Una riflessione a margine della raccolta firme per l’eutanasia legale

L’interesse che sembra stia suscitando la raccolta firme a sostegno della proposta referendaria sulla legalizzazione dell’eutanasia attiva conferma con estremo realismo, lo smarrimento esistenziale dell’attuale società e la perdita di precisi riferimenti valoriali, rimasti per secoli inviolati.

La tristezza che suscita in me questa iniziativa, vissuta come incapacità di cogliere la bellezza della vita come dono, ricevuto, condiviso, custodito ed offerto, ha generato una riflessione che desidero condividere, nel segno di quella trasformazione della politica che il partito” Insieme” persegue senza cavalcare questioni bioetiche brandendo il vessillo del diritto tutelato.

La discussione sul fine vita in Italia è stata condotta per troppi anni sulla scia di campagne mediatiche che hanno messo al centro le vicende umane di chi ha richiesto di morire a causa di infermità complesse ed irreversibili, conseguenti per lo più a gravi incidenti e malattie degenerative fortemente invalidanti. Anche la politica ha dato ascolto a tali istanze ed offerto risposte più collocate in ambito legislativo che nell’ applicazione pratica sui territori.

La Legge 39 del 26 febbraio 1999, presentata dall’ On. Bindi, ha consentito di finanziare la realizzazione delle strutture residenziali specializzate in cure palliative passando dalle sole quattro strutture esistenti allora alle attuali 280, pur presentando le consuete disomogeneità regionali.

Dopo 11 anni, è stata approvata la Legge 38 del 15 marzo 2010 dal titolo “Disposizioni per garantire l’accesso ai servizi di cure palliative e terapia del dolore”. Una legge innovativa che impegna le regioni a realizzare le cosiddette “reti”, intese quali aggregazioni funzionali di servizi e strutture per accompagnare. durante tutto il decorso della malattia cronica ed evolutiva, la persona sofferente, in un continuum assistenziale garantito da equipe specialistiche multidisciplinari.

A distanza di altri 11 anni, oggi però, constatiamo che il grado di copertura del soddisfacimento del bisogno di assistenza della persona affetta da malattia inguaribile, adulta e minore, nel nostro paese, raggiunge un misero 23 % rispetto al fabbisogno stimato intorno al 70 % sul numero totale di decessi annui. Perché, si domandano le migliaia di operatori sanitari che in Italia si occupano di cure palliative, tanta ostinata resistenza, nel non voler sviluppare servizi dedicati agli inguaribili?

Una risposta chiara ed univoca non c’è.  Emerge con chiarezza un atteggiamento omissivo da parte delle autorità regionali che al Sud è ancora più marcato.

L’On. Trizzino, medico e palliativista, lo scorso 23 luglio, ha ottenuto all’unanimità delle Camere, l’approvazione di due emendamenti che, inseriti nel Disegno di legge n.73 “Sostegni bis” , consentiranno la piena attuazione delle reti di cure palliative entro il 31 dicembre 2025, in virtù del potere sostitutivo dello Stato.  E’ un risultato entusiasmante sotto il profilo legislativo, ma di non semplice attuazione.

Il Partito “Insieme”, nel mettere al centro del proprio programma la Persona, può assolvere con le sue articolazioni locali al compito di vigilare in ogni regione perché le autorità sanitarie locali provvedano a sanare questa grave e prolungata carenza di risposte, che oggi sta favorendo la diffusione di idee come quelle avanzate dalla petizione dell’Associazione “Luca Coscioni”.

Promuovere il dialogo su questi temi è compito di una politica che ricerchi il Bene Comune. Le cure palliative non sono solo cure mediche, ma con la propria filosofia assistenziale intendono contribuire a rendere più civile la società. Nello stare accanto alla persona fragile, affermano la sacralità della vita, valorizzano il tempo che resta e custodiscono la vita sino all’ultimo istante. Le persone umiliate dalla malattia, sono vive sino alla fine. Sono nostri maestri. È un privilegio accompagnare una persona nel momento culminante della sua vita ed entrare con lei in una dimensione intima e profonda. Organizzare servizi assistenziali di questo genere, coinvolgendo operatori “trasformati”, capaci di coniugare competenza e compassione, sicuramente potrà portare sollievo alla sofferenza umana.

L’articolo 5 della legge 219 del 2017, dal titolo “Dichiarazioni anticipate di trattamento”, viene incontro all’esercizio della libertà individuale perché esplicita la possibilità di rifiutare, in maniera totale o parziale, accertamenti diagnostici e trattamenti sanitari ritenuti dalla persona stessa come inutili. Perché ricorrere all’eutanasia? Una politica di prossimità, come ci ricorda Stefano Zamagni, deve incarnare la “responsabilità fraterna” come pieno atto di volontà del farsi carico dei pesi gli uni degli altri.

Questo stile di vita deve improntare l’agire del partito in modo che il prendersi cura ed il farsi carico dei bisogni dei cittadini, incominciando da quelli più fragili, non vengano raggiunto solo pensando alle necessarie competenze tecniche, ma attraverso gesti improntati alla restituzione di una dignità spesso calpestata da un assenteismo sociale dilagante.

Impegniamoci dunque a promuovere la vita e non la morte attraverso relazioni comunicative autentiche, le sole capaci di garantire un futuro all’ Umanità.

Paola Maria Serranò

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