Inoltre, viene semplificato il percorso di anziani e famiglie perché si passa dalle cinque-sei valutazioni attuali, tra nazionali e territoriali, a due soltanto. Per finire, mentre le diverse valutazioni oggi non sono collegate tra loro, le due previste nel nuovo assetto lo sono e assicurano la continuità del percorso di anziani e famiglie.

Ulteriori benefici riguardano la definizione delle risposte, a livello sia del singolo utente che delle politiche. Per quanto attiene al lavoro sul caso, grazie all’introduzione della Vamu, le Uvm – a differenza di oggi – potranno cominciare a operare disponendo già delle informazioni concernenti la condizione dell’anziano e focalizzarsi così sulla progettazione degli interventi, il loro compito prima rio.

A livello di programmazione, invece, la Vamu permette – per la prima volta – di avere profili di  utenti comparabili tra le Regioni, passaggio cruciale per la “governance” dello SNAA.

4. I livelli essenziali delle prestazioni

La definizione di opportuni livelli essenziali dovrebbe rappresentare il pilastro centrale di una riforma nazionale e questi dovrebbero costituire l’elemento ordinatore della sua attuazione. Le indicazioni della Legge Delega, invece, sono scarne e insufficienti.

Ciò posto, il testo licenziato costruisce le condizioni affinché il tema sia affrontato efficace mente nei Decreti Legislativi.

La legge prevede, infatti, le due linee di sviluppo necessarie e sinora mancanti: l’individuazione completa dei LEP per gli anziani non autosufficienti (oggi ve ne sono solo alcuni) e la loro armonizzazione con i LEA (non si è mai agito sul coordinamento tra le due tipologie di livelli). Questi ultimi, peraltro, seppur formalmente individuati per tutti i servizi sociosanitari sono estremamente generici (con l’eccezione delle quote di spesa a carico della sanità) e privi di indicazione attuative. Bisognerebbe, quindi, anche rivedere i LEA modo da renderli più puntuali, quindi attuabili e, di conseguenza, verificabili.

Affinché i livelli possano risultare effettivamente l’elemento ordinatore del sistema, sarà necessario trattarli con un approccio completo. Da una parte, ciò significa definire sia i livelli essenziali di erogazione (le prestazioni e gli interventi) sia quelli di processo (i percorsi assistenziali integrati e i loro elementi costitutivi). Dall’altra, vuol dire affrontare la suddivisione della spesa tra sociale e sanità nel suo insieme, così da coniugare la definizione di una compartecipazione equa per gli anziani, evitando il rischio di impoverimento delle famiglie, con la sostenibilità del bilancio pubblico.

Decisiva, inoltre sarà la valorizzazione gli Obiettivi di servizio, quali strumenti per la progressiva realizzazione dei Livelli.

5. I livelli essenziali di non autosufficienza

Nel campo della non autosufficienza, i livelli essenziali di riferimento sono relativi all’assistenza sanitaria e a quella sociale.

I livelli essenziali delle prestazioni costituiscono l’insieme degli interventi, dei servizi, delle attività e delle prestazioni integrate che la Repubblica assicura con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale.

Si tratta della soglia essenziale ed uniforme di garanzia dei diritti civili e sociali in diversi settori (sanità, scuola, assistenza e altri) esigibile da tutti cittadini indipendentemente dalla regione di residenza.

Nell’attuale cornice costituzionale, i livelli essenziali sono l’istituto fondamentale a presidio del principio di uguaglianza e la loro definizione è attribuita alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lettera m) Cost.).

I Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria (LEA) sono stati individuati nel 2001 e aggiornati nel 2017 (“Nuovi LEA”) su proposta del Ministero della Salute e in seguito all’accordo fra Stato e Regioni. Sono divisi in tre macro-aree di assistenza: ospedaliera, prevenzione e sanità pubblica, distrettuale. L’assistenza sociosanitaria, prevista nella terza area, comprende le prestazioni e i percorsi assistenziali di natura domiciliare, semiresidenziale e residenziale che riguardano gli anziani non autosufficienti.

Diversamente, i Livelli Essenziali di Prestazione sociale (LEPS), definibili su proposta del Mini stero del Lavoro e delle Politiche sociali, sono stati individuati solo parzialmente.

Sul versante dell’assistenza sanitaria, alla definizione dei LEA nell’area sociosanitaria non ha fatto seguito la necessaria riorganizzazione dei servizi sul territorio nazionale, la reale implementazione degli strumenti organizzativi e il tempestivo adeguamento del sistema tariffario..

6. I servizi domiciliari

In Italia manca un servizio domiciliare pubblico disegnato per gli anziani non autosufficienti poiché quelli esistenti seguono – per impostazione istituzionale – logiche differenti..

Con riferimento alle prestazioni di assistenza domiciliare, la legge intende garantire un’offerta integrata di assistenza sanitaria, psicosociale e sociosanitaria, secondo un approccio basato sulla presa in carico di carattere continuativo e multidimensionale, orientato a favorire, anche progressivamente, il coinvolgimento degli enti del Terzo settore.

La Riforma vuole introdurre un servizio domiciliare progettato in base alle specificità della non autosufficienza. Questa condizione si protrae a lungo nel tempo e richiede assistenza continuativa: la Legge Delega ne prende atto prevedendo interventi di durata e intensità adeguate. Inoltre, richiede uno sguardo globale sulla vita dell’anziano e delle sue reti informali: la Delega intende costruirlo a partire dall’unitarietà delle risposte tra sociale e sanità. È, dunque, necessario prevedere l’erogazione congiunta di una pluralità di servizi medico-infermieristico- riabilitativi- diagnostici, di sostegno nell’espletamento delle attività fondamentali della vita quotidiana e di affianca- mento a “caregiver” e assistenti familiari, da definire in relazione alle condizioni dell’anziano e dei suoi familiari.

La previsione della multiprofessionalità, però, nella Legge Delega manca ma il testo crea le condizioni per recuperarla nei Decreti Legislativi.

7. I servizi residenziali

L’intenzione di agire su dotazione di personale, sua qualificazione e requisiti strutturali è op- portuna perché queste sono le principali leve che – a livello di politiche/programmazione -bisogna muovere per rafforzare i servizi residenziali. È dagli aspetti menzionati che si deve partire, infatti, per avere strutture in grado di relazionarsi con la crescente complessità delle persone anziane ospitate.

Alle suddette indicazioni non si accompagna, però, la definizione di una linea strategica per la residenzialità in Italia, intesa come una direzione di sviluppo per il Paese declinata nei suoi assi portanti: questa è una carenza di rilievo.

Per gli altri principali interventi (domiciliarità e indennità di accompagnamento), invece, la legge Delega procede diversamente, tracciando le linee rispettiva- mente di una domiciliarità specifica per la non autosufficienza e del passaggio alla prestazione universale.

La Legge Delega contempla tutte le dimensioni chiave su cui è necessario agire, come anticipato: si creano così le condizioni affinché i Decreti Delegati possano definire la strategia nazionale.

8. La prestazione universale per la non autosufficienza

L’indennità è la più diffusa provvidenza pubblica per la non autosufficienza; benché le sue notevoli criticità siano note da tempo, la misura era immutata dal 1980, anno dell’introduzione.

Con il passaggio alla prestazione universale, invece, si vogliono coniugare la tutela dei diritti degli anziani e il miglior utilizzo delle cospicue risorse dedicate.

Diversi sono gli aspetti positivi:

l ’indennità, la misura viene assicurata esclusivamente sulla base dei bisogni assistenziali degli anziani, mantenendo  appunto lo status di diritto, indipendentemente dalle loro condizioni economiche

Occorre una migliore comprensione delle condizioni dei richiedenti, attraverso il nuovo strumento valutativo nazionale.

Una  maggior equità, ottenuta differenziando l’importo – oggi uguale per tutti – e dando di più a chi ha un più elevato bisogno di assistenza.

Oggi l’indennità è, in Europa, l’unica misura di questa natura in somma fissa, che non riconosce l’esistenza tra la popolazione non autosufficiente di stati di bisogno notevolmente variegati.

Infine, la promozione dell’occupazione regolare, attraverso il suddetto incentivo. Come noto, i servizi di welfare sono una delle poche aree occupazionali che potrà sicuramente creare nuovi posti di lavoro nel prossimo futuro, se opportunamente sti- molata.

9. Le assistenti familiari

La delega mette in campo, congiuntamente, i principali strumenti che lo Stato può attivare per promuovere il lavoro di cura privato regolare e di qualità: i sostegni alla spesa delle famiglie,

  1. incentivi all’emersione; azioni su competenze e La legge definisce anche percorsi formativi idonei allo svolgimento delle attività professionali prestate nell’ambito della cura e dell’assistenza alle persone anziane non autosufficienti presso i servizi del territorio, a domicilio, nei centri semiresidenziali integrati e residenziali. Dovrà essere fatta anche un’identificazione dei fabbisogni regionali per assistenti sociali e pedagogisti.

La norma poi stabilisce che dovranno essere revisionati i criteri minimi di autorizzazione e di accreditamento dei soggetti erogatori pubblici e privati, anche del Terzo settore, per servizi di rete, domiciliari, diurni, residenziali e centri multiservizi socioassistenziali, sociosanitari e sanitari, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

L’individuazione di standard formativi e linee guida di carattere nazionale colma una lacuna.

Infatti, non esiste un profilo professionale unico sancito a livello nazionale, mentre sono in vigore varie normative regionali, piuttosto disomogenee tra loro, e diversi  livelli/profili d’inquadramento contrattuale, mentre sarebbe irrealistico imporre gli standard formativi nazionali quale condizione per l’accesso alla professione, se lo Stato si impegnasse a definirli e diffonderli, La legge prevede anche la semplificazione dell’accesso agli interventi e ai servizi sanitari, sociali e sociosanitari e messa a disposizione di punti unici di accesso (Pua), collocati presso le Case di Comunità. L’obiettivo è di assicurare alle persone anziane non autosufficienti e alle loro famiglie il supporto informativo e amministrativo per l’accesso ai servizi dello Snaa e lo svolgimento delle attività di screening per l’individuazione dei fabbisogni di assistenza.

Il punto dolente della Legge : i finanziamenti

La Legge Delega non prevede alcun nuovo stanziamento (!!).

La Riforma è stata inserita nel PNRR grazie alla pressione delle organizzazioni del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza. Tuttavia , il PNRR non può prevedere incrementi strutturali di spesa corrente. Infatti, se è vero che la Delega impegna il Governo a preparare i Decreti Legislativi entro il gennaio 2024, è indubbio che senza le necessarie coperture finanziarie questi non possano emanati.

Mario Pavone

 

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