In quanto a “centro” c’è di tutto e di più. Ce n’è per tutti e per ognuno degli aspiranti “centristi” in perenne fibrillazione ed ora più decisamente mobilitati, in vista dell’appuntamento elettorale europeo. Il “centro” – o “Il Centro” che sia…. la politica italiana è sempre stata ricca di sottigliezze grammaticali. In altri tempi, è bastato un “trattino” per scatenare epiche battaglie interpretative – continua ad essere l’oggetto del desiderio, il mitico Eldorado della politica italiana. Senonché fatica a prendere forma.
Gli attori della vicenda sono tanti, forse troppi. Alcuni bizzosi, altri bizzarri. Si studiano e si spiano, cercano l’anticipo l’uno sull’altro, giocano d’immagine, si rubano la scena, taluni incompatibili tra loro, altri disponibili solo a condizione di intestarsi la cordata. Faticano a partire, anche perché, salvo convenire su come si possa lucrare tutti assieme sulla prossima scadenza, non sono affatto d’accordo sulla destinazione ultima – ammesso che la mettano in conto – verso cui dirigere i loro passi.
Per ora sembra di assistere alla partenza del Palio di Siena, quando il mossiere non ce la fa ad abbassare il canapo e dare il via alla corsa perché c’è sempre almeno un cavallo che non si allinea agli altri e nel frattempo un altro scarta e così un secondo, finché la partenza è approssimativa quel tanto che può condizionare l’esito della competizione.
Insomma, tanta tattica, poca o nessuna strategia, salvo qualche fervorino e la promessa di fare meglio, presto e bene, per un più vitale e convinto cammino di unificazione dell’ Europa. Decisamente troppo poco sul piano dei contenuti programmatici di merito.
Resta la ricerca di posizionamento, il che riporta il tutto ad una logica di potere. Sarebbe davvero opportuno che, nel nostro Paese, una “coalizione” – non un mero “aggregato elettorale” ad hoc, funzionale solo alla consultazione europea – dotata di una visione e di una propria fondata ed organica progettualità politica….scendesse in campo…..
Per un cammino di “trasformazione” del Paese, del sistema politico e del costume civile, come sosteniamo, con Stefano Zamagni, nel Manifesto fondativo di INSIEME (CLICCA QUI).
Purché di “coalizione” si tratti, come la intese De Gasperi, cioè una collaborazione tra diversi che restano tali, ognuno portatore e custode di una propria specificità ideale e culturale, orientati a pochi essenziali tratti programmatici comuni e davvero condivisi, che siano espressivi di quell’ interesse generale del Paese, che, una volta chiaramente presidiato, è garante della legittima dialettica tra gli interessi particolari di gruppi, categorie, semplici cittadini.
Un’ alleanza del genere – lontana dalla tentazione di confusivi processi “di fusione” – non dovrebbe preoccuparsi di definirsi né, ad esempio, come Terzo Polo, né come “Centro”, denominazioni che, al di là di ogni pia intenzione, tradiscono la surrettizia dipendenza dall’ attuale decotto sistema politico e finiscono per legittimarlo, assumendo di dover necessariamente, ad un certo punto, convergere sull’una o sull’altra sponda del bipolarismo imperante, recando soccorso laddove si aprisse una falla…
Né dovrebbe preoccuparsi di vestire i panni della “moderazione”, categoria talmente usata, riusata, abusata nel lessico del confronto politico da esigere – come su queste pagine si suggerisce da anni – che, per carità di patria, un bacino di carenaggio l’accolga, se non altro per ripulirla da tali e tante incrostazioni dello scafo, che ne impediscono la navigazione nei mari mossi ed inesplorati verso i quali punta la rotta del nostro tempo.
Peraltro, per quanto il rinnovo del Parlamento di Strasburgo sia talmente importante, da bastare, in un certo senso, a sé stesso, appunto perché di tale rilievo non può essere sconnesso da riferimenti puntuali a quelle tematiche dirimenti di ordine nazionale, che devono essere necessariamente condivise da quelle forze che intendessero concorrere congiuntamente al voto del prossimo mese di giugno.
L’adesione a questo o a quel gruppo parlamentare europeo. Le relazioni internazionali nella dinamica tra “europeismo” ed “atlantismo”. La forma di Stato da prediligere nel nostro Paese, a fronte dell’ offensiva “presidenzialista”, che – che nelle forme solo apparentemente “soft” del “premierato” – la destra intende promuovere.
La relazione, l’equilibrio tra “rappresentanza” e “governabilità”, per un ordinamento democratico che rispetti la centralità del Parlamento e la sostenga con opportune leggi elettorali.
Le grandi sfide sistemiche che il Paese deve affrontate: dalle questioni di ordine etico-antropologico, al tema delle migrazioni, ai problemi ambientali, alle politiche di “transizione”. Qualcuno pensa davvero che si possa fingere di sostenere un comune impegno in occasione del voto del prossimo mese di giugno, senza una chiara, puntuale e concorde condivisione almeno di questi pochi ed essenziali punti?
Per parte nostra, restiamo convinti – come sostiene anche Giancarlo Infante, in un suo recente articolo (CLICCA QUI)- che, oltre le forche caudine di un sistema che, nella contrapposizione cieca tra veri conservatori e presunti progressisti, ha perso contatto con il Paese reale, sia necessario – e non è un gioco di parole – pensare piuttosto ad un “baricentro”, ad un luogo che, in rapporto vitale con la società’ civile, alzi l’asticella di una “progettualità” politica di cui soffriamo la grave ed ubiqua carenza.
Domenico Galbiati